Mercoledì scorso è finalmente terminata una lunga vicenda giudiziaria, iniziata nel marzo del 2018, che testimonia l’accanimento con il quale i vari governi che da allora si sono succeduti hanno tentato di fermare le navi umanitarie operative nel Mediterraneo, provando, di volta in volta, a colpirle sul piano penale e amministrativo.

E’ in questo senso interessante ricostruire schematicamente questo lungo iter giudiziario per comprendere quello che da ormai otto anni stiamo affrontando con forza e determinazione:  un continuo attacco da parte delle autorità italiane che con fermi amministrativi pretestuosi, ispezioni, accuse di favoreggiamento, assegnazione di porti lontani, divieti incostituzionali di soccorsi multipli tentano di fermare la nostra nave e in generale il lavoro degli operatori umanitari in mare.

18 marzo 2018: dopo aver soccorso 116 naufraghi, la Open Arms viene messa sotto sequestro nel porto di Pozzallo dal Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. Anabel Montes e Marc Reis, rispettivamente Capo Missione e Capitano della nave, con l’espediente delle sommarie informazioni testimoniali, vengono sottoposti a interrogatorio senza le garanzie previste per gli indagati e senza la presenza di un mediatore culturale. I due vengono accusati di associazione a delinquere con il fine di favorire l’immigrazione clandestina.

27 marzo 2018: il Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, non ravvisa il reato associativo e toglie l’inchiesta al Procuratore Zuccaro in quanto non competente. La competenza va alla Procura ordinaria di Ragusa, che conferma l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il Procuratore Zuccaro apre un nuovo fascicolo con gli stessi capi di accusa sottratti dal Gip di Catania, (associazione a delinquere). Il tribunale di Ragusa dissequestra poi la nave, il 16 maggio la Procura impugna il provvedimento, ma senza vincere perché il Riesame non solo rigetta in ragione dello stato di necessità, ma riconosce anche la bontà del nostro operato in aderenza con le Convenzioni Internazionali. La Procura di Ragusa rinuncia al ricorso in Cassazione.

11 dicembre 2018: nonostante lo scagionamento del Riesame, il Procuratore di Ragusa Fabio D’Anna oltre al favoreggiamento aggiunge il reato di violenza privata nei confronti del Ministro degli Interni per aver sbarcato i naufraghi in Italia nonostante il soccorso fosse stato coordinato dalla GC italiana.

4 novembre 2020: finalmente Anabel Montes e Marc Reig vengono prosciolti con sentenza di non luogo a procedere dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ragusa. Non contenta, la Procura di Ragusa impugna la sentenza di non luogo a procedere presso la Corte d’appello di Catania. La Terza Sezione della Corte di Appello di Catania, presieduta dalla Dottoressa Carmela La Rosa, rigetta l’impugnativa avversa al non luogo a procedere per inadempienza ai termini previsti dalla legge, rendendo definitivo il proscioglimento. Viminale e Presidenza del Consiglio si erano costituiti parte civile.

Cinque anni per giungere a un verdetto definitivo di non colpevolezza, cinque anni di battaglia giudiziaria per riaffermare ancora una volta la correttezza del nostro operato,  per riaffermare che la nostra battaglia in difesa dei diritti e della vita di chi attraversa il Mar Mediterraneo è l’unica priorità della nostra organizzazione, che ha sempre operato nel rispetto delle Convenzioni internazionali e del Diritto del mare.

Siamo soddisfatti per questa ennesima vittoria, ma ribadiamo la grande difficoltà di continuare a operare in mare in un contesto che da otto anni ci ferma, ci punisce, ci ostacola, ci sanziona, prova in ogni modo a fermarci. Il valore inviolabile della vita di ogni essere umano è stato in questi anni messo in discussione, calpestato, subordinato a interessi politici di vario genere. Torneremo in mare consapevoli che la battaglia non è ancora finita.