Gloria Germani è ecofilosofa impegnata da sempre nel dialogo tra Occidente e Oriente, allieva del filosofo Serge Latouche, dell’ecologista svedese Helena Norberg Hodge e del giornalista Tiziano Terzani. Attiva nei movimenti ecopacifisti e deep ecology fa parte della Rete per l’Ecologia Profonda, di Navdanya International e dell’Associazione per la Decrescita. È praticante dell’Advaita Vedanta (Via della Non-dualità), la più conosciuta fra tutte le scuole Vedānta dell’induismo. Le sue opere sono dedicate alla critica della visione moderna fondata sulla colonizzazione dell’immaginario che sta alla base del cosiddetto “sviluppo” della società industriale di massa, della “crescita economica” e del riduzionismo della “scienza occidentale”.

Ha viaggiato molto in Asia, lavora da trent’anni nell’ambito dei media ed è riconosciuta come la maggior esperta del pensiero di Tiziano Terzani, curando moltissime biografie intellettuali tra cui “Tiziano Terzani: La rivoluzione dentro di noi, decrescita, digiuno, nonviolenza” (Milano, 2012), “Tiziano Terzani: la forza della verità. La biografia intellettuale di un saggio dei nostri tempi” (Vicenza, 2015) e il volume dedicato a Terzani nella collana di Serge Latouche, “I precursori della Decrescita”. A maggio 2024 è uscita l’ultima sua fatica: “Tiziano Terzani contro la guerra. La verità del “Tutto è Uno” tra Oriente e Occidente”, una nuova riflessione che scava nella vita e nel pensiero di Tiziano Terzani, una delle menti più lucide del pensiero della nonviolenza, il cui importante contributo a una visione sociale e politica di pace e giustizia è da considerarsi inseparabile dal percorso interiore, vissuto in prima persona.

Il saggio della Germani offre una visione complessiva del meraviglioso insegnamento e percorso intellettuale ed esperienziale di Terzani, a vent’anni dalla morte: il pensiero del non dualismo, del Tutto è Uno, che rompe la tradizione scientista e materialista della modernità e ci suggerisce un nuovo modello di vita lontano dalle logiche del consumismo, dell’avidità e del successo a ogni costo, in una nuova visione che riconcilia il pensiero orientale con quello occidentale.

Un messaggio di pace tra gli uomini e con la Natura che ha anticipato molti dei temi oggi cruciali che riguardano le guerre in corso e la sopravvivenza stessa del Pianeta. Abbiamo intervistato l’autrice.

Dopo i numerosi libri che hai scritto su Tiziano Terzani, che cosa ti ha spinto a scrivere questa nuova biografia intellettuale sulla sua figura? 

Proprio in questi 20 anni dalla sua dipartita si è avverato ciò che Terzani temeva di più. Il deragliamento e il collasso del mondo sul piano ambientale, sul piano delle guerre che non si sono più interrotte da allora, sul piano della violenza esplosa anche a livello privato, nonché la volontà di trovare soluzioni solo tecniche organizzative: più regole e più controlli.  Purtroppo il radicale messaggio di Terzani contro la guerra, ma soprattutto contro la guerra alla Natura e alla nostra stessa Natura di esseri umani, è rimasto inascoltato, perché partiva da un profondo ripensamento di quello che siamo diventati. Il mondo occidentale ha preferito seguire invece l’orgoglio e la vendetta che  promuovevano i suoi storici avversari, come Oriana Fallaci. Proprio per questo credo che sia assolutamente vitale oggi riproporre e seguire il profondo pensiero di Terzani, come unica via d’uscita possibile.

Tiziano Terzani ha girato l’Asia per 30 anni, vivendo i numerosi conflitti, la Rivoluzione culturale di Mao in Cina, i khmer rossi di Pol Pot fino ad arrivare alle mutazioni tecno-antropologiche portate dalla modernizzazione in Giappone. Questo l’ha fatto ascoltando le “ragioni dell’altro”. Come ha ascoltato il mondo Tiziano Terzani e che tipo di giornalismo conduceva? 

