Martedì 12 marzo nella sede dei Cobas Autoferrotranvieri (Confederazione Cobas, Lavoro Privato) di Palermo in via Roccazzo, si è tenuta una affollata e partecipata assemblea riguardante le crescenti tensioni belliche e la militarizzazione sempre più diffusa.

L’assemblea è iniziata dopo una introduzione di Carlo Cataldi, dei Cobas Autoferrotranvieri di Palermo, che ha evidenziato come i lavoratori debbano necessariamente concentrare il loro interesse, oltre che sulle tematiche aziendali e strettamente vertenziali, anche e soprattutto sull’approfondimento delle questioni inerenti la militarizzazione e l’industria bellica presente anche nella città di Palermo, nonché sulla difesa degli spazi democratici e di agibilità politica, spesso repressi con la violenza, come è accaduto di recente con i giovanissimi studenti ferocemente picchiati a Pisa per aver osato manifestare contro la guerra e il genocidio del popolo palestinese a Gaza.

L’incontro è stato organizzato in collaborazione con l’Assemblea NoGuerra di Palermo, che da più di due anni promuove dibattiti, presidi e mobilitazioni contro la militarizzazione e la guerra. Renato Franzitta, Antonio Rampolla e Virginia Dessy, attivisti dell’Assemblea NoGuerra di Palermo, hanno esposto in modo esaustivo i pericoli della guerra ormai alle porte di casa nostra.

A Palermo, città carente di servizi e infrastrutture, dove le risorse arrivano con il contagocce, nella sede dell’ex Italtel sita nel quartiere della Guadagna adesso opera la Leonardo spa, che produce schede e sistemi elettronici per armi, droni e altri strumenti di morte. Essa contribuisce a collocare la città fra quelle che producono più armi in Italia. Ma ciò non basta: anche i Cantieri Navali sono entrati nell’orbita dell’industria bellica, con la costruzione di motovedette militari e la ristrutturazione delle navi da guerra, come è accaduto recentemente per l’ammiraglia della flotta italiana “Cavour” che è stata trasformata per poter ospitare i nuovi e più potenti (oltre che costosissimi) aerei F35, in sostituzione dei vecchi SeaHarrier.

Durante l’incontro, sono state menzionate anche le mobilitazioni per il “No” alla base MUOS di Niscemi, dove sorgono le antenne che comandano i droni usati in numerosi teatri di guerra (dal Sahel, all’Ucraina, al Medio Oriente), evidenziando l’importanza delle proteste contro la militarizzazione e l’espansione delle basi militari nel territorio italiano e in particolare nella nostra isola (Sigonella, Birgi, Augusta).

Un intervento molto apprezzato è stato quello di Virginia Dessy, che ha riferito sulla situazione del Kurdistan e sull’ autodifesa delle donne, mostrando solidarietà e sensibilità verso le questioni internazionali e i diritti umani. Sempre Virginia Dessy ha evidenziato come in Italia sia in corso una politica che tenta di inculcare nei ragazzi delle scuole e delle università una mentalità militaresca, con lo svolgimento dei programmi scolastici di alternanza scuola/lavoro (pcto) direttamente in caserma, o con la presenza di militari anche nelle scuole primarie con fanfare, alzabandiera e inni patriottici.

L’aumento della spesa militare, il sempre più marcato coinvolgimento delle Forze Armate italiane nei teatri di guerra (e da ultimo direttamente sulla linea del fuoco nel mar Rosso) accrescono i pericoli per la vita civile e democratica e riducono le risorse per lo stato sociale, la sanità, la scuola, i servizi. Basti pensare che attualmente è in forse l’ultimazione della linea A della costruenda rete tranviaria panormita per la mancanza di 50 (cinquanta) milioni di euro, mentre si spendono miliardi per la guerra in Ucraina e tanti altri miliardi per le missioni militari e la ristrutturazione bellica. Di contro per visite mediche specialistiche nelle strutture pubbliche bisogna aspettare anche 7 o 12 mesi, mentre i profitti dell’industria della morte Leonardo spa per il 2023 hanno superato i 18 miliardi di euro.

Numerosi sono stati gli interventi dei lavoratori, che hanno dimostrato elevato interesse e buona conoscenza dei pericoli che incombono sul nostro Paese. Da più parti è emersa la domanda frequente sul che fare, sul come opporsi al “potere” che ci sta trascinando verso il baratro. La risposta che si è prontamente data è stata quella di tenersi sempre aggiornati e disponibili alla diffusione delle informazioni e alla mobilitazione popolare. Il rifiuto di una eventuale coscrizione obbligatoria in caso di conflitto armato è stato ribadito più volte.

Carlo Cataldi dei COBAS ha evidenziato come i “grandi” sindacati concertativi fino ad oggi si sono astenuti dal dare informazioni sui seri pericoli circa il coinvolgimento dell’Italia in un conflitto bellico generalizzato, e anzi sono stati restii alla mobilitazione contro l’industria bellica presente in città, con la favola della difesa dei posti di lavoro, senza considerare che il movimento contro la militarizzazione non chiede la chiusura degli opifici, ma la loro ristrutturazione da fabbriche di morte in fabbriche di pace.

L’incontro è stato un’opportunità per riflettere sugli effetti della presenza militare nel nostro territorio. Pertanto si rende necessario promuovere altre assemblee e manifestazioni e sensibilizzare i lavoratori attraverso comunicati su questioni cruciali come la pace, i diritti umani e la demilitarizzazione.
La riunione si è conclusa dandosi nuovi appuntamenti per discutere sui diritti sindacali e la libertà di manifestare.