Pressenza ha seguito a lungo il percorso didattico nonviolento di Giampiero Monaca, creatore del sistema didattico “Bimbisvegli” e la sua protesta nonviolenta. Ora gli è arrivata una condanna per interruzione di pubblico servizio per quella protesta. Ne parliamo con lui ed esprimiamo solidarietà in una vicenda insensata e un precedente pericoloso di attentato alla libertà di insegnamento. Ma al tempo stesso con Giampiero rilanciamo le sue idee e proposte di un nuovo modo di fare scuola.

Giampiero, puoi fare un riassunto degli ultimi eventi?

Quando, nel 2007, ho iniziato a lavorare nel Quinto Circolo di Asti ero stato assegnato alla scuola Rio Crosio, parte della Direzione Didattica Quinto Circolo dove l’approccio didattico Bimbisvegli, andato via via definendosi grazie anche alla sinergia con alcune colleghe, non era stato molto gradito da alcuni insegnanti, in particolare e successivamente anche da alcuni dirigenti, mentre era stato molto apprezzato dalle famiglie. Così nel 2018 ho chiesto il trasferimento alla scuola primaria Piero Donna di Serravalle d’Asti, sempre parte del Quinto Circolo didattico. In questa scuola ho insegnato per 4 anni e, grazie a questo progetto, ho fatto crescere il numero degli studenti da 21 a 63 con il sostegno dalle famiglie, disposte a percorrere diversi chilometri per portare i loro figli da Asti a Serravalle proprio per la bontà del metodo applicato.

Inspiegabilmente, lo scorso settembre, al momento di essere riassegnato a una nuova classe sono stato trasferito da Serravalle alla stessa scuola di Asti in cui ero stato in precedenza: in tutta coscienza, non mi sono sentito di poter svolgere un lavoro sereno in quell’ambiente, abbandonando la comunità educante costruita con impegno, sostituendola con una nuova in ambiente plausibilmente molto poco accogliente. Ho scritto una lettera alle famiglie e ai bambini della nuova classe prima, per spiegare le motivazioni e al tempo stesso per chiedere alla Dirigenza di riconsiderare questa soluzione.

Non ottenendo nulla ho spostato la mia protesta rimanendo un mese, tra novembre e dicembre 2022, seduto davanti alla sede del MIUR a Roma, ma anche a Roma nessuno si è degnato di ascoltarmi. Anzi, per tutta risposta mi hanno licenziato e sono stato segnalato all’autorità giudiziaria dal dirigente reggente per interruzione di pubblico servizio. Questo si è concluso qualche giorno fa con la condanna a un mese e quaranta giorni di reclusione, tramutata in una pena pecuniaria di 1.500 euro.

Come ti senti dopo questa vicenda?

Un giorno Alby, uno dei miei alunni, mentre stavamo incarnando e rivivendo l’odiosa insensatezza dell’espulsione degli ebrei dalla scuola italiana, mi chiese: “Ma se tu fossi stato maestro nel 1938 e questa circolare fosse arrivata a te, TU, cosa avresti fatto?”. Io mi sentii molto in crisi, e glielo dissi, perché è tremendamente facile essere contro la tirannide, quando per le strade non girano manganelli e olio di ricino. Gli dissi: “Spero che avrei avuto il coraggio di dire ‘No. Io a questa porcata non ci sto!’”.

Quando poi, dopo anni di grandi difficoltà e conflitti, il dirigente mi ha ordinato di trasferirmi dalla scuola di Serravalle (che insieme a colleghe, genitori, volontari e alunni avevamo fatto rifiorire), con l’ unico risultato di demolire definitivamente il progetto Bimbisvegli, ho rifiutato.

Se avessi accettato avrei salvato carriera e stipendio, lasciando quelle classi di “piccoli ebrei” che stavo allevando (si è sempre rom o gay o negro o ebreo o anarchico o eretico per certi arroganti o servi), così gli ho detto signornò, che non riconoscevo la sua autorità, dato che lui mi stava imponendo qualcosa che mi pareva in coscienza lesivo per il benessere dei bimbi, ma anche per il mio. Decisi perciò che mi sarei avvalso del diritto alla disobbedienza civile e alla diserzione, con le conseguenze del caso che sono oggi sotto gli occhi di tutti.

Si nota una decadenza della scuola pubblica. Cosa pensi della situazione?

Non voglio fare il vecchio trombone che dice “Ai miei tempi si stava meglio”, perché non è così; si nota però un disfacimento e una fascistizzazione generale della nostra società. Credo nei corsi e ricorsi della storia, quindi non grido allo scandalo in sé ma, proprio come facevo con i miei alunni, dico che la strada sulla quale la nostra società si sta incamminando è quella di una forma sempre più reazionaria della gestione del potere, sia a livello alto e sia in quello dei piccoli poteri di quartiere, dei piccoli potentati, delle gestioni di faccende come la fila in macelleria, in un ufficio pubblico, la fornitura dei gessetti per le lavagne…

La scuola pubblica sta diventando sempre più ipertecnologica ed energivora; Bimbisvegli è una visione assolutamente ecologica, perché vuole agire didatticamente utilizzando i canali specifici dell’apprendimento del bambino. Possiamo usare anche la tecnologia, ma la lezione deve poter avvenire anche durante un blackout o un temporale, quindi no all’abbandono dei libri, no all’abbandono dei materiali tattili analogici. La colonna portante è, rimane e deve rimanere sempre la relazione umana tra adulto educante e bambino che cresce. E’ un rapporto che certamente ha una sua gerarchia, ha una sua verticalità, ma è costruito in modo tale che ciascuno abbia il suo spazio e sia chiara la funzione di ciascuno. Al massimo c’è uno che è avanti e uno indietro e chi è avanti sa che può e deve fermarsi ogni tanto ad aspettare chi è indietro, aprirgli la strada e chi è indietro sa che deve mettersi in cammino e darsi da fare.

Ho timore che la scuola pubblica prenda una deriva sempre più privatistica. Questo non mi pone in contrapposizione con alcune esperienze di ottima didattica gestita dalle famiglie stesse, che avocano il diritto-dovere di istruzione del proprio figlio, garantito dalla Costituzione; quello che temo è che si si andrà sempre di più riducendo il peso dello Stato inteso come comunità di persone che condividono una cultura, oltre che uno stesso luogo, che si riconoscono in valori comuni e che sono disposte anche a condividerli con persone che arrivano e che hanno altri valori e che possono tranquillamente essere integrate o diventare essi stessi parte della cultura. Io sono per il meticciato, per l’incontro, per l’integrazione e l’interculturalità a tutti i livelli. La paura è che si vada sempre di più verso uno Stato debole, o meglio fortissimo e durissimo con i deboli, ma debole nei servizi per la persona, dove al massimo possa essere erogato a pioggia un bonus per auto-organizzarsi: una elargizione di denaro per i cittadini che creerebbe un divario basato sul già esistente divario sociale e socio economico.

C’è una grande disillusione, che conduce al disimpegno: si depongono tutti gli ideali, tutti gli impegni. La scuola è piena di corsi, ma pochissimi in cui si parli del bambino; ci sono corsi ipertecnologici, di programmazione, di compilazione, di free climbing magari: così avremo un’insegnante palestrato che va a guadagnare i suoi quattro soldi durante l’orario di lavoro per poi pensare ai fatti propri senza la consapevolezza che il proprio benessere è al servizio dei suoi alunni.

Cosa pensi di fare, come continua il progetto Bimbisvegli?

E’ un tema su cui sto riflettendo ed è