Alla foce del Bevano, in Romagna, c’è una meravigliosa area protetta, 500 ettari tra dune costiere, pineta demaniale litoranea e zone umide interne, chiamate Ortazzo ed Ortazzino. Comprese all’interno del Parco del Delta del Po, è un unicum ambientale di ben due Riserve Naturali dello Stato, zone Ramsar, Rete Natura 2000 e Parco del Delta del Po, sottoposte anche a vincolo paesaggistico. Una settimana fa Italia Nostra ha scoperto che sono state svendute ad una società immobiliare. Il Parco ammette che non è riuscito ad acquistarle per il suo magro bilancio, vedendosi negato anche un prestito da Comuni, Regioni e CDP. Si parla di una cifra non altissima, appena 500 mila euro.

“Negli anni settanta, – ricorda Francesca Santarella presidente di Italia nostra Ravenna, che per prima ha sollevato il caso – in quest’area vastissima e straordinaria dal punto di vista ambientale, grazie al WWF e a persone come Giorgio Lazzari e come il pretore Vincenzo Andreucci, una battaglia memorabile sventò una speculazione immobiliare spaventosa da 3,5 milioni di metri cubi di nuove edificazioni che avrebbe cancellato la foce del Bevano, realizzato colate di cemento, villette, campi da golf su pinete e zone umide di Ortazzo ed Ortazzino ed un porto turistico (“Porto Gaio”) alla foce del Bevano. Chi conosce i luoghi, sa quale paradiso preziosissimo avremmo perduto. Eppure, l’ingordigia dell’uomo e delle amministrazioni non si ferma. E il pericolo è tornato. Da mare, subsidenza, erosione ed innalzamento del livello del mare avanzano inesorabili, e le straordinarie dune un tempo estese ed altissime sono ormai collassate dal lato mare. – spiega Santarella – La piattaforma Angela Angelina continua ad estrarre metano dai giacimenti sottostanti – anche la terraferma – senza nessuno stop dagli anni 70 almeno fino al 2027, nonostante i tanti annunci di possibile chiusura e le “compensazioni” milionarie fatte di ripascimenti e fittizie ricostruzioni ambientali, che ben quantificano il danno commesso e ovviamente non lo risarciscono, con tassi di subsidenza co-indotta fino a -2 cm anno. Da terra, a sud premono la terrificante lottizzazione di Lido di Classe in via del Lombardi, ed è notizia di questi giorni che dovrebbe partire anche quella omologa a nord, a Lido di Dante, che raddoppierà la località. Il territorio sprofonda ed il rischio mareggiate ed alluvioni è sempre più frequenti (con necessità di potenziamento idrovore per far fronte alle nuove cementificazioni, ovviamente).”

Come se non bastasse, “nel totale silenzio degli enti pubblici (Regione, Provincia, Comune, Stato, Parco del Delta del Po), l’immensa zona (circa 500 ettari) della Immobiliare Lido di Classe S.p.A. di Roma (capitale sociale di 255mila euro, detenuto da Italmobiliare spa, Banca Nazionale del Lavoro, Parsitalia spa), che ne deteneva la proprietà dal 1971, è stata venduta alla immobiliare CPI Real Estate Italy S.p.A., operativa nell’intermediazione immobiliare e con sede a Roma. Senza che nessun ente pubblico (Stato, Regione, Provincia, Comune di Ravenna, Parco del Delta del Po) facesse valere il diritto di prelazione. Cifra in ballo: poco più di 500 mila euro per quasi 500 ettari, cioè 10 centesimi di € a metro quadro”.

