“Partecipo quindi dono. L’impegno solidale delle persone di origine immigrata oltre la pandemia”, questo il titolo dell’indagine realizzata dal Centro studi Medì di Genova,  promossa da CSVnet  e curata da Maurizio Ambrosini (Università di Milano) e Deborah Erminio (Università di Genova, Centro studi Medì), che cerca di fare il punto sulle varie forme di solidarietà messe in campo dai cittadini stranieri nel nostro Paese e che fa emergere  che il 64,3% svolge abitualmente attività di volontariato, mettendo a disposizione degli altri sia il proprio tempo che le risorse e le competenze di cui dispongono. Un impegno che è stato definito dai ricercatori “solidarietà multidirezionale”. Le loro donazioni, infatti, non sono rivolte solo ai propri connazionali ma anche agli italiani, né sono destinate esclusivamente ai rispettivi Paesi di origine, ma tentano di rispondere ad esigenze e problematiche presenti nella comunità in cui si sono stabiliti. “La ricerca ha delineato, come sottolineato da Maurizio Ambrosini, una circolazione della solidarietà, che rafforza il capitale sociale e l’integrazione nel territorio della classe media solidale di origine immigrata. Avendo ricevuto aiuto, i protagonisti avvertono l’imperativo morale di impegnarsi a loro volta nell’aiutare altre persone

Nello specifico, il 40% ha partecipato a collette a favore di persone bisognose in Italia; il 19,7% ha partecipato a raccolte fondi in Italia, mentre il 18,2% ha inviato denaro per aiutare le persone nel Paese di origine. Il 15,4% ha invece partecipato a raccolte di materiale sanitario durante l’emergenza Covid-19. Oltre a questa dimensione pratica di dono e aiuto la ricerca mette in evidenza anche modalità più strutturate e inedite per questa categoria di persone, come la traduzione e diffusione d’informazioni sui comportamenti da adottare durante l’emergenza sanitaria, la mediazione con i servizi sanitari, la collaborazione in rete con servizi e organizzazioni italiane per aiutarle a raggiungere i residenti stranieri fino ad arrivare alla gestione di problemi più complessi. Un’altra dimensione indagata è quella del dono in termini di tempo, più vicina in un certo senso all’esperienza del volontariato anche nelle sue forme episodiche ed estemporanee.

Sono 8 su 10 le persone che prestano il proprio aiuto agli altri, soprattutto in modo sporadico e quando capita (il 36%), anche se non manca chi svolge attività solidali e di sostegno piuttosto spesso (26,8%) o frequentemente (21,9%). Solo il 15,4% del campione ha risposto negativamente alla domanda. In media le persone donano 17 ore a settimana al volontariato, un numero cospicuo di ore, anche perché alcuni individui prestano il proprio aiuto in più associazioni o settori. I volontari di origine immigrata si sono rivelati un tramite prezioso per costruire un ponte tra le istituzioni italiane e i soggiornanti stranieri, non solo per aiutare loro, ma anche per tutelare la salute di tutti.

La ricerca ha studiato più da vicino anche l’esperienza di 7 delle realtà associative, attive in diverse regioni italiane: il Centro culturale islamico Al Huda di Jesi; l’associazione San Lorenzo dei romeni a Roma e la Diocesi Ortodossa Romena d’Italia; l’associazione Hamef, un’associazione senza scopo di lucro, fondata a Napoli nel 2012; l’Unione Italo-Venezuelana con sede principale a Sambuceto (Ch) e altre sedi a Roma, Udine e Treviso; l’associazione Stra Vox per la lotta all’indifferenza, un’associazione di giovani migranti attivisti di Palermo; l’associazione Venice Bangla School di Venezia; la Comunità Monsignor Romero (o CMR) di Milano. Attraverso 64 interviste narrative e l’analisi di queste 7 realtà associative formate da persone immigrate attive in diverse regioni, è merso uno spaccato significativo dell’impegno offerto da queste realtà, che durante le gravi emergenze degli ultimi anni (e non solo) si sono rimboccate le maniche per raccogliere e distribuire aiuti a favore di istituzioni, famiglie e persone appartenenti non solo alle minoranze dei connazionali, ma anche e soprattutto alla collettività.

Si tratta di un importante lavoro di ricerca che conferma l’attivismo civico degli immigrati e il capovolgimento dello stereotipo dei cittadini immigrati da destinatari passivi di aiuto da parte degli italiani, a protagonisti attivi di pratiche di solidarietà. Non solo, ma emerge la capacità di aggregarsi in forme più o meno organizzate -associazioni regolarmente costituite, comunità religiose, semplici gruppi di connazionali – per attivarsi e prestare aiuto. Quella che emerge è un’immagine inedita di queste persone: si tratta sostanzialmente di una classe media che attesta la sua integrazione sociale anche mediante le pratiche di solidarietà. “In sintesi, si sottolinea nel Rapporto, si può dedurre che la stabilità sociale e lavorativa, il capitale umano e culturale, il radicamento sul territorio sono condizioni che, seppur distinte tra di loro, favoriscono l’impegno sociale delle persone. Similmente a quanto già visto nella ricerca sul volontariato, la partecipazione sociale si accompagna ad un’integrazione già avanzata su altri piani, come lo studio, il lavoro, l’accesso alla cittadinanza.”

Non mancano comunque alcune difficoltà che ostacolano l’impegno degli attori immigrati. La ricerca ha confermato alcune difficoltà riscontrate dai partecipanti di origine straniera che si trovano a collaborare con persone italiane. In particolare, sebbene generalmente il mondo della solidarietà organizzata sia considerata dalle persone immigrate un ambito più accogliente rispetto alla società esterna, sussistono ancora pregiudizi tra i membri italiani delle associazioni. Alcuni degli intervistati, infatti, si lamentano dell’atteggiamento paternalistico e supponente che, nonostante le buone intenzioni, spesso le persone italiane mostrano. E c’è chi punta il dito verso una certa abitudine della popolazione italiana a trattare gli immigrati come dei subordinati e a non coinvolgerli nelle decisioni delle associazioni. In molti casi emerge invece la disattenzione delle istituzioni italiane, a partire dai Comuni, verso le associazioni formate da persone immigrate. Queste istituzioni fanno, infatti, mancare spesso il loro sostegno alle iniziative delle associazioni, rendendo difficile lo svolgimento delle loro attività.

Qui la ricerca completa: https://www.csmedi.com/wp-content/uploads/2023/11/Ricerca-Partecipo-quindi-dono.pdf.