Marwan Barghouti, nato a Ramallah nel 1959, è chiamato il Nelson Mandela palestinese: tra i leader della Prima (1987) e della Seconda Infifada (2000) è stato varie volte nelle prigioni israeliane – la prima volta 18enne nel 1976 – ed è ormai consecutivamente detenuto da oltre 20 anni.

Così definisce sé stesso: “Sono un normale uomo della strada palestinese, che sostiene la causa che ogni oppresso difende: il diritto di difendermi in assenza di ogni altro aiuto che possa venirmi da altre parti”. Nel 2004 un tribunale israeliano, lo ha condannato a cinque ergastoli per omicidi e attentati, ma lui si è sempre dichiarato innocente dei capi d’imputazione che gli sono stati elevati contro.
Non c’è ragione per non credergli, ed Amnesty gli crede.

Dal nostro punto di vista interessato a spegnere un conflitto che può incendiare il mondo, è decisivo prendere nota che, se si candidasse alle elezioni presidenziali per la Palestina, sondaggi credibili lo danno per vincente nella stessa Striscia di Gaza, oltre che nella Cisgiordania amministrata dall’OLP.

Stiamo parlando di un leader amato e rispettato dai palestinesi, come appunto lo era Nelson Mandela dai sudafricani.
Non un pacifista identitario (neanche Mandela con l’ANC lo era) ma una persona sicuramente non fanatica, non accecata dall’odio, non votata all’occhio per occhio, che rende cieco il mondo. Insomma, non tra i fondamentalisti invasati, che dall’una e dall’altra parte del conflitto, si sia nella posizione del gruppo umano dominante o meno, sono i peggiori nemici dei popoli che pretendono di rappresentare.

Già, nel 2007, gli era stata promessa la grazia da parte di Shimon Perez, ora riteniamo che questa promessa di liberazione vada rispettata.

(Ovviamente in termini di provvedimenti giuridici efficaci ed adeguati alla realtà politico istituzionale locale, che non siamo certamente in grado di individuare nella loro forma precisa dalla nostra posizione particolare nel conflitto sul campo).

Chiediamo che Israele, con le sue istituzioni, compia un atto intelligente che contribuirà a togliere la parola alle armi e a svuotare i giacimenti di odio razzista in perenne coltivazione.
Diamo la possibilità ai palestinesi di votare, insieme ad altri, un leader che possa guidarli al dialogo e alla pace possibile.
Così, con gli abissi di orrore e di terrore cui stiamo assistendo, non si può andare avanti, è ora di una svolta concreta per fare finire le ostilità nella regione!
Le armi devono tacere e la parola deve essere riconsegnata a una politica che sappia dialogare grazie a leader ragionevoli e disponibili a mettersi a discutere intorno a un tavolo.

La guerra deve essere espulsa dalla Storia ed è sempre una sconfitta per tutti. Nel mondo diventato villaggio globale non esistono più guerre “giuste”, se mai ve ne fossero state in passato.
Per questa sacrosanta causa della pace noi sottoscritte/i, da europei coinvolti, in quanto donne e uomini “pacifici”, ed in facile condizione di dimostrarlo, non indifferenti e non rassegnati alla barbara spirale dell’odio, vogliamo Barghouti libero, esigiamo che Israele lo liberi, aprendo le porte ad un futuro di speranza.
E ci impegniamo, responsabilmente e guidati dall’intelligenza strategica, a costituire un comitato che persegua con determinazione lo scopo, anche collaborando con le realtà che da anni sono impegnate nella lotta nonviolenta sul terreno locale.

Firma: https://www.petizioni24.com/barghouti_libero

Primi firmatari: Maria Carla Biavati – Ginevra Bompiani – Daniele Barbi – Sandra Cangemi – Alessandro Capuzzo – Cosimo Forleo -Sandro De Toni – Luigi Mosca – Roberto Morea – Roberto Musacchio – Enrica Lomazzi – Paola Mancinelli – Antonella Nappi – Francesco Lo Cascio – Vittorio Pallotti

Documento dei Disarmisti Esigenti & partners

rif. Alfonso Navarra (cell. 340-0736871) ed Ennio Cabiddu (cell. 366-6535384) – Milano 11 novembre 2023