Da almeno vent’anni la maggior parte della popolazione mondiale vive in uno stato di crescente angoscia di fronte all’evidente incapacità dei leader mondiali di accordarsi sull’adozione immediata delle misure radicali, ben note e ben argomentate, necessarie per “salvare il pianeta”, per impedire che l’aumento del riscaldamento dell’atmosfera terrestre raggiunga un punto di non ritorno. In questo caso, l’assurdità sta nel fatto che pochi leader dei Paesi dominanti negano la gravità della situazione, ma ognuno di loro crede che, in nome della crescita e del libero mercato, possano cavarsela con meno danni dei loro rivali.

L’assurdità è di casa anche nell’altrettanto evidente incapacità di fermare la guerra in Ucraina tra Stati Uniti, NATO e Unione Europea, da un lato, e Russia, dall’altro. Qui l’assurdità sta nel fatto che le parti in guerra non vogliono fermarla, ma vogliono deliberatamente continuarla “fino alla vittoria”! È umanamente concepibile che la parola “pace” venga rifiutata con tanta forza senza che il mondo possa fermare il massacro? Come mai le forze dominanti hanno raggiunto un livello di potere così alto da rendere impossibile qualsiasi altra soluzione?

Il mondo era arrivato a questo punto quando, tre giorni fa, è esplosa una violenza terribile, più assurda che mai, che ha spinto il governo di Israele, sulla scia dei disumani e inaccettabili attacchi omicidi di Hamas, a intraprendere una massiccia azione di vendetta, letale quanto gli stessi attacchi. Al momento in cui scriviamo, l’esercito israeliano sta conducendo un’operazione via mare, terra e aria per assediare Gaza con l’intento dichiarato di tagliare fuori la popolazione locale (2 milioni di abitanti) da tutto: niente cibo, acqua, medicine, elettricità, gas, ospedali… perché il ministro della Difesa israeliano ha detto dei Palestinesi che “sono animali”…

L’assurdità di questa situazione così drammatica e insopportabile, alimentata da una violenza apparentemente indistruttibile, è a sua volta senza limiti. Si basa sull’incapacità, che dura da decenni, da parte dei leader locali, ma anche internazionali e mondiali, di accettare l’esistenza di due popoli, ciascuno con il diritto di vivere come Stato nel rispetto reciproco e nella pace. Questa incapacità è stata alimentata negli ultimi anni da un mondo che è sempre più  guidato dal principio che la   violenza del più forte contro il più debole é la regola “razionale” di gestione efficiente(!)  dei rapporti all’interno della popolazione mondiale. Si pensi, ad esempio, al modo in cui i “più ricchi” trattano attualmente i “più poveri”, in particolare i migranti e i  migrant poverii, considerati una specie umana di seconda classe.

Cosa possiamo fare al riguardo? Ovviamente dobbiamo indignarci, protestare e lottare contro queste assurdità. Sono pero’ sempre più convinto che, a lungo termine, dobbiamo iniziare a lottare ora per dichiarare l’indipendenza dell’umanità dagli attuali sistemi dominanti di oppressione, esclusione, guerra e ingiustizia globale  socio-economica ed ecologic.  Come il XX° secolo è stato l’epoca della liberazione/indipendenza “nazionale” dei popoli colonizzati, così il XXI° dovrebbe essere l’epoca della liberazione/indipendenza dell’umanità planetaria in tutta la sua pluralità e varietà. E se cominciassimo a portare  davanti al Tribunale Internazionale dei Popoli, gli Stati che si rifiutano di firmare il trattato di messa al bando delle armi nucleari e, separatamente, i Paesi considerati ufficialmente dall’OCSE come paradisi fiscali?

È impossibile immaginare un futuro positivo per la vita accettando l’impotenza strutturale delle  società di fronte all’assurdità. Dobbiamo credere nella nostra capacità di rigenerare e trasformare il potere politico e lo spirito di convivenza a livello antropologico e tecnologico. In poche parole, impariamo a parlare e a praticare più lo spirito di vita, l’amore, l’amicizia, la cultura, la responsabilità, la pace e la bellezza, e meno i mercati, gli investimenti, la redditività, la competitività, la conquista, la rivalità e l’efficienza. Diventiamo liberi e indipendenti come Umanità responsabile, cioè la pluralità di esseri umani consapevoli della loro responsabilità collettiva, a tutti i livelli della vita.