Certamente Terzani ha fatto un tipo di giornalismo che oggi non è più possibile. Essere giornalista allora gli offriva l’opportunità di viaggiare per un mondo di grandi diversità culturali “per cercare di capirlo”. Quasi con la forza di un destino, è giunto in Asia e ha vissuto le esperienze che hai citato. In sostanza le ha viste come le maniere in cui l’Asia millenaria, con le sue culture particolari e articolate, ha reagito all’impatto della Modernità di tipo occidentale. Lo scrive molto chiaramente in Lettere contro la Guerra che le reazioni alla modernità portate dall’Occidente sono state diversissime: dall’adozione di una ideologia di rivolta come il marxismo (il caso del Vietnam, della Cambogia, della Cina) fino ad una totale identificazione con il modello americano (nel caso del Giappone o della Corea del Sud).  Quello che Terzani capisce con profondo dolore è che nessuna di queste soluzioni porta ad un maggior livello di felicità o di contentezza. “L’Osso era durissimo – confessa – avevo realizzato che la società moderna disumanizza l’uomo”.    

Mentre lo sviluppo indefinito, il mito della crescita economica, l’occidentalizzazione e la globalizzazione ripongono una fiducia fanatica nella scienza, Terzani inizia a fare una critica antropologica e politica alla scienza occidentale incolpandola di essere portatrice di una mentalità dualista, riduzionista e materialista. In cosa consiste questa critica? 

Ti ringrazio per questa precisazione importantissima, che invece per gli occidentali è un totale tabù. Terzani, vivendo tra la gente di altri continenti, aveva compreso perfettamente che l’avanzata inarrestabile della modernità (e poi della globalizzazione) è legata a doppio filo alla presunta “superiorità” della scienza occidentale: un sapere razionale, materiale e riduzionista che ha creato una imponente tecnologia e che ha alimentato un grande senso di inferiorità nelle altre culture. Esso sbarcava non solo con le grandi armate e le nuove tecnologie militari, ma anche attraverso le università, le scuole, i giornali. Così che sono state gettate a mare culture nondualiste millenarie,  che vedevano la realtà come interconnessione e impermanenza, che erano fondate sull’unità tra l’essere umano e la Natura. 

Terzani fa una critica alle varie forme di scienza: in primis la scienza economica, ma anche la scienza medica. Parla degli “scienziati-medici” e dei “medici-aggiustatori”, che operano come i meccanici con le macchine. Ma c’è una precisa ragione: essi vedono il corpo come una macchina a partire dalla divisione o dualismo tra mente – corpo inventata da Cartesio alla fine del 1600 e che costituisce l’ossatura del cosiddetto paradigma cartesiano-newtoniano e di tutte le scienze moderne. È in base a questa mentalità separatista che la modernità si è concentrata sulla materia esterna per dominarla e manipolarla a proprio piacimento. Pensiamo alle foreste, considerate mero legname da vendere, agli animali stipati in allevamenti intensivi e ridotti a materia industriale da mangiare, pensiamo anche alla modificazione genetica delle sementi, delle piante o degli animali.

La scienza economica moderna, come ogni scienza riduzionistica, vede solamente un settore separato, vede gli interessi e profitti, staccati da ogni contesto ecologico, etico o sociale. Questo è una caratteristica fondante, non una mera devianza. Come dice Terzani: “Cosa sanno dirci gli scienziati-economisti sull’avidità che sta distruggendo il mondo in nome di quello che magari loro stessi definiscono “progresso”? Parole come “ingordigia”, “avidità”, “egoismo” non compaiono certo nei libri di economia e gli stessi economisti continuano a praticare la loro scienza come se non avesse niente a che fare col destino dell’umanità». Di contro a questo dualismo tipico della Scienza occidentale, Terzani scopre in Asia qualcosa di antico e moderno nello stesso tempo: la non dualità, cioè la certezza che mente e materia non sono separati, ma costituiscono un tutt’uno di energia interconnessa e impermanente.  

Il nostro parla anche della scienza – medica occidentale come della “testa di ponte” per lo sbarco della Modernità nelle altre culture. È una efficace espressione!

