Il 10% degli italiani mentre è al volante gira un video con il cellulare e tra questi, il 3,1% ha ammesso di averlo fatto in prima persona alla guida del proprio veicolo, mentre il 6,9% ha dichiarato di essere stato a bordo di un mezzo mentre il conducente filmava. È uno dei dati che emerge dalla terza edizione della ricerca sugli stili di guida degli utenti, commissionata da Anas (Società del Polo Infrastrutture del Gruppo FS Italiane) e condotta da CSA Research – Centro Statistica Aziendale– con interviste su un campione di 4mila persone e con oltre 5mila osservazioni dirette su strada.

Del 3,1% che ha affermato di aver utilizzato il cellulare mentre guidava per fare riprese video, fanno parte in egual misura sia uomini sia donne in una fascia d’età compresa tra i 24 e i 44 anni, con punte più elevate tra i 25 e i 34 anni. Lo stesso vale per il 6,9% di utenti che ha sostenuto di essere stato a bordo mentre il guidatore filmava: la percentuale più elevata riguarda le donne tra i 25 e i 34 anni.

I due comportamenti più scorretti percepiti riguardano i limiti di velocità, che secondo gli intervistati vengono rispettati solo dal 40,3% degli altri guidatori, e l’uso del cellulare alla guida, solo nel 39,6% dei casi. Tra gli altri comportamenti errati più diffusi, sia pure con un lieve miglioramento rispetto allo scorso anno, si confermano: il mancato utilizzo degli indicatori di segnalazione cambio corsia sia per la manovra di sorpasso (50,9%) sia per la manovra di rientro (50,7%) sia per l’entrata da rampa (32,9%); il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del conducente (10,6%) e soprattutto dei passeggeri posteriori (72,6%); il mancato uso dei seggiolini per i bambini (46,8%).

Da un’analisi più dettagliata sul tipo di veicolo con cui si commette l’infrazione è emerso che i più indisciplinati sono i conducenti delle berline: oltre il 64% non usa le frecce né per manovra di sorpasso né per quella di rientro. Si tratta di una percentuale ben superiore alla media globale pari al 50%.

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Intanto, in occasione della recente Giornata Mondiale in Memoria delle Vittime della Strada (domenica 19 novembre), Fiab -Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta– ha inviato una lettera aperta ai Gruppi parlamentari e alla Commissione Trasporti della Camera affrontando il tema della sicurezza e criticando le misure contenute nel Ddl “Sicurezza stradale” del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Solo nel 2022, sottolinea la Fiab nella lettera, sono 3.159 le morti dovute a collisioni stradali e 223.475 i feriti. Le collisioni stradali sono la prima causa di morte per i giovani sotto i trent’anni e nel 2022 i decessi sono aumentati del 9% rispetto al 2021. Non ci stanchiamo di ripetere che le principali cause di morte sono l’alta velocità, la guida distratta, il mancato rispetto degli attraversamenti pedonali e il mancato rispetto della distanza di sicurezza (ISTAT). Sono questi i fattori su cui bisogna intervenire.” Aggiungendo che dal Ddl emerge un approccio coercitivo e sanzionatorio che ignora la visione scientifica del tema e trascura gli strumenti necessari per salvare la vita delle persone. I provvedimenti indicati, a nostro avviso, contengono errori grossolani e distorsioni pericolose che portano a una riforma stragista, che affermando di salvaguardare chi va in bici, in realtà persegue ancora una visione autocentrica e ormai insostenibile.”

Fiab rispedisce l’accusa di sostenere posizioni ideologiche quando si promuove la mobilità attiva e sostenibile, sottolineando che i dati parlano chiaro e oltre al numero di vittime di violenza stradale, c’è il problema della sedentarietà e dell’obesità che colpisce le generazioni più giovani. L’Italia è tra i paesi europei con i valori più elevati di eccesso ponderale nella popolazione in età scolare, con una percentuale di bambini in sovrappeso del 20,4% e di bambini obesi del 9,4%, compresi i gravemente obesi che rappresentano il 2,4%. Secondo l’OMS le infrastrutture sicure per andare a piedi o in bici sono uno strumento per raggiungere una maggiore equità sanitaria e riducono il rischio di malattie cardiache, ictus, nonché alcuni tipi di cancro. Senza trascurare i livelli inaccettabili di inquinamento delle nostre città e delle morti premature: 72mila e 40mila morti per, rispettivamente, l’esposizione della popolazione a concentrazioni di PM2,5 e biossido di azoto (NO2), che superano le soglie indicate dall’OMS (fonte Cittadini per l’Aria Onlus).

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