La Costituzione della Repubblica italiana si può modificare attraverso la procedura prevista dall’art. 138, ma gli eventuali cambiamenti debbono essere assolutamente coerenti con i principi costituzionali, ampiamente condivisi e chiaramente comprensibili a tutti i cittadini.

Infatti, i Costituenti ebbero molta cura della scelta delle parole, poiché la Costituzione è il fondamento di tutte le leggi, la garanzia dei diritti e dei doveri, la base della convivenza democratica.

Piero Calamandrei sostenne che l’Assemblea Costituente aveva il compito “di tradurre in leggi chiare, stabili ed oneste il sogno di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini alleati a debellare il dolore”.

In tempi più recenti in diverse occasioni ci sono stati alcuni tentativi di revisione della Costituzione, senza tenere minimamente conto della leggibilità del testo.

Ad esempio nel 2005 Roberto Calderoli per conto del centrodestra aveva proposto un nuovo testo quasi incomprensibile dell’art. 70: «La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalle due Camere per l’esame dei disegni di legge concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), e 119, l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 120, secondo comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e per il Senato federale della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e quinto, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, e 133, secondo comma (…)».

Non meno contorto il progetto di riforma presentato da Matteo Renzi (e Maria Elena Boschi) per il centrosinistra nel 2016 sempre per modificare l’art. 70: «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (…) per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132 secondo comma (…)».

Oggi però possiamo dire che Calderoli e Renzi sono dei dilettanti rispetto al Governo guidato da Giorgia Meloni che ha presentato un testo per la riforma dell’art. 94 della Costituzione relativo al Governo (e il conflitto di interessi?).

Ecco il contenuto letterale del comma 8 relativo al Presidente del Consiglio dei Ministri: «nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio».

È vero che la Pasqua si sta avvicinando, ma che il Presidente del Consiglio dei Ministri “nei casi di morte” possa essere reincaricato dal Presidente della Repubblica (ma soltanto una sola volta!) è sublime.
La resurrezione del Presidente del Consiglio finora non era stata ipotizzata nemmeno da Berlusconi!

Il potere tende sempre a sopravvivere a sé stesso e a perpetuarsi all’infinito.
Per questo la sovranità può essere esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1).
Ma nessuno aveva pensato che la riforma costituzionale del premierato contenesse implicitamente una possibile resurrezione di chi guida il Governo.

Certo, probabilmente si tratta di una svista, ma qui Freud avrebbe molto da scavare nell’inconscio del potere politico.

Purtroppo la Costituzione vigente non prevede le dimissioni automatiche per manifesta incapacità e incompetenza dei politici.

Forse, considerati questi casi, sarebbe utile introdurre questa clausola.