Di fondamentale importanza nella sua vita è stata la spiritualità, attraversando buddhismo, induismo, shintoismo, taoismo, confucianesimo e il pensiero di Gandhi. Cosa intende dire Terzani con l’espressione “Tutto è Uno” e quale significato ha sia nelle spiritualità orientali sia nelle epistemologie indigene?

La possiamo chiamare spiritualità, ma forse sarebbe più giusto chiamarla non-materialità. Terzani torna spesso sul parallelo tra gli scienziati moderni che studiano in laboratorio la materia attraverso la sperimentazione e la razionalità basata sui sensi e invece i grandi sapienti dell’India che se ne stavano nella Natura e studiavano ed indagavano la propria mente. Attraverso questa ricerca, spesso tramite la meditazione, arrivavano a scoprire la non-materialità, e quindi che gli opposti – giorno e notte, luce e tenebra, vita e morte – sono un Tutt’Uno e non si possono separare.

È per questo che Terzani si richiama spesso alla logica taoista e al simbolo dello Yin e dello Yang, perché gli opposti coesistono: è la vita, è la meravigliosa unione degli opposti. “Tutto è Uno” dunque significa uscire dall’apparato logico-linguistico (tipico del tradizione occidentale a partire da Aristotele, ma tipico anche della dottrina cristiana prima che del pensiero scientifico) ed accedere ad un altro piano, proprio come sta facendo oggi la fisica quantistica dove non si può più parlare di tempo e spazio indipendenti e di corpi a se stanti, isolati. C’è una grande consonanza con le sapienze orientali che hai citato, le sapienze indigene (pensiamo ai nativi nordamericani) e oggi la fisica quantistica, come già aveva sottolineato Fritjof Capra nel suo famoso Il Tao della Fisica. Infatti ho intitolato un capitolo del libro: “Tutto è uno, ovvero filosofia perenne e fisica quantistica”

“Uno dopo l’altro, i vari paesi dell’Asia hanno finito per liberarsi dal giogo coloniale e mettere l’Occidente alla porta”, scrive Terzani. “Ma ora? L’Occidente rientra dalla finestra e conquista finalmente l’Asia non più impossessandosi dei suoi territori, bensì della sua anima. Lo fa ormai senza un piano, ma grazie ad un processo di avvelenamento contro cui nessuno ha trovato per ora un antidoto: l’idea di modernità” (Un Indovino mi disse, p. 69.) Dopo più di vent’anni queste parole sono più vere che mai, dando esempio del livellamento culturale a favore dell’omologazione della “cultura del mercato”. Davvero l’Occidente imperialista è riuscito a conformare le menti delle popolazioni, prima ancora dei territori, colonizzandone l’immaginario? Come è successo?

Innanzitutto bisogna precisare che l’Occidente è sia artefice, ma anche vittima egli stesso di questa colonizzazione dell’immaginario. Ha creduto completamente di portare il Progresso, lo sviluppo, di essere artefice di un’opera di incivilimento (“il fardello dell’uomo bianco”).  L’epopea coloniale nei vari continenti è stata sentita come una missione voluta dal “Dio superiore” cristiano contro i “primitivi” ed oggi continua come giustificata dalla Scienza e dalla Tecnica occidentali. Come sottolinea con coraggio il missionario Alex Zanottelli: “la tribù bianca si è sentita in dovere di colonizzare il mondo per portare la civiltà cristiana ai “barbari”. Ci ha creduto per secoli. Sono queste le basi su cui le potenze europee hanno conquistato e colonizzato il mondo con tutti gli orrori che ne sono seguiti”. Eppure come ben sapeva 23 anni fa Terzani e lo cito: “Se noi vogliamo continuare con il livello di crescita con cui stiamo crescendo e se, come ci promettono i politici dell’Occidente, vogliamo far sì che l’intero mondo abbia i nostri livelli di consumo, non c’è dubbio che noi distruggeremo la terra. Dunque dobbiamo porci il problema se possiamo continuare a crescere, non dico come italiani, che stiamo flettendo, ma come umanità totale e se vogliamo che tutto il mondo condivida i nostri livelli di consumo non riusciremo a sopravvivere sulla terra così come è. Questo è un problema che ci riguarda”.