La CPI Real Estate Italy S.p.A., fa capo a CPI  Property Group,  società fondata nella Repubblica Ceca e con sede in Lussemburgo, operativa sul fronte immobiliare in mezzo mondo, quotata nella borsa di Francoforte. La CPI  Property Group opera con prevalenza nell’Europa centro-orientale, ma anche in Italia, soprattutto a Roma. Fondatore e socio di maggioranza risulterebbe essere proprio il magnate ceco Radovan Vítek, con un portafoglio immobiliare di 9,8 miliardi di euro e un fatturato di 291 milioni. Il suo gruppo è impegnato con 19 progetti nella Capitale, di espansione urbanistica e cementificazione, fu lui a rilevare i debiti del gruppo Parnasi (famosi immobiliaristi romani) con Unicredit, acquistando il 100% delle società Capital Dev, Parsitalia ed Euronova. In pratica, Vitak si sta comprando Roma, soppiantando anche i palazzinari nostrani. L’operazione di compravendita della Foce del Bevano, tra Immobiliare Lido di Classe (il cui capitale sociale è controllato da Parsitalia) nasce quindi all’interno di uno stesso fronte immobiliare romano, visto che Parsitalia spa era stata rilevata da Cpi Property Group.

Così oltre a Roma il magnate ceco si è comprato un pezzo del parco del Delta del Po. Per farci cosa?

L’operazione, come specifica il Resto del Carlino,  lascia intendere di essere finalizzata alla edificazione di un’ampia area ora indicata come seminativa a nord ovest di viale dei Lombardi (quasi novanta ettari) e a ridosso della zona a tutela naturalistica: un’area che, come si legge nella certificazione comunale allegata al contratto di compravendita, viene indicata come prevista dal Psc del 2007 e dal Rue del 2009 come ‘spazio urbano prevalentemente residenziale con percorsi pedonali, ciclabili, spazi e strutture pubbliche e luoghi di culto’. Anche se il Comune rassicura che questo non avverrà, visto che ormai è proprietà privata nessuno può dormire sonni tranquilli.

“I vincoli del piano territoriale del Parco e di rete Natura 2000 rendono l’area di fatto intoccabile e assolutamente protetta da ogni punto di vista” assicura anche il Parco.

Francesca Santarella nutre però dei giustificati dubbi e ci mostra le mappe:

“La zona verde scuro è l’unica zona di massima tutela (“A”) dell’intero Parco del Delta del Po Emilia-Romagna ma come si vede dalle mappe, l’area su cui qualcosa potrebbe essere realizzato è di almeno 80 ettari dentro il perimetro rosso, ed è color verde acqua (zona “C”) in basso a sinistra. La linea sinuosa che si vede sono le strade asfaltate tuttora esistenti, del primo scempio edilizio poi sventato”.

Da capire anche perché nessun Ente abbia fatto valere il diritto di prelazione.

Nel contratto di compravendita, siglato a marzo 2023, è anche evidenziato che la Immobiliare Lido di Classe il 19 ottobre 2022 notificò all’Ente Parco del Delta l’intenzione di vendere “ai fini dell’esercizio, entro il termine di tre mesi, del diritto di prelazione” e che al 19 gennaio 2023 non era pervenuto “alla parte venditrice alcun provvedimento di esercizio del diritto di prelazione”.

L’Ente Parco si è giustificato  dicendo che in realtà si era interessato all’acquisto dell’Ortazzo e dell’Ortazzino, “ricercando tutte le modalità per garantire l’acquisizione dei beni ambientali”, ma nessuno gli aveva concesso un misero prestito.

“Ci siamo subito attivati per chiedere mutui alla Cassa Depositi e Prestiti dello Stato ed anche a due banche diverse, inclusa la tesoreria attuale, ma non ci sono stati concessi. La causa? Il nostro irrisorio bilancio – spiega la nota del Parco – a detta delle banche stesse, non offriva sufficienti garanzie per un mutuo di appena 500 mila euro. Ancora una volta la carenza di fondi è alla base di tutte le difficoltà dell’Ente. Il Parco ha bussato a tutte le porte, chiedendo finanziamenti anche agli Enti locali, presentando dossier che illustravano l’importanza del sito e le possibilità di conservazione e valorizzazione dei siti, ma ciò non ha sortito l’apertura di linee di credito. L’Ente Parco ha dovuto, quindi, accettare suo malgrado, che l’area finisse nuovamente nelle mani di società private”

Ma come mai il Parco non ha protestato pubblicamente, chiesto aiuto alla cittadinanza, per acquisire l’area? Con una sottoscrizione della cittadinanza si sarebbe facilmente raggiunta quella quota. Perché nulla è trapelato da parte di alcun ente prima che Italia Nostra portasse all’attenzione la vicenda? E viene normale chiedersi, se non fosse stato per Italia Nostra, Parco, Comune o Regione ne avrebbero dato notizia? E soprattutto, cosa ne sarà ora di quell’area?

