Hanno fatto bene gli studenti dell’università di Napoli a contestare la presenza di Maurizio Molinari. Intanto, perché ha già tanto spazio per diffondere le sue idee, dalla Repubblica, di cui è direttore, alle sue frequenti comparsate in tv, che non c’era proprio bisogno di offrirgliene un altro all’università, dove gli studenti, che dovrebbero essere i padroni di casa, ne hanno così poco per discutere le loro. Poi, perché se non l’avessero fatto, Molinari non li avrebbe mai invitati a un confronto. Invece hanno fatto male a rifiutarlo. Dovevano accettarlo: nel suo spazio, la Repubblica, e non nel loro, l’Università. Così avremmo visto se Molinari è così pronto al confronto come sostiene. Finora non ce ne eravamo accorti.

Ma questo come altri episodi di contestazione nelle università sono manifestazioni assolutamente marginali di un clima di intolleranza che si è andata sviluppando nel corso degli ultimi anni in ben altre sedi, a partire dai media: giornali, tv e social, tra cui anche il quotidiano di cui Molinari è direttore. Soprattutto a partire dalla guerra in Ucraina, tacciando di “putinismo” chi non era d’accordo con la prospettiva di una guerra a oltranza, fino alla “vittoria”, cioè alla dissoluzione della Federazione Russa. Oltranzismo che poi si è visto come sta andando a finire: o con l’atomica, o con la morte in trincea di tutti gli abitanti dell’Ucraina ancora in grado di combattere.

Poi è arrivata la guerra di sterminio (perché impuntarsi su “genocidio”? E’ una disputa lessicale, oppure giuridica. Sterminio è sufficiente a illustrare la situazione) dell’infelice popolazione della striscia di Gaza: chi lo denuncia sta con Hamas!

Ma quando si è instaurato questo clima di intolleranza, in Italia come in larga parte del mondo? Beh, prima della guerra c’è stata una rivincita (a parole e in politica) del negazionismo climatico e prima ancora, il covid. E qui intellighenzia, politica e media si sono alleati per mettere al bando tutti i critici dei nuovi vaccini – fossero no-vax o no – e delle misure complementari: mascherine, green pass, chiusura delle scuole, divieto di passeggiare, ecc. che oggi, una ad una, vengono riconosciute come inutili, controproducenti e per lo più dannose. Quelle critiche non andavano nemmeno ascoltate e meno che mai prese in considerazione. Bastava, anzi era d’obbligo, lanciare invettive contro i loro autori, che senza peraltro prevedere le guerre a venire, avevano tutti i motivi per capire che quel clima di intolleranza si sarebbe protratto ben oltre la fine del covid. E così è stato.

Ne volete una prova? Ecco un’antologia del modo in cui la questione era stata affrontata a suo tempo dai paladini dell’ordine:

“Ricettacolo di casi psichiatrici, devono ridursi a poltiglia verde”: Selvaggia Lucarelli, giornalista.

“Verranno messi agli arresti domiciliari, chiusi in casa come sorci”: Roberto Burioni, virologo.

“Mi divertirei a vederli morire come mosche”: Andrea Scanzi, giornalista.

“La soluzione è una sola: campi di concentramento! Fosse per me costruirei anche due camere a gas. Li mettiamo tutti insieme in esilio e quando sono morti di Covid li andiamo a recuperare e gli diamo una degna sepoltura”: Marianna Rubino, medico.

“I rider devono sputare nel loro cibo”: David Parenzo, giornalista

“Sarò felice di mettere le sonde necessarie negli appositi posti, lo farò con un pizzico di piacere in più”: Cesare Manzini, infermiere.

“Gli bucherò una decina di volta la solita vena facendo finta di non prenderla e poi altro che mi verrà in mente”: Francesca Bertellotti, infermiera.

“Campi di sterminio per chi non si vaccina”: Giuseppe Gigantino, cardiologo.

“Vanno perseguitati come si fa con i mafiosi”: Matteo Bassetti, infettivologo.

“Aggiungo che se ne avessi la possibilità e l’autorità, mi prodigherei per creare per i no-vax dei campi di concentramento. (…) Se si comportano bene e non fanno capricci, creerei per loro anche dei forni per “tenerli al calduccio”: Fausto Di Marco, medico.

“I cani possono sempre entrare, solo voi, com’è giusto, resterete fuori”: Sebastiano Messina, giornalista.

“Se riempiranno le terapie intensive, mi impegnerò per staccare la spina” Carlotta Saporetti, infermiera.

“Vagoni separati per i non vaccinati”: Mauro Felicori, assessore.

“Li intubo senza anestesia, poi gli chiedo come stanno”: Sara Dalla Torre, infermiera.

“Un giorno faremo una pulizia etnica dei non vaccinati, come il governo ruandese ha organizzato e sterminato i Tutsi (genocidio del Ruanda)”: Alfredo Faieta, giornalista.

“Prego Dio affinché i no-vax si infettino tra loro e muoiano velocemente”: Giovanni Spano, vice sindaco.

“Bisogna essere più duri e discriminare chi non si vaccina, in ospedale, a scuola, in ogni posto di lavoro”: Filippo Maiolini, medico.

“Io metterei l’obbligo assoluto totale. Nell’emergenza in cui siamo non ci è permesso essere democratici (…) Anche l’arresto”: Agostino Miozzo, medico ed ex coordinatore del Cts.

“Se è vero che siamo in un’epoca di emergenza, non si può considerare Draghi come una sorta di… non dico la parola ‘dittatore’, ma quasi… che decida lui a prescindere dalle bandierine dei vari partiti! (…) Quindi lasciamo decidere a lui, a prescindere dai pareri discordanti di tutti gli altri partiti!”: Umberto Galimberti, filosofo.

“Vanno sfamati col piombo”: Giuliano Cazzola, politico/giornalista.

“Sono teste di cazzo, mandate i carabinieri a casa loro”: Luca Telese, giornalista.

“Bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione, in una situazione di guerra si devono accettare delle limitazioni alle libertà”: Mario Monti, politico.

“Gran parte dei problemi che sta affrontando l’Italia dipendono dai cittadini non vaccinati”: Mario Draghi, tuttofare.

“Gli rendiamo la vita difficile, sono pericolosi”: Pierpaolo Sileri, chirurgo, già senatore.

“Non sarà bello augurare la morte, ma qualcuno sentirà la mancanza dei no-vax?”: Luca Cesaretti, giornalista.

“Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile”: Stefano Feltri, giornalista.