Inoltre una delle tesi più innovative di Terzani – che attinge in ciò a tutta la grande riflessione orientale sull’ego e i desideri – è che per vendere prodotti bisogna prima vendere dei desideri (i desideri delle lavatrici, ma anche di televisioni, moderne macchine da corsa, moto, smartphone, vestiti alla moda, viaggi in aereo, etc. ). Il marketing, la pubblicità che pervadono tutto il mondo della informazione-entertainment vendono continuamente desideri per poi vendere i prodotti industriali ma questo è un meccanismo automatico che non da felicità o serenità alla gente. Infatti l’infelicità e la depressione sono in grande aumento proprio in Occidente.

Inoltre la globalizzazione, come dice Terzani, non è solo un processo economico, ma cambia il nostro modo di pensare. Esporta la cultura della scienza cartesiano-newtoniana nella scuola, nelle università, nei media. Non c’è dubbio che l’Occidente ha imposto i propri criteri e le proprie scale di valori come materia, denaro, ragione economica, successo, individualismo, competizione, all’immaginario dell’Asia come a quello del resto del globo.  Le popolazioni dell’Asia vivevano ancora mantenendo l’armonia con la sacralità della natura, erano alimentate dallo spirito della nonviolenza, l’etica del karma (alla base tanto del buddismo che dell’induismo) semplicemente perché sapevano che Tutto è Uno e che non c’è dualità, tra io e mondo, tra mente e materia. Oggi invece l’umanità è diventata la mera somma di individui “affrancati da ogni morale tradizionale e gettati nella corsa per rafforzare sempre di più la propria autoaffermazione economica”.

Il cancro ha permesso a Terzani di ampliare i suoi orizzonti anche al tema della salute, criticando fortemente la mentalità riduzionista della medicina occidentale e il linguaggio bellico-militare che la circonda (“la guerra al cancro”, “lotta contro il cancro”), attingendo spesso dalle medicine alternative e dall’Ayurveda non tanto per la cura quanto per la visione drasticamente diversa del concetto di “malattia”. Come interpreta il suo cancro Tiziano Terzani? Può insegnare qualcosa alla nostra società morbosamente ipocondriaca, iper-medicalizzata?

Certamente sì. Terzani ha detto che ha vissuto il suo cancro come “una buona occasione”. Esattamente come, quattro anni dopo, 11 settembre per lui doveva essere “una buona occasione” per ripensare da capo cosa noi occidentali siamo diventati, perché abbiamo messo al di sopra di tutto l’economia. Riteneva che la nostra civiltà è diventata matta, matta per colpa dell’economia. 

Anche qui la soluzione è nel “Tutto è Uno”. Vita e morte sono aspetti di un’unica cosa più grande. Bisogna integrare la morte nella vita e non fuggirla come un nemico e ancor più cercare di sconfiggerla con la scienza medica ed oggi con la tecnofilia pervasiva dei miliardari californiani (Gates, Musk, Bezos) e le distopie fantasmagoriche del transumanesimo. La scienza medica oggi ci insegna proprio ad essere ipocondriaci, ad essere attaccati ad ogni istante in più. E’ diventato molto difficile morire serenamente nel proprio letto. Ma come gli aveva insegnato il vecchio: la morte viene perché ci sono le malattie oppure le malattie vengono perché c’è la morte, perchè siamo mortali?  

Far diventare la morte un tabù era per Terzani una grave deviazione, così come ripetevano tutte le tradizioni spirituali dell’umanità. Dobbiamo recuperare l’armonia degli opposti perché è lì che risiede la bellezza della vita e, come credono gli orientali, la vera libertà, la liberazione – che Terzani ha raggiunto negli ultimi, bellissimi momenti prima di “lasciare il corpo”, come amava dire. È illusorio credere di cacciare il male e tenere il bene, di annullare gli avversari e i nemici, di cacciare la morte, di essere la “civiltà superiore”. Questa mentalità dualistica è puerile. Terzani criticava duramente l’atteggiamento dualista “o con gli Usa o con i terroristi”, che ancor oggi in varie forme pervade il mondo. C’è sempre una terza via che per lui era quella di Gandhi e della nonviolenza. Perché ancora una volta: “Tutto è Uno e non c’è dualità”.  

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