Il 22 marzo ricorre la 31ª Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite. La situazione non è solo deludente, ma drammatica.

L’intollerabile e l’inammissibile

Per quanto riguarda il diritto universale all’acqua, alla vita, più di 2 miliardi di esseri umani sono ancora privi del diritto di accedere alla fonte di vita che è l’acqua potabile, e 4,2 miliardi non dispongono di alcun servizio igienico (toilette,  ad esempio). Inoltre, 4 miliardi di persone si trovano in uno stato di forte stress idrico (disponibilità di acqua necessaria per vivere nel loro territorio  inferiore a 1.000 m³ all’anno, per persona, tutti  usi combinati). Si possono immaginare le conseguenze per la salute e la speranza di vita.

I leader mondiali hanno abbandonato l’obiettivo di garantire il diritto all’acqua per tutti (secondo l’OMS, la FAO e l’UNICEF, almeno 50 litri al giorno per persona). L’acqua per tutti al 1990 fu l’obiettivo fissato dal primo Decennio internazionale dell’acqua promosso dalle Nazioni Unite (1981-1991)  Non fu  raggiunto. L’obiettivo del Secondo decennio internazionale dell’acqua (2005-2015) divenne più “modesto”: fornire acqua potabile alla metà delle persone che non vi avevano accesso. Anche questo fallì. Le ambizioni del Terzo Decennio, in corso (2018-2028) sono diventate molto modeste: garantire semplicemente il diritto all’acqua al maggior numero possibile di persone!

Non solo ma, a partire dal 1992, i leader mondiali hanno cambiato la definizione della natura del “diritto all’acqua”. Non si tratta più di “accesso a un minimo vitale di acqua potabile per tutti, garantito dalla comunità attraverso le finanze pubbliche  ed imprese pubbliche”. È diventato, come sancito ufficialmente nel grande accordo globale delle Nazioni Unite rappresentato dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (2000-2015), “l’accesso all’acqua potabile su base equa e a un prezzo abbordabile” gestito da aziende private, anche quotate in borsa, sulla base di un contratto noto come “delega al settore privato di un servizio pubblico”.  Questo rappresenta un completo ribaltamento del concetto di acqua ridotto a “bene economico” di mercato. Di conseguenza, come avviene per tutti i beni e servizi di mercato, il finanziamento è assicurato dal prezzo pagato dal consumatore, un prezzo stabilito secondo il principio del recupero totale dei costi (compresa la remunerazione del capitale, cioè il profitto). (1)

L’intollerabile e l’inammissibile si applicano anche all’acqua come bene comune globale essenziale per la vita. Il dramma in corso è rappresentata dall’aggravarsi dei processi di degrado, contaminazione e inquinamento della qualità biochimica dell’acqua (sia essa di superficie o sotterranea, compresa quella degli oceani). Nella sola Europa – che si presenta come il continente più avanzato in termini di tutela delle risorse idriche – solo il 51% delle acque europee è in buone condizioni ecologiche. (2) Ovunque, dalla Cina agli Stati Uniti, passando per l’India, la Russia e il Medio Oriente più di un terzo delle acque sotterranee non è più utilizzabile per le attività umane! Casi emblematici sono l’inquinamento chimico da sostanze altamente tossiche (si pensi ai pesticidi e ai PFAS) e l’inquinamento da plastica, in particolare da bottiglie di acqua minerale e di sorgente (più di 460 miliardi di bottiglie ne  2023!).

Ebbene, la lotta all’inquinamento ha smesso di essere una priorità per i governi. Gli interessi privati, economici e finanziari delle industrie inquinanti (energia, miniere, agroalimentare, chimica, farmaceutica, tessile) hanno avuto e continuano ad avere la precedenza sugli imperativi eco-vitali degli esseri umani e delle altre specie viventi. Negli ultimi due anni, in particolare, si è assistito a una massiccia ritirata dalle politiche di sostenibilità. Ad esempio, le decisioni prese al vertice sulla biodiversità COP15 delle Nazioni Unite, tenutosi a Montreal nel dicembre 2022, hanno sancito la finanziarizzazione integrale della natura. Hanno dato legittimità politica e giuridica alle proposte della Natural Capitals Coalition. Queste prevedono di affidare a società private quotate in borsa la gestione e il ripristino del 30% del mondo naturale entro il 2030 , il 30% dei quali è in stato di grave degrado. (3) Si pensi anche all’attuale allentamento dell’obiettivo della “neutralità del carbonio” entro il 2050 e all’abbandono da parte della Commissione Europea dell’obiettivo di riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi e del programma REACH (relativo alla registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche). Infine, la Commissione europea ha appena preso una decisione a favore della deregolamentazione degli OGM basati su nuove tecniche genomiche.

