L’Africa che ci viene raccontata dai media non considera i cambiamenti profondi, inarrestabili e rivoluzionari, che sono in atto e i cui protagonisti sono i giovani e le giovani africani, queste ultime in particolare impegnate per un futuro sostenibile. I media italiani continuano purtroppo a raccontare principalmente l’Africa come un luogo privo di speranza e pieno di problemi. Un racconto che è innanzitutto marginale: del totale degli intervistati nei telegiornali di prima serata (50.573), vi è appena 1 attivista africano ogni 919 persone, ovvero lo 0,1% di presenza complessiva. Un numero evidentemente ai confini dell’invisibilità. È quanto viene evidenziato dalla V edizione de “L’Africa MEDIAta”, il rapporto di Amref Health Africa-Italia, curato dall’Osservatorio di Pavia.

Per quanto riguarda i quotidiani, il 2023 registra il maggior numero di notizie sull’Africa degli ultimi 5 anni con la presenza nei 6 principali quotidiani di 16 notizie in media al mese (+3 rispetto al 2022). Colpisce il dato relativo all’aumento di notizie che non si traduce in una maggiore attenzione ai contesti africani: 2 notizie su 3 sono ambientate in Italia o in Occidente e riguardano cronaca e migrazioni (80,2%, dato in aumento). L’impegno del governo rispetto alle questioni africane ha aumentato la copertura: dal memorandum Ue-Tunisia al Patto Italia-Albania, fino agli accordi con la Libia. Le migrazioni sono però il tema principale anche delle notizie ambientante in Africa (42% dei titoli): una novità rispetto agli scorsi anni in cui erano predominanti news su guerra e terrorismo. I temi maggiormente raccontati sono le condizioni dei migranti nei campi profughi, i naufragi, le visite della presidente Meloni in Paesi africani. Il 2023 ha visto invece un rinnovato interesse per l’Africa da parte dei Telegiornali: sono state rilevate 3.457 notizie sull’Africa (numero più alto dopo il 2019), ma si conferma anche in questo caso una prevalenza della copertura su migrazioni e fatti di cronaca nel contesto occidentale, oltre che sull’intensa attività istituzionale di Meloni e iniziative come il Piano Mattei. L’attenzione verso notizie direttamente legate a persone, temi e fatti del continente africano rimane decisamente bassa con una media dell’1,9% rispetto alle notizie sull’Africa e una prevalenza di informazioni su guerra, terrorismo e cronaca con ampia copertura del terremoto in Marocco e dell’alluvione in Libia. Una tendenza che viene confermata anche nei programmi di infotainment analizzati su 7 reti televisive: su 61.320 ore trasmesse in un anno sono stati rilevati, in aumento rispetto allo scorso anno, 1.061 riferimenti all’Africa, in media 1 riferimento ogni 58 ore di programmazione. L’86% dei riferimenti anche in questo caso ha un contesto europeo con rinnovato peso nell’agenda politica e mediatica della migrazione, oggetto di numerosi dibattiti politici in tv. Se da un lato assistiamo infatti a un incremento sostanziale dei riferimenti all’Africa, dall’altro si nota un calo della dimensione geografica africana e si passa nel solo ultimo anno dal 25% al 14% del 2023 (dato più basso del quinquennio di analisi).

Eppure, esiste un’altra Africa oltre la cronaca, gli sbarchi e le emergenze. Un’Africa di giovani che vede in cima alle sfide più importanti la disoccupazione, l’economia e la salute, ma che ha più strumenti rispetto alle generazioni precedenti (il 70% degli 1,8 miliardi di giovani del mondo vive in Africa subsahariana). Ma questo attivismo giovanile in Africa non arriva nei tg e nei programmi di infotainment: la visibilità degli attivisti africani – e ancor più delle attiviste – risulta debole nei palinsesti italiani, occupati quasi esclusivamente da discussioni televisive tra ospiti italiani sulla questione migratoria. Nei tg compare un’attivista africana ogni 4.200 intervistati e su 1.515 puntate di programmi con rifermenti all’Africa, solo in 48 di questi (3,2%) si registra la presenza di 99 attivisti africani. La presenza femminile nei programmi si colloca intorno al 35%, con una visibilità migliore rispetto ai telegiornali. Gli attivisti maggiormente interpellati sono quelli che operano nel campo dei diritti umani e civili (23,2%), tra cui ad esempio Patrick Zaki.

Il report ha preso in esame 36 attiviste africane, 12 per tre ambiti di interesse: ambiente, salute, arte e cultura. Soltanto 7 di queste raggiungono su Facebook una visibilità che supera i 50 post. I loro nomi circolano però soprattutto all’interno dei gruppi tematici che condividono le stesse battaglie. Ad esempio, la galassia ambientalista per Vanessa Nakate, le istituzioni e i soggetti della sfera artistica per Lesley Lokko, Laetitia Ky e Zanele Muholi, i gruppi di lettura e scrittura per Chimamanda Ngozi Adechie o nel caso delle musiciste Fatoumata Diawara e Angélique Kidjo, i post di promozione dei concerti. Queste personalità riescono talvolta a catturare l’attenzione delle grandi testate nazionali, quando per esempio sono protagoniste di grandi eventi in Italia o partecipano a iniziative internazionali che hanno considerevole eco mediatica o, ancor di più, quando il loro percorso si intreccia a polemiche socio-politiche italiane, come nel caso di Lesley Lokko che aveva denunciato pubblicamente che tre dei suoi collaboratori ghanesi non avevano ottenuto il visto dall’ambasciata italiana in Ghana per partecipare alla Biennale di Venezia.

La strategia globale di Amref  si fonda proprio sulle parole chiave salute, donne e giovani ed è promotrice di numerose iniziative a sostegno dei giovani per amplificare le loro voci, sostenere il loro impegno ed essere in grado di rispondere alle sfide sanitarie e sociali più urgenti. Ad esempio, nel 2017 Amref ha lanciato Youth in Action (Y-ACT), programma pluriennale che in pochi anni è diventato uno dei movimenti giovanili più influenti dell’Africa e promuove iniziative di advocacy spingendo verso scelte guidate dalla responsabilità sociale e dalla sostenibilità.

Qui il Rapporto: https://www.osservatorio.it/wp-content/uploads/2024/05/AfricaMediata_2024.pdf