Nell’ambito della recente presentazione di SEMIA Fondo delle Donne per sostenere chi lotta in prima linea per diritti e uguaglianza di genere è stata presentata anche una pionieristica indagine conoscitiva sul movimento femminista contemporaneo dal titolo “Il movimento femminista italiano: analisi conoscitiva, sfide e sostenibilità”, che rappresenta una inedita fotografia delle organizzazioni italiane in sostegno della parità di genere. La ricerca ha identificato oltre mille realtà che si occupano di questioni di genere sul territorio nazionale, localizzate in prevalenza al Nord e a Centro, di cui oltre il 40% nelle aree metropolitane, più ricche e servite, con un’aggregazione considerevole nell’area metropolitana della capitale (15,71%).

In Italia, si legge ne rapporto, le organizzazioni e associazioni che si occupano di diritti delle donne e uguaglianza di genere sono una parte vitale del terzo settore ma operano con risorse limitate e in un contesto difficile. Spesso animate dal solo lavoro volontario, sono invisibilizzate a livello istituzionale anche per una quasi totale assenza di dati pubblici. La cronica mancanza di risorse le costringe a puntare quasi tutte le energie sull’emergenza del contrasto alla violenza ma poco resta per lavorare sul cambiamento sistemico e sulle cause strutturali della stessa, prima fra tutte la disoccupazione femminile e la fragilità economica delle donne.

Oltre il 50% delle organizzazioni intervistate dichiara che la sua mission principale è il contrasto alla violenza di genere e quasi l’80% delle entità mappate la include come prioritaria tra le sue attività: forse perché i fondi, benché pochi e non strutturali, arrivano più facilmente laddove il richiamo alla violenza, collegato spesso alla drammatica spettacolarizzazione nella narrazione dei femminicidi, attira più attenzione (e mobilita più risorse) rispetto ad altre pur complesse e urgenti questioni sociali che affliggono le donne italiane. In pratica, mentre le organizzazioni sono giustamente impegnate ad occuparsi tanto di contrasto alla violenza, restano disattese le cause stesse di una violenza sistemica sulle donne e le minoranze di genere e, per esempio, le barriere all’accesso e la discriminazione sui luoghi di lavoro, la carenza di educazione economico-finanziaria, l’impari distribuzione dei lavori di cura e l’educazione alla leadership restano terreni labili e ancora di nicchia, proprio in un Paese in cui, secondo l’Indice di Uguaglianza di Genere (GEI) del 2023 calcolato dall’European Institute for Gender Equality (EGEI), l’area più critica è proprio quella della disoccupazione e della “malaoccupazione” femminile, dove i considerevoli livelli di disuguaglianza tra i generi relegano il nostro Paese in ultima posizione tra tutti gli Stati membri.

Una nota più positiva è data dall’ampio segmento del movimento (15%) che vede la sua missione primaria nella promozione dei diritti LGBTQI+, mentre il 53,80% dei rispondenti al sondaggio include il supporto alla popolazione LGBTQI+ tra le sue attività. Questo dato misura l’effettiva “intersezionalità” del movimento sui temi delle minoranze di genere. Tuttavia, molto minore è il numero delle organizzazioni che includono tra le proprie attività altre direttrici intersezionali come il contrasto al razzismo, la disabilità e il cambiamento climatico, tematiche fatte proprie dal femminismo contemporaneo in altri paesi europei ma scarsamente presenti nel nostro.

Oltre il 70% delle associazioni femministe italiane sono di piccole dimensioni e sono composte da massimo 15 persone, di cui l’85% lavora su base volontaria. D’altronde le associazioni femministe italiane sopravvivono perlopiù di autofinanziamento e solo un 15% di esse può contare sul sostegno economico di fondazioni italiane: una questione messa in luce dal Rapporto che evidenzia come la filantropia istituzionale nel nostro Paese, nota per la sua generosità in molti ambiti, tenda però a fare scarse donazioni alle organizzazioni che si occupano della tematica femminista. “Proprio per questo è nato il primo fondo femminista italiano” – dichiara Miriam Mastria, Direttrice di Semia“I fondi delle donne sono fondazioni speciali che sollecitano, raccolgono ed erogano fondi per supportare in maniera capillare il movimento per i diritti delle donne e di genere. Attualmente, ci sono oltre 40 fondi femministi in tutto il mondo che operano in network e in partnership con la filantropia privata e le istituzioni pubbliche, ottenendo importanti risultati nel progresso verso la parità di genere. Finalmente anche il movimento femminista italiano ha il suo fondo: Semia si considera parte integrante e si pone come un’alleata del movimento, è una fondazione giovane, fatta di professioniste del terzo settore. Semia è al servizio delle realtà territoriali, a supporto materiale delle organizzazioni che si occupano dei diritti delle ragazze, delle donne, delle persone trans e non binarie, per l’autodeterminazione di tutte. Perché attraverso la libera espressione di ciascuna, si possa. realizzare il progresso corale dell’intera società”.

Per contribuire al lavoro di Semia Fondo delle Donne si può donare qui (lo status di Ente Filantropico della fondazione consente la deducibilità fiscale di tutte le donazioni).

Qui l’indagine