Rafah è una città palestinese situata a sud nella Striscia di Gaza, al confine con l’Egitto.

E’ la città del valico sud, da cui i cittadini palestinesi possono uscire se muniti di permesso israeliano, ed è il luogo attraverso cui passano i pochissimi aiuti umanitari che le organizzazioni non governative e le istituzioni dell’ONU riescono a far avere ad una popolazione allo stremo.

Oggi Rafah è minacciata di essere invasa dall’esercito israeliano.

I nostri libri di storia ci dicono che questa città palestinese fu fondata 5000 anni fa ad opera dei Cananei, e dato che era situata sul mare Mediterraneo, sin dalla sua fondazione, ha avuto un ruolo strategico nel collegamento tra l’Africa con l’Asia.

In linea retta dista da Gerusalemme circa 110 km e , come il resto della Palestina, è stata sotto l’impero ottomano fino agli anni venti del secolo scorso.

Dopo il crollo dell’impero Ottomano è caduta sotto il Mandato Britannico come il resto della Palestina.

Nel 1947- 48 subì la conquista egiziana e quindi la città come il resto di Gaza fu governata dall’Egitto.

A seguito della nazionalizzazione del Canale di Suez , l’Egitto fu attaccato dall’asse Israele, Francia e Gran Bretagna, che portò all’occupazione militare di Rafah da parte di Israele .

Nel 1956 e nel 1957 Israele la lasciò , subentrando l’Egitto che governò Gaza compreso Rafah fino al 1967 (guerra dei sei giorni ).
Israele occupò tutta la striscia di Gaza e questi territori restarono sotto l’occupazione Israeliana fino alla data del 2005 quando il governo israeliano, guidato da Ariel Sharon, decise di ritirarsi da Gaza unilateralmente .

Tra il 1981 e il 1982, a seguito degli accordi di Camp David tra Israele e l’Egitto, Rafah fu divisa in due parti , una parte è andata all’Egitto e l’altra parte è rimasta a Gaza: questa divisione fu drammatica perché ha diviso tante famiglie e tanti terreni.

Rafah è ubicata su circa 50 km quadrati al confine con l’Egitto e la stragrande maggioranza della popolazione sono profughi della “Nakba” (“catastrofe”, letteralmente, esodo forzato dei palestinesi dopo la fine del mandato britannico e la fondazione di Israele nel 1948).

Secondo un censimento fatto nel 1922 gli abitanti di Rafah erano 600 persone, nel 1944 erano 2230 e negli anni ottanta del secolo precedente sono cresciuti a 11.000 persone .
Nel 1997, secondo l’Istat Palestinese, i suoi abitanti hanno superato 90.000 persone: oltre l’ 81% dei suoi abitanti sono profughi, molti dei quali vivono ancora nei quattro campi profughi che sono sorti per ospitare questo gran numero di persone.

A seguito dello spostamento forzato della popolazione che fugge dalla guerra israeliana a Gaza, si stima che attualmente vivano a Rafah oltre un milione e mezzo di persone, vale a dire circa 30.000 persone per ogni km. quadrato.

Si tratta degli sfollati costretti dall’invasione via terra dell’esercito israeliano a rifugiarsi in questa città di confine.

Rafah, oltre alla sua importanza strategica di collegamento tra Africa e Asia, da oltre 18 anni, da quando Israele ha imposto l’embargo rappresenta l’unica via di collegamento con il mondo esterno per tutti i cittadini di Gaza.

In queste ore il governo israeliano minaccia di invadere la città, con i carri armati, perché dice Netanyahu che non entrare a Rafah significherebbe aver perso la guerra.

La pressione sulla popolazione sfollata, sopravvissuta ai bombardamenti e costretta in una situazione disumana a causa dell’interruzione dell’elettricità e dell’acqua, della mancanza di cibo, si sta facendo disperata.
I valici restano chiusi, anche agli aiuti internazionali, non c’è nessuna prospettiva per un corridoio umanitario.

I palestinesi, tuttavia, non intendono essere deportati.
A questo si aggiunge il rifiuto dell’intero mondo arabo islamico di organizzare uno spostamento forzato tanto importante in termini numerici, spostamento che alcune fonti giornalistiche ci dicono sarebbe proposto all’Egitto con oltre 230 miliardi di dollari, nel caso accetti di ricollocare gli abitanti di Gaza nel Sinai.

L’Egitto non solo rifiuta in modo categorico la deportazione ma avverte tramite diversi comunicati che nel caso di un attacco e/o invasione sospenderebbe l’accordo di Camp David con Israele .

Il mondo intero e l’opinione pubbliche mondiale, le varie Organizzazioni non governative presenti a Gaza, le stesse Nazioni Unite, dichiarano che una eventuale invasione di Rafah provocherà una carneficina e che, pertanto, a Israele va impedito di mettere in atto quanto minaccia.

Ma, nonostante i 100.000 palestinesi tra morti e feriti e la distruzione totale di Gaza, Israele, con i suoi alleati, non ha ancora mollato l’obiettivo iniziale di questa guerra, ossia la deportazione forzata nel Sinai di oltre due milioni e mezzo di palestinesi per creare una zona cuscinetto e per liquidare in modo definitivo la causa palestinese.

All’orrore a cui abbiamo assistito finora, cos’altro si aggiungerà ?

(Milad Jubran Basir, giornalista italo-palestinese)