Anche il Coordinamento Ravennate per il Clima Fuori dal Fossile ritiene “uno scandalo vero e proprio la questione della vendita di Ortazzo e Ortazzino. Prevediamo che ora inizi il rimpallo fra i diversi livelli istituzionali, e che nessuno si vorrà assumere la responsabilità, responsabilità in ogni caso molto gravi che secondo noi investono tutti i livelli di potere, dal Governo centrale, alla Regione allo stesso Comune di Ravenna. Solidarizziamo senza riserve con la protesta intrapresa da Italia Nostra, e con tutte le voci che in questi giorni – nonostante le disattenzioni ferragostane – si stanno levando per rivendicare che le aree in questione rimangano intatte”.

Fermenti anche tra le opposizioni politiche, in particolare Ravenna in Comune, Potere al Popolo e Lista per Ravenna promettono battaglia.

La cosa più grave è che la Giunta de Pascale affermava nel 2017 di star lavorando per un’acquisizione dall’immobiliare, tanto che nel giugno 2021, erano stati stanziati fondi per l’acquisto dell’area.

Nel Documento Unico di Programmazione 2021/2023 (pagina 258) c’e’ infatti un riferimento all’ “Acquisto area naturalistica denominata: “Ortazzo/Ortazzino” a nord di Lido di Classe” con 514.400,00 EUR per il solo 2021. Il 2022 e 2023 non sono valorizzati. (https://www.comune.ra.it/wp-content/uploads/2020/12/Schema-Nota-Aggiornamento-DUP-2021_2023.pdf). Nel Documento Unico di Programmazione 2023/2025 però non ci sono accenni all’Ortazzo. Come mai questo improvviso cambio di rotta?

Come mai il Comune, nonostante i soldi fossero stati stanziati, decise di non comprare l’area protetta e successivamente non concesse neppure un misero prestito al Parco? Chi e perché ha impedito che Ortazzo e Ortazzino tornassero al Comune?

“L’impegno è scolpito nella pietra – rassicura il sindaco De Pascale con una breve frase su FB – neppure un centimetro dell’area Ortazzo- Ortazzino sarà toccata”.

Sarà pure scolpito nella pietra, ma ne ha permesso la svendita senza batter ciglio, quando erano stati stanziati i fondi per acquistarlo.

Un altro obiettivo di mandato per il 2016-2021, anche questo non compiuto, era l’eliminazione della zona militare dell’Ortazzo e Ortazzino”. Una zona militare di esercitazioni nel bel mezzo di una zona protetta, che vanno avanti da molti anni. Ed anche questo obiettivo, è stato depennato. Forse scolpito nella pietra anche questo?

“Lo scandalo della svendita di Ortazzo e Ortazzino, aree pregiate del Parco Delta del Po, ad una società immobiliare con sede in Lussemburgo, dopo il mancato finanziamento all’Ente Parco da parte di Comune di Ravenna, Regione, Cassa Depositi e Prestiti della risibile somma di 500 mila euro, mette in luce responsabilità politiche molto gravi. Il Sindaco di Ravenna, la Regione Emilia-Romagna, la Cassa Depositi e Prestiti, cioè il Governo. Qualcuno deve assumersi la responsabilità di questo scandalo e dimettersi – afferma Paolo Galletti, portavoce di Europa Verde, insieme alla consigliera regionale di Europa Verde Silvia Zamboni, che ha presentato una interrogazione in merito: – la Regione acquisti le aree e si proceda a dotare il Parco di fondi e personale adeguato. E si operi per istituire il Parco Nazionale Delta del Po (ora solo regionale)”.