Sabato, sabato, sabato… Ogni sabato da quel primo appuntamento del 14 ottobre si manifesta a Milano. Ma sabato 27 gennaio bisognava ricordare il passato e dimenticare il presente e quel giorno non si è potuto manifestare. Quindi: domenica.

Certo in parecchi ci avevano provato ugualmente sabato e le immagini di Franca Caffa, militante da quando era ragazza, davanti alla polizia in assetto antisommossa, con il suo sguardo durissimo e i suoi 93 anni, hanno già fatto il giro in rete.
Ma i Palestinesi non mollano.
E così tra le due e le tremila persone sfilano un’ennesima volta in città.
Italiani e soprattutto arabi, ma il grido è “siamo tutti Palestinesi!”

Se rivedessimo tutti i percorsi fatti in questi mesi nelle vie di Milano avremmo un buon termometro della poca “tolleranza” del governo della città nei confronti di questo popolo che si ostina a non farsi sterminare stando zitto, come dovrebbe.

Ottobre-novembre : i cortei sono nell’estrema periferia Nord di Milano.
Partono dalla stazione centrale e vanno fuori … Poi verso dicembre-gennaio si avvicinano un po’ al centro, ma ruotano intorno a questo, a debita distanza. Un pezzo alla volta fanno quasi tutto il giro dei bastioni, come fosse una “tournè”, una danza intorno alla città.

Si arriva al 27 gennaio: “Spiacenti, sapete com’è, ordini dall’alto, dovete tornare a masticare polvere in periferia.”

Così, dopo le manganellate di sabato dove l’ordine era “nessun corteo”, eccoci alla domenica 28 con un tiepido sole e il ritrovo in piazzale Loreto. No, non è vero. Il ritrovo non è in piazzale Loreto, lì il traffico deve girare, è troppo importante.

Vi infilate in viale Padova, guardando verso le montagne e non rompete.
Quando arrivo alle 15 e 15 vi è uno schieramento potente di polizia che indica la direzione: DI LA’, senso unico, andate avanti, verso la periferia, entrate in quel lunghissimo budello che è viale Padova e fate la vostra cosa. Verso il centro non dovete neppure guardare. La città non deve mica vedere.

E così il corteo si avvia, gridano tutti e tutte, dai bambini agli anziani, anzi in diversi spezzoni sono dei ragazzini o delle ragazzine di 10, 11 anni che hanno in mano il megafono, gridano con quanta forza hanno in corpo.

Due, tre chilometri verso l’estrema periferia, poi la gioia di un prato, la voglia di aria, di libertà.

Un anfiteatro che raccoglie tutti e tutte, permette di mettere in mostra striscioni bellissimi e giganteschi, ascoltare le parole dal camion, ma anche intonare slogan a più non posso e poi alla fine assistere al gruppo di Aisha che rappresenta le donne con i bimbi uccisi fra le braccia. Straziante.

Sabato prossimo ancora.

Fino a che non si fermino quelle maledette bombe, facendo di tutto perché Milano non si giri dall’altra parte. Un giorno rischiano di essere in tanti a giustificare il loro non aver fatto nulla.

(Reportage fotografico di Andrea De Lotto)