Da dove nasce l’idea del documentario “The Years We Have Been Nowhere”?

Mauro Piacentini: L’idea nasce da Lucio, che si è trasferito in Sierra Leone, per cominciare un lavoro di cooperazione nella capitale Freetown. In questo ambiente ha conosciuto la realtà delle deportazioni, non capendo bene cosa fossero e subito dopo mi ha contattato per cercare di raccontare questa storia.

Lucio Cascavilla: Io ho cominciato a raccogliere e catalogare le storie degli iscritti all’associazione con cui collaboravo. La prima idea era di lasciare a loro dell’associazione un archivio di quelle che erano le loro storie. Intervistavo, mettevo su carta e inviavo a Mauro che correggeva, poneva dubbi e domande.

Mauro Piacentini: Dalle storie abbiamo capito che le deportazioni, che entrambi consideravamo un fenomeno che si trovava solo sui libri di scuola (e che lì dovrebbe rimanere), è un fenomeno attualissimo e che ogni anno coinvolge migliaia di persone. Raccontare la loro storia era un dovere civico e un imperativo morale.

Come è stato realizzato?

Lucio Cascavilla: Io ero di base a Freetown. Quindi dopo aver conosciuto i protagonisti del documentario e aver vissuto con loro per due anni, mi sono dovuto preoccupare della logistica e per far sì che tutto fosse realizzabile in poche settimane (5 per l’esattezza), il tempo che avevamo per girare a Freetown. Dovevo trovare un cameramen, un’autista, un responsabile della cucina e avere sempre dei testimoni a disposizione.

Mauro Piacentini: Andare in Sierra Leone e girare a Freetown, in un luogo a me sconosciuto, è stata un’esperienza umana straordinaria, che mi ha fatto confrontare con una serie di problemi che non avevo mai elaborato. Se rimaniamo sul tecnico, solo per farmi capire, abbiamo dovuto sospendere le riprese, perché il nostro cameraman che viveva in Africa da svariati anni ed era stato testimone dell’emergenza ebola si è preso il tifo ed è rimasto una settimana in ospedale. Dal letto di ospedale ci ha dato una mano a trovare un suo collega per continuare il lavoro.

Lucio Cascavilla: Un’altra cosa era trovare dei luoghi che visualizzassero le nostre storie e che potessero restituire al pubblico che vedrà il film cosa davvero sia la Sierra Leone. E non è stato facile.

C’è qualche storia tra quelle mostrate che vi ha colpito particolarmente?

Mauro Piacentini: Non è facile rispondere a questa domanda. Sia le storie presenti nel documentario che quelle che siamo stati, nostro malgrado, costretti a eliminare, erano tutte storie estreme, pesanti, toccate dal rifiuto. Perché il corpus centrale del nostro documentario racconta di questo percorso, che può essere il contrario del viaggio dell’eroe. Si abbandona la propria casa e poi, per un problema burocratico, il permesso di soggiorno viene rifiutato. Il più delle volte accade per la perdita di lavoro, o per piccole inadempienze. E quindi si viene rifiutati una prima volta. Al ritorno a “casa”, dopo 5, o 10 anni si viene rifiutati una seconda volta, perché si è rientrati a mani vuote, senza nulla.

Lucio Cascavilla: Quel che posso dire è che spesso mi ha spaventato quello che i nostri attori non hanno raccontato. Con uno di loro dovevamo girare una scena in una “specie” di cella e lui stava così male dal racconto che ci stava facendo che aveva paura di entrarci. Io ho dovuto mettermi al suo fianco, promettendogli di non chiuderla. Riesco solo a immaginare cosa abbia passato nel CPR (anche se in USA – dove è stato rinchiuso – si chiamano in maniera diversa)

Le politiche europee e statunitensi verso i migranti sono sempre più brutali. Vedete comunque qualche elemento di speranza?

Mauro Piacentini: La situazione è sempre più tragica perché le politiche che si attuano sono completamente sbagliate. Noi ovviamente non abbiamo delle risposte in tasca; l’unica cosa che abbiamo fatto è stato raccontare una storia e abbiamo scoperto, informandoci e contattando una serie di associazioni, gruppi, ONG che i migranti sono vittime di politiche che costantemente violano la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Lucio Cascavilla: La speranza che le cose cambino e che migliorino c’è sempre, ma al momento c’è una corsa all’incattivirsi e al trovare nel più povero e nel diverso l’origine di tutti i mali, senza capire quale possa essere il modo per vivere e per convivere tutti quanti nello stesso mondo.

Il documentario, dopo aver vinto il Silver Remy Award allo Houston International Film Festival, verrà distribuito in Italia nei prossimi giorni. 

27 settembre Napoli Galleria Toledo

4 ottobre        Perugia Cinema Melies

5 ottobre        Messina Multisala Iris

7 ottobre        Manfredonia Teatro Lucio Dalla

9 ottobre        Fermo Sala degli Artisti

10 ottobre      Milano Cinema Beltrade

13 ottobre      Festival della Val di Susa

16  ottobre     Ancona Cinema Galleria

20 ottobre      Rimini cinema Fulgor

21 ottobre      Pisa Teranga Festival

23 ottobre      Milano Lato B

24 ottobre      Oristano

25 ottobre      Bologna Arena Orfeonica

26 ottobre      Udine Auditorium Balducci

27 ottobre      Cantù (Luogo da definire)