Nelle nostre metropoli, troppo spesso, avvertiamo la mancanza di luoghi di aggregazione dove la comunità cittadina (bambini e mamme, ragazze e ragazzi, donne e uomini, giovani ed anziani di condizione socio-culturali e di provenienza differenti) possa ritrovarsi ed avere incontri socializzanti “imprevisti e sorprendenti”. Nonostante tutto le città « rimangono “luogo degli incontri”  (…) della resistenza, della creatività, della democrazia » – afferma Antonella Agnoli nel suo ultimo libro, La casa di tutti (Laterza, 2023), dedicato alla funzione a cui sono chiamate a rispondere le biblioteche di oggi per andare incontro ai bisogni e ai desideri della cittadinanza.

Il volume si apre con la suggestiva immagine in cui l’autrice attende il gong nella biblioteca di Aarhus in Danimarca – si tratta di “un tubo di bronzo di 7,5 metri di lunghezza appeso al soffitto”, creazione dell’artista Kirstine Roepstorff, “che suona ogni volta che in città nasce un bambino” quando “una nuova vita è entrata nella comunità” – e si chiude con lo sguardo alle giovani generazioni, ovvero le/i coetanei di Greta Thunberg: migliaia di ragazze e ragazzi che hanno messo la questione climatica al centro delle rivendicazioni politiche e che dovremmo semplicemente ringraziare perché “si mobilitano per il loro futuro (e nostro)”, contro le logiche mortifere del sistema capitalistico e che – invece – subiscono violente repressioni fino al limite della incarcerazione per le loro proteste.

Un libro che guarda alle generazioni future e che, quindi, analizza il presente, dove le comunità cittadine sono private – ogni giorno di più – di spazi sociali pubblici come le piazze, un tempo luoghi di incontro e di esercizio della democrazia, invase da automobili o – a causa dei processi selvaggi di “turistificazione” – assediate da tavolini e bancarelle. Rispetto a questo scenario le biblioteche sfuggono – almeno fin qui – alle logiche della privatizzazione, restando fra i pochi presidi pubblici gratuiti delle nostre città e che – pertanto – possono diventare dei veri centri di aggregazione e di integrazione formativa e culturale se ripensati come luoghi fisici di arricchimento dell’anima, di cui l’umanità ha sempre più bisogno per ritrovare il senso dell’esistenza.

La biblioteca, secondo Agnoli, “deve soprattutto diventare una nuova università popolare. Partendo da tutti gli argomenti che riempiono la vita quotidiana e le preoccupazioni degli utenti ma con idee nuove e forme di presentazioni originali”. Per realizzare presidi che siano veramente “la casa di tutti” è necessario che la ridefinizione dei servizi, la spazialità architettonica e la missione stessa della biblioteca avvenga attraverso un processo democratico diretto, che veda coinvolta la comunità territoriale nell’esercizio autoformativo di una “cittadinanza attiva”. D’altra parte – in questa direzione – non mancano casi virtuosi concretamente realizzati e presi in esame dall’autrice, soprattutto nei paesi dell’Europa del nord e in alcune città degli Stati Uniti, dove spesso la biblioteca è sorta e progettata sulle ceneri di fabbricati periferici dismessi, ridisegnata in base alle necessità e ai desideri condivisi.

Così concepite le biblioteche assumono la dimensione di veri e propri cantieri culturali aperti, dove oltre alle canoniche sale di lettura e alle scaffalature per i libri, vi sono anche spazi dedicati alle attività ludiche e motorie per i più piccoli e spazi autogestiti per adolescenti e adulti (video game, laboratori artistici ed officine creative) nei quali si possono utilizzare stampanti 3D, macchine da cucire ed altri arnesi artigianali che sono parti vive del sapere collettivo. Inoltre non possono mancare i luoghi conviviali, come ad esempio le caffetterie popolari a cui non di rado è affiancata la cucina comune dove ciascuna/o può riscaldare semplicemente il cibo o prepararsi un buon tè. Luoghi accoglienti che attraggono la moltitudine di singolarità, nei quali ci si possa sentire in armonia con altri.

Anche in Italia si registrano iniziative di questo tipo con l’obiettivo di ridisegnare le biblioteche per farne spazi aperti alle poliedriche e multiforme comunità nelle nostre città: luoghi inclusivi e creativi progettati per e con i bambini, le mamme, le ragazze ed i ragazzi e gli anziani che hanno ritrovato nella biblioteca un luogo socializzante dove ciascuna/o può non soltanto apprendere un sapere diversificato ma anche insegnare tante cose sulla base delle proprie conoscenze ed esperienze. Questo accade non solo in alcuni centri del Nord Italia come Vicenza e Bologna, ma anche nel Mezzogiorno per esempio a Rosarno e in particolare a Lecce, dove la biblioteca OgniBene è stata realizzata su impulso della stessa Agnoli durante il suo mandato di assessora alla cultura della città salentina.

