Il 18 dicembre associazioni della società civile di tutto il mondo si mobilitano nuovamente per chiedere ai leader politici un “cessate il fuoco” permanente nei Territori palestinesi occupati e in Israele.
A Roma, alle ore 18 in Piazza dell’Esquilino, molte organizzazioni aderenti si uniranno per illuminare la scritta “cessate il fuoco” con più di 1000 candele.
Questo gesto simbolico vuole ricordare quanto sia importante fare luce sui crimini di diritto internazionale in corso in Medio Oriente.
Almeno 1200 persone – per lo più civili, inclusi 36 bambini – sono state uccise in Israele il 7 ottobre.
Nella Striscia di Gaza, oltre due milioni di persone lottano per sopravvivere a una catastrofe umanitaria con un numero di vittime civili senza precedenti.
Dopo una breve tregua umanitaria, le ostilità sono riprese con incessanti bombardamenti su tutta la Striscia di Gaza, comprese le zone indicate come “sicure”.

Tra il 7 ottobre e il 14 dicembre 2023, nella Striscia di Gaza occupata, sono morte oltre 18.787 persone, il 70% delle quali erano donne e minori. Nella Cisgiordania occupata, nello stesso periodo, sono stati uccisi 278 palestinesi, di cui 70 minori.
Nella Cisgiordania occupata, raid dell’esercito e coloni israeliani causano violenze continue, trasferimenti forzati, arresti di massa e uccisioni extragiudiziali.

A Gerusalemme esplode la rabbia per i tre rapiti uccisi per errore: «Stop ai combattimenti, avviate il negoziato». E puntano il dito contro Netanyahu: « Nessuno ci ha informato dell’accaduto». Da un’inchiesta interna dell’esercito, emerge che i militari coinvolti avrebbero violato le regole di ingaggio.

Almeno 16 cristiani, tra cui 10 appartenenti a una famiglia, sono stati uccisi durante un attacco a Gaza che giovedì sera, 19 ottobre, ha provocato il crollo totale di un edificio nel complesso della chiesa greco-ortodossa. Secondo i collaboratori locali dei progetti di Aiuto alla Chiesa che Soffre, altri 15 cristiani sarebbero rimasti intrappolati sotto le macerie. L’edificio della chiesa di San Porfirio non è stato colpito.
Dall’inizio del conflitto armato circa 400 persone, in maggioranza cristiani, si sono rifugiate nel complesso. Il complesso ortodosso si trova a poche centinaia di metri dalla chiesa cattolica della Sacra Famiglia, dove trovano rifugio altri 500 cristiani.

Papa Francesco ieri ha chiesto che si rafforzi “l’impegno per aprire strade di pace”.
E nuovamente lancia un appello per quanto accade in Terra santa, all’indomani dell’attacco israeliano alla parrocchia latina della Sacra Famiglia a Gaza City che ha causato la morte di due donne, madre e figlia: Naheda e Samar.

Il Pontefice segue con apprensione il tragico evolversi del conflitto in Medio Oriente.
“Civili inermi sono oggetto di bombardamenti e spari. E questo è avvenuto persino all’interno del complesso parrocchiale della Sacra Famiglia, dove non ci sono terroristi, ma famiglie, bambini, persone malate e con disabilità, suore.
Una mamma e sua figlia, la signora Nahida Khalil Anton e la figlia Samar Kamal Anton, sono state uccise e altre persone ferite dai tiratori scelti, mentre andavano in bagno… È stata danneggiata la casa delle Suore di Madre Teresa di Calcutta, colpito il loro generatore e i pannelli solari.

“La mamma rimasta uccisa, Nahida, e sua figlia, Samar, erano persone bravissime…”, ricorda il parroco padre Romanelli. “Nahida era mamma di una famiglia numerosa, con tanti figli, quasi tutti sposati… Tra i figli non sposati c’era appunto Samar, la donna che è stata uccisa. Samar era la cuoca della Casa della Suore di Madre Teresa. Entrambe, mamma e figlia, partecipavano a tutte le attività” racconta.
Il parroco ricorda che la parrocchia cattolica della Sacra Famiglia di Gaza, seppur piccola numericamente, è molto attiva, con tanti gruppi. “Per esempio, Nahida faceva parte del gruppo della Confraternita delle donne, il gruppo Sant’Anna. Era molto attiva in questo gruppo – sottolinea – e poi in tutte le attività alle quali partecipavano le famiglie, lei veniva con i figli, i nipoti… E Samar anche, Samar prendeva su di sé molti incarichi, ci aiutava ad organizzare tante attività, anche con i giovani e con lo stesso gruppo di Sant’Anna. Tutti, tutta quella famiglia, la famiglia Anton, sono molto legati alla chiesa, alla parrocchia. È un grande dolore”.(vedi foto allegata delle due donne ).

I funerali delle due donne uccise nella parrocchia di Gaza – riferisce l’Ansa – si sono svolti “in un clima pieno di paura e tristezza. I parenti non hanno potuto raggiungere la chiesa per l’ultimo saluto”. Due dei sette feriti avrebbero bisogno di una immediata ospedalizzazione perché sono “in pericolo di vita ma la Croce Rossa non è in grado di trasferirli al più vicino ospedale perché il luogo è ancora circondato da cecchini ed è considerato troppo pericoloso”.