In occasione del 25° anniversario della fondazione del Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci”, conversiamo con Amico, uno dei figli di Dolci e tra i promotori del Centro

Tuo padre è stato un maestro ed un esempio per moltissimi versi: coraggioso paladino di tante campagne nonviolente di impegno civile, determinato nella denuncia della mafia trapanese e palermitana, anche di fronte al Parlamento, nonostante le accuse di calunnia e il processo subìto, animatore di attività sociali partecipate nel Borgo di Dio a Trappeto, artista e poeta, educatore instancabile e inventore della “maieutica reciproca”. Tu lo hai seguito sulla via della musica, ma soprattutto nell’innovazione educativa. Vuoi parlarci di come è nato il Centro e di quali scopi persegue?

Papà è venuto in Sicilia nel febbraio del 1952, e ha subito cominciato a chiedersi e a chiedere intorno a sé come si potesse cambiare, visti gli enormi problemi che la gente del luogo soffriva; scopriva allora che la gente non conosceva la causa di quei problemi, pur soffrendoli appunto, rendendo così molto problematica la ricerca di possibili soluzioni. Per questo motivo una gran parte del lavoro iniziale è stato quello di suscitare una certa consapevolezza nella popolazione, attraverso l’autoanalisi popolare, delle misere condizioni in cui si viveva in quegli anni a Trappeto e Partinico, e di quali fossero le radici di quei problemi, per poi trovarne insieme le soluzioni. Mancanza di lavoro, situazioni igienico-sanitarie terribili, poca e cattiva scuola; suggerisco la lettura, per chi già non li conoscesse, di due libri fondamentali: Banditi a Partinico, Sellerio 2009, e Conversazioni contadine, Il Saggiatore, 2014.

Un lungo periodo di riunioni, incontri, seminari, ha sempre preceduto la messa in atto di qualsiasi iniziativa del gruppo di Partinico, come lo Sciopero alla rovescia del 1956; grazie al Premio Lenin per la Pace conferito in quell’occasione a Danilo e ai suoi collaboratori, nel 1958 è stato costituito il Centro Studi e Iniziative per la piena occupazione, aprendo alcune sedi a Menfi, Partanna, Corleone, oltre che naturalmente a Partinico / Trappeto.

Aumentavano le pressioni popolari nonviolente per conquistare la costruzione della prima grande Diga sul fiume Jato; marce, digiuni, le infinite manifestazioni per ottenere la ricostruzione della zona terremotata subito dopo il 1968; l’invenzione e la realizzazione della prima Radio Libera nel 1970; e ancora tante altre iniziative.

Emergeva da questi incontri che tante potenzialità del territorio e delle persone erano imbavagliate, attutite, spessissimo spente, a causa della violenza parassitaria circostante dovuta al banditismo, alla mafia, al malaffare e alla politica, intrecciata a tutto ciò in un perverso gioco mafioso-clientelare, che via via è stata indebolito proprio creando alternative democratiche insieme alla popolazione. Essere riusciti a costringere lo Stato italiano a costruire una delle più grandi dighe del meridione, quella sul fiume Jato, la cui realizzazione ha modificato completamente le condizioni di vita di quella grande vallata tra Terrasini ed Alcamo, nelle due province di Palermo e Trapani, è stato anche un fatto educativo, poiché la povera gente ha fatto diretta esperienza che il cambiamento è possibile

Noi oggi, a distanza di tanti anni da quei fatti, riteniamo che uno dei contributi maggiori di papà e del suo gruppo di lavoro sia proprio l’aver messo a punto una metodologia di ricerca, di riflessione collettiva, e infine di azione mirata, che oggi può essere ben riproposta per riprendersi lo spazio che via via è stato tolto ai sogni e alle opportunità dei singoli, come pure alle necessità e ai diritti della collettività.

Lavoriamo tantissimo sia sul piano europeo sia in ambito locale, proponendo ai più diversi livelli i Laboratori Maieutici, che anche tu hai sperimentato: diversi incontri nelle scuole, nei gruppi, nelle associazioni, che mirano a sperimentare l’ascolto reciproco, e la comunicazione autentica. In genere, soprattutto nelle scuole, l’effetto è dirompente e cresce la voglia di conoscere, capire, partecipare…     

Danilo preferiva, per la sua maieutica reciproca, parlare di educazione anziché di pedagogia. Perché?

Hai ragione! Papà non amava il termine pedagogia in quanto contiene il senso del condurre, ammaestrare… in fondo significa guidare le persone per mano, come fossero sempre bambini; meglio ‘educativo’, che parte dal concetto (come nella maieutica) del ‘tirar fuori’, del far esprimere ciascuno secondo la propria personalità, i propri talenti, e così aiutarlo a crescere.   

 

Ho frequentato alcuni vostri corsi di formazione per insegnanti e ne serbo un ricordo di armonia, serenità, fecondità: molto spesso ho usato in classe i vostri metodi, suscitando entusiasmo nei ragazzi e, talvolta, commozione. Vuoi raccontarci come si svolgevano le giornate a Partinico, oltre che al Borgo di Dio, quali erano le peculiarità della scuola e se ancora è in attività?