“Ma quanto costa” all’amministrazione pubblica una biblioteca di questo tipo? Alla domanda risponde la responsabile della Ognibene di Lecce, Valeria Dell’Anna: “un servizio come la biblioteca deve essere parte di ciò che l’amministrazione deve garantire gratuitamente ai propri cittadini e non può essere influenzato da logiche di profitto e nemmeno di pareggio di bilancio”. E questo principio – a nostro avviso – dovrebbe valere, almeno, per tutti i servizi sociali indispensabili, ad iniziare dalla sanità e dalla scuola fino all’università, piuttosto che subordinarli alla legge del mercato con un processo di privatizzazione inarrestabile che sta smantellando il diritto di accesso alle prestazioni sociali.

Nella visione di Agnoli la biblioteca non è solo un contenitore di “libri, CD, tavoli studio, presentazioni di libri” ma è innanzitutto “un servizio rivolto ai cittadini più deboli, a chi ha bisogno di una buona connessione internet, di un corso di italiano o di inviare un documento alla nostra formalistica e arcigna pubblica amministrazione”.

Ma, allora, perché continuare a chiamare biblioteche luoghi dove si intrecciano attività tanto diverse e eterogenee? Perché le biblioteche così come le scuole, “sono istituzioni ottocentesche ma indispensabili. Solo loro possono frenare l’ignoranza dilagante, ma possono farlo solo se concepiscono la loro missione in modo diverso, come parti di un ecosistema attivo” per cui è necessario “coinvolgere i cittadini, in particolare i giovani, per fare della biblioteca un luogo originale, stimolante, accogliente e, soprattutto, militante”.

Insomma, basta “biblioteche neutre”! Occorrono “biblioteche militanti” che svolgano la propria funzione sociale in relazione al contesto in cui operano e alla configurazione che assumono nella città. Secondo questa prospettiva nessuna biblioteca è uguale all’altra e i modelli presi in esame dalla Agnoli non sono replicabili, per quanto vadano osservati e studiati affinché siano da incentivo ad immaginare e realizzare un processo di rinnovamento degli istituti.

Una visione, quella della Agnoli, che ci ricorda – per analogia – lo spirito innovativo e le concrete iniziative poste in essere da Angela Lattanzi Daneu, bibliotecaria autorevole e visionaria, a cui la Biblioteca centrale della Regione siciliana, lo scorso 22 giugno, ha intitolato la “Sala di lettura”.

Alla fine degli anni cinquanta dello scorso secolo, Angela Lattanzi, soprintendente bibliografica della Sicilia centro- occidentale dichiarava: «Tutti abbiamo il dovere di collaborare e di non attendere che la manna ci piova dalle autorità, difetto purtroppo, direi, costituzionale di noi italiani. Tutti: o meglio tutti coloro che hanno il privilegio di possedere un certo grado di cultura e di poterne comprendere il vantaggio. E dobbiamo anche sforzarci di approfondire ciascuno il proprio senso di responsabilità verso la società. […] Oggi si sente molto parlare e gridare di diritti, e mai di doveri: e i doveri sono di tutti. Ora fra i doveri c’è quello di far comprendere a chi non comprende la necessità del libro e della biblioteca per tutti. […] Una volta creato il convincimento nell’opinione pubblica della necessità delle biblioteche, il resto verrà da sé: come sono venuti gli impianti elettrici, gli acquedotti, le fognature» – rilevando in questo modo che il sistema delle biblioteche deve essere considerato una vera e propria infrastruttura culturale, indispensabile alla vita civile.

Oggi, osserva Agnoli, le biblioteche “sono di gran lunga l’infrastruttura culturale più diffusa in Italia” e sottolinea come “il tessuto culturale di un Paese non solo comprende biblioteche e scuole ma non si può nemmeno immaginare un Paese funzionante senza queste istituzioni” che per essere rivitalizzate devono aprirsi alle questioni scottanti poste dalle giovani generazioni che, innanzitutto, rivendicano lo spirito antifascista della Costituzione, chiedono di mettere in campo strategie efficaci per contrastare l’emergenza climatica del pianeta e scendono nelle piazze contro le guerre per chiedere la Pace.