L’incerto, il preoccupante: la questione del finanziamento

Due  restano le tendenze iamportanti in materia a livéllo interrnazionale.

Da un lato,  la riduzione della spesa pubblica per il finanziamento e la fornitura di beni comuni essenziali per la vita. Dall’altro, l’aumento della spesa pubblica per gli armamenti, le infrastrutture tecnologiche (in particolare, digitalizzazione, IA, centri dati, logistica), la competitività delle imprese, la polizia, l’agricoltura industriale.

Una delle conseguenze di tutto ciò è che le nostre società hanno visto ridursi i poteri di responsabilità e controllo politico della sfera pubblica. Da qui anche la crescente debolezza dei poteri normativi globali delle istituzioni internazionali multilaterali come l’ONU. La responsabilità per gli affari mondiali nell’interesse generale della comunità della vita sulla Terra rimane orfana. D’altra parte, più la finanza privata domina l’economia finanziaria globale, maggiore è la pressione sulla finanza privata affinché intervenga nella risoluzione dei problemi globali e più la finanza privata valuta le scelte da fare tra gli investimenti in base ai suoi criteri chiave: rendimento/ROI-RONA, posizionamento sul mercato, alleanze/conflitti, ecc.).

Questi cambiamenti nei rapporti di forza tra finanza pubblica e privata avvengono in un contesto globale segnato da una crisi strutturale della vita sulla Terra (disastro climatico, devastazione dei sistemi ecologici) causata da una “gestione” delle risorse della Terra ispirata a un modello capitalistico di crescita predatoria. Tutti i segnali indicano che la crisi è destinata ad aggravarsi, soprattutto nel settore idrico. Le attività che dovrebbero garantire il corretto funzionamento dell’ecosistema terrestre stanno diventando sempre più rischiose, con costi crescenti che ridurranno i possibili livelli di rendimento. Da quindici anni a questa parte, il mondo dell’economia e della finanza pone i rischi legati alle crisi ambientali, in particolare nel settore idrico (inondazioni, siccità, inquinamento, prosciugamento di fiumi e laghi, abbassamento delle falde acquifere, innalzamento del livello del mare) in cima alla lista dei rischi più elevati, con le conseguenze più gravi. (4)

La consapevolezza dei rischi non si è però tradotta in un cambiamento dei criteri chiave del mondo imprenditoriale per la valutazione dei rischi economici e sociali e per la determinazione delle aree e dei settori di investimento prioritari.  Questo perché i gruppi dominanti non vogliono cambiare il modello di crescita su cui si basano il loro potere e il loro arricchimento.

 

In questo contesto, quali sono le principali sfide per il finanziamento dell’acqua?  

In primo luogo, c’è  una questione quantitativa. Quali sono i “bisogni finanziari” in una prospettiva di 10-15 anni?  Secondo Christopher Gasson, editore di Global Water Intelligence (GWI), a mio avviso il sito più importante per la documentazione, l’informazione e l’analisi economica e finanziaria sull’acqua nel mondo degli affari e della finanza, “il capitale impiegato nel settore della sicurezza idrica passerà da 3,8 trilioni di dollari a 12,6 trilioni di dollari nel prossimo decennio”. (5) Si tratta di una somma enorme. Naturalmente, gli elementi presi in considerazione nella stima si basano sulle componenti e sugli interessi degli operatori economici e finanziari privati. Ma sono comunque un’indicazione interessante dell’entità delle somme in gioco.

Dal punto di vista della responsabilità collettiva e della solidarietà su scala planetaria, nonché del governo politico pubblico e partecipativo, si possono individuare le seguenti sfide:

– finanziamenti per garantire la fornitura di acqua potabile e servizi igienici per tutti, senza discriminazioni e senza ulteriori ritardi, come diritto umano universale,

– finanziamenti per proteggere l’acqua come bene comune pubblico globale (insieme all’alimentazione, alla salute e all’abitazione),

– finanziamenti per combattere l’inquinamento dell’acqua,

– finanziamenti per le istituzioni necessarie, a livello locale e globale, per garantire che l’acqua (e gli altri beni comuni globali sopra menzionati) sia governata da un’effettiva partecipazione dei cittadini,

– Un problema particolare e urgente è il finanziamento dell’acqua minerale e di sorgente in bottiglia (460 miliardi di bottiglie di plastica entro il 2023!). La loro produzione, il trasporto e la commercializzazione (si possono trovare bottiglie di Vittel o San Pellegrino anche in piccole città del Laos, del Perù o del Senegal) sono follemente costosi (costano da 1.000 a 3.000 volte di più dell’acqua del rubinetto). Sono causa di danni e inquinamento considerevoli (soprattutto la contaminazione da particelle di plastica che si trovano sia nei pesci che nei ghiacciai), per non parlare deglle derive  sociali e culturali (pubblicità, stili di vita, corruzione) causati dalle strategie commerciali degli imbottigliatori e dei distributori di acqua minerale e di sorgente (screditare l’acqua del rubinetto, associare l’acqua minerale alla salute e al benessere).

Alla luce di questi fatti, si pone la questione del finanziamento in una prospettiva globale. Se i rischi portano, come percepito dalle società finanziarie, a un calo significativo dei rendimenti in diversi settori dell’economia idrica, è molto probabile che gli investimenti nell’acqua si concentrino in attività di nicchia che manterranno un alto livello di rendimento, trascurando le altre. Eppure la funzione fondamentale delle “altre” attività che rischiano di essere trascurate è quella di garantire e assicurare il diritto universale all’acqua potabile e, più in generale, all’acqua per la vita, cioè per l’agricoltura/alimentazione (“locale” e per tutti), per la salute (investimenti massicci nei servizi igienico-sanitari, la drastica riduzione delle sostanze chimiche inquinanti, soprattutto quelle “inquinanti per sempre”) e per il governo del territorio,i n particolare urbano (nuovi sistemi  di governo  a livello locale e regionale da  ristrutture a causa delle inondazioni, delle siccità, dell’innalzamento del  livelio dei mari, delle reti  IA.

In altre parole, se la finanza privata riduce le sue aree di intervento nell’acqua – il che di per sé non è un male – ma la finanza pubblica non riesce a riconquistare il posto che le spetta a causa del cattivo stato in cui l’hanno messa i poteri pubblici, chi finanzierà le attività fondamentali per il diritto alla vita degli esseri umani e degli ecosistemi terrestri? L’umanità rischia di trovarsi in una situazione paradossale: quella di dipendere dalla finanza privata per affrontare ed eliminare le disuguaglianze e le ingiustizie create dal sistema economico che alimenta il potere della finanza privata.

Questo paradosso può essere eliminato se si abbandona il modello politico ed economico tecnocratico ed elitario della “stakeholder governance” imposto dalla Banca Mondiale e dalle grandi imprese oligopolistiche mondiali nel 1993 (“Gestione integrata delle risorse idriche”), in particolare nei settori dei beni comuni essenziali alla vita,  arricchito nel 2003 dalle risoluzioni della Conferenza internazionale sull’acqua delle Nazioni Unite “Financing Water” di Monterrey (Messico), e ripreso nel 2012 dalla Commissione europea dell’UE nel suo “Water Blueprint” senza alcuna reale opposizione da parte del Parlamento europeo.

Dobbiamo orientarci verso un sistema di governo pubblico della vita, dal locale al planetario, incentrato sull’interconnessione tra acqua, cibo e salute nel contesto di una politica pubblica della conoscenza (non solo della scienza e della tecnologia), e basata su un sistema economico e finanziario cooperativo e solidale.

Note

(1).https://www.lalibre.be/debats/opinions/2022/12/07/le-droit-universel-a-leau-nest-pas-en-danger-il-est-deja-en-perdition-EWJP2I5ORVFVNHJ3CDU7ELKJ44/

(2) 2O22. Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che modifica la direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, la direttiva 2006/118/CE sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento e la direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque. COM/2022/540 definitivo

(3) Per maggiori dettagli, si veda Riccardo Petrella, La COP15-Biodiversità e la finanziarizzazione della natura, Pressenza, 17.02.2023, https://www.pressenza.com/fr/2023/02/cop15-biodiversite-et-financiarisation-de-la-nature/.

(4) Si veda World Economic Forum, Global Risks Perception Survey 2023-2024, Global Risks Report 2024.

(5) Christopher Gasson, Water is now the most urgent investment in  the world”, in GWI Magazine, 8 febbraio 2024.