Il Liceo economico sociale Rinaldini ha ospitato un’affollata e appassionata assemblea sulla questione di stretta attualità.

In tempi così difficili, in cui la partecipazione è spesso latitante, prevalgono spesso l’apatia, la passività, la delega, può capitare di vivere una bella esperienza parlando per più di tre ore davanti a trecento studenti sul conflitto israelo-palestinese, le sue origini storiche, l’attuale drammatica fase e le possibili alternative.

E’ accaduto questa mattina ad Ancona dove ero stato invitato dai rappresentanti di classe del Liceo economico sociale Rinaldini, istituto “storico” del capoluogo regionale, negli anni Settanta estremamente politicizzato, ma dove in questi anni le possibilità di momenti di confronto e di discussione purtroppo sono stati estremamente rari. Insieme a me Vincenzo Varagona per molto tempo volto noto del TG Rai delle Marche, collaboratore di Avvenire, ora in pensione ma ancora attivo nell’ambito professionale, il quale ha coordinato l’assemblea, Alessandro Banfi (in collegamento via Skype), anche lui con una lunga carriera giornalistica passata attraverso il Tg5, Uno mattina, il settimanale Sabato e oggi curatore di un suo spazio informativo, e Aziz giovane studente di Medicina a Bologna, sua città di residenza, quartiere della Bolognina, presente in rappresentanza della comunità palestinese. Per più di tre ore, con una sosta a metà mattinata, si è dato vita ad un dibattito appassionato, caratterizzato dalle tante domande dei ragazzi, quesiti cruciali, testimonianza di una sensibilità notevole, mentre in altri spazi si tenevano laboratori sulla stessa tematica, scelta obbligatoria perché sono stati coinvolti anche il Liceo pedagogico e quello linguistico, che hanno gli edifici a pochi metri dal Rinaldini, per cui l’aula magna non era sufficiente a contenere un così alto numero di presenze.

Per facilitare la partecipazione e poter rispondere alle domande i tre relatori hanno contenuto i loro contributi iniziali in dieci minuti a testa, contributi che si sono soffermati sugli aspetti cruciali di un conflitto iniziato negli anni Venti del Novecento e che poi è arrivato ai fatti tragici di queste settimane, in una scia di sangue e di guerre senza fine. In particolare Aziz nato in Italia da due genitori entrambi palestinesi, approdati nel nostro Paese dopo la “Guerra dei Sei giorni”, originari di una piccola località vicina a Betlemme, ha raccontato come anche la sua famiglia abbia avuto numerose vittime a causa dell’occupazione israeliana, e dopo il 7 ottobre abbia subito pesanti conseguenze a causa della criminale reazione del governo Netanyahu dopo la mattanza di Hamas che ha provocato circa millequattrocento morti, di cui tantissimi civili, reazione che ad oggi ha provocato più di undicimila vittime.

Poi è stata la volta delle numerose domande delle studentesse e degli studenti che hanno spaziato dalle questioni storiche del conflitto a quelle di più stretta attualità: il ruolo della Nato, degli Usa e dell’Occidente, che cosa è una diaspora, la soluzione dei due Stati, perché fino al 7 ottobre la questione era caduta nel dimenticatoio, se è giusto schierarsi, il rapporto tra israeliani laici e Israele, il ruolo dell’Onu, la strumentalizzazione da parte dell’estrema destra della causa palestinese e della vicenda di Gaza per diffondere l’antisemitismo, il ruolo storico della Gran Bretagna, il pericolo che un possibile Stato palestinese neghi i diritti delle donne e della comunità lgbt, il ruolo di Hamas e le sue origini, e infine la critica per non aver invitato un israeliano. Tutti quesiti a cui i relatori, Banfi per impegni ha dovuto interrompere il collegamento verso le dieci, hanno provato a rispondere cercando di essere il più possibile esaurienti. In particolare sulla questione dello “schierarsi” hanno ricordato la celebre frase di Gramsci “odio gli indifferenti”, sottolineando come sia inevitabile prendere una posizione e sulla vicenda in questione, al di là della complessità di un conflitto iniziato un secolo fa, ci sia una forza occupante che opprime e un popolo che da decenni subisce l’oppressione. A metà mattinata, prima dell’interruzione per la pausa, rispondendo alla richiesta della sorella di Giulia e non a quello del ministro Valditara che aveva invitato a fare un minuto di silenzio per la giovane ennesima vittima dell’ennesimo femminicidio, tutti i trecento presenti hanno inondato l’istituto di un rumore assordante.

Alla fine della mattinata la consapevolezza di aver vissuto un importante momento di crescita e di presa di coscienza, nonché l’auspicio che sia l’inizio di un percorso virtuoso di partecipazione.

“Odio gli indifferenti”.