Durante la mia infanzia, e soprattutto nell’adolescenza, vedevo attorno a me tanti gruppi di volontari, persone impegnate nel fare esprimere le creature semplici, chi non aveva voce, i pescatori, i contadini. Oltre che le ricadute dirette sulle proprie condizioni di vita, l’innalzamento del reddito di tanta gente attraverso la gestione democratica dell’acqua, la nascita di numerose cooperative, ciò che mi attirava profondamente era la possibilità di incontrarsi tra persone, anche diversissime tra loro, e insieme dare avvio a nuove iniziative che rispondessero alle esigenze di ciascuno, in quel momento, in quei luoghi.

L’esempio che citi tu, il Centro educativo di Mirto a Partinico, è molto importate in questo senso perché è stato costruito nel 1974 (in brevissimo tempo, tra l’altro!), ma solo dopo un’approfondita analisi dei bisogni e dei desideri della popolazione; tantissimi protestavano contro la vecchia scuola autoritaria, ma veramente poche erano le alternative di qualità. Si partiva quindi dall’ascolto dei più giovani, dalle loro necessità, dai loro interrogativi: per un lungo periodo dunque, quasi due anni, si è indagato a fondo il sogno di una scuola nuova, in cui si andasse volentieri: chiedendo alle bambine e ai bambini, ai ragazzi, ai genitori, ai docenti, ai maggiori esperti di educazione, come poteva essere questo nuovo Centro educativo. E perfino dove lo si sarebbe desiderato: per questo è stato costruito in campagna, non lontano dal paese, ma tra i mandorli e gli ulivi, e in un posto da cui si può vedere il mare! Il progetto è stato poi realizzato da una coppia di architetti di Milano, Giovanna e Giancarlo Polo, specializzati nell’ambito delle scuole: studiando la situazione, parlando con le persone, hanno tenuto conto di tutte queste indicazioni.  

Questo enorme lavoro è documentato in un bellissimo libro che abbiamo da poco ripubblicato, Chissà se i pesci piangono, edizione Mesogea, Messina, 2018; per circa dieci anni, poi, papà e i suoi numerosi collaboratori hanno sperimentato la metodologia della Maieutica Reciproca, in cui i piccoli e gli adulti apprendono a cercare e scoprire insieme, senza programmi precostituiti, ma basando l’apprendimento sui desideri e le motivazioni. Oggi il Centro educativo è una scuola bellissima, anche se ormai adotta i programmi statali, ed è sempre mèta di numerose visite di studenti, professori, artisti, gente comune, provenienti da tutte le parti del mondo perché hanno saputo di questo Centro e di come è nato.   

Quali progetti coltivate per il prossimo futuro?

Il nostro Sito, www.danilodolci.org , è pieno di resoconti e proposte riguardanti tutto quello che facciamo, soprattutto a livello europeo, nell’ambito dell’Educazione alla Pace, la Nonviolenza, la crescita personale e le nuove tecnologie: direi che è impossibile farne un riassunto, perciò invito te e i lettori a prenderne direttamente visione, e magari partecipare a qualcuno dei nostri tantissimi progetti!  

E, infine, credi che l’educazione alla pace, alla bellezza e alla nonviolenza possa contribuire a cambiare, in questi tempi oscuri, il sentire comune, sempre più individualistico e competitivo, e così contribuire a costruire una società diversa, una società in cui la guerra sia bandita in tutte le sue forme e il conflitto sia gestito in modo nonviolento, in vista della “conversione dell’avversario” (come ho imparato da voi)?

Papà ha sempre documentato il lavoro che ciascuno svolgeva, e i risultati dell’insieme nel tempo, con le informazioni che si inviavano a tutti i comitati che sostenevano il Centro, oltre che con tanti Saggi e libri-inchiesta. In quasi cinquanta anni di lavoro nella Sicilia Occidentale, ma con importanti ricadute sul piano nazionale e internazionale, il Centro Studi, pur influendo notevolmente negli ambiti culturali, economici e sanitari, non ha mai ricevuto una lira dallo Stato italiano. Un altro libro che suggerirei, ancora più recente, è di Giovanna Ceccatelli, Danilo Dolci. La Sicilia dei poveri cristi, edizioni Clichy, Firenze, 2022.

Ispirandoci a tutta questa vicenda, i Laboratori che proponiamo hanno la funzione, spesso per la prima volta, di abolire / ridurre le relazioni gerarchiche o le difficoltà di comunicazione, soprattutto tra studenti e docenti, ma non solo; avvicinando le persone verso obiettivi comuni. Fare esperienza della comunicazione autentica, e che questa diventi occasione di riflessione ed elaborazione individuale e di gruppo, tende alla scoperta in sé stessi e negli altri di talenti, potenzialità e qualità umane arricchenti – per tutti – che altrimenti sarebbero rimaste inespresse.  

Il fatto che in luoghi totalmente diversi questo approccio relazionale venga accolto dai partecipanti con gioia e gratitudine consente spesso un lavoro di gruppo continuativo e approfondito, tendente all’analisi ed eventualmente al cambiamento di quelle realtà circostanti: condividendo tutti il particolare desiderio di impegno e fiducia reciproca che naturalmente ne deriva, ciascuno prende meglio coscienza delle proprie potenzialità in vista degli sforzi necessari al cambiamento auspicato verso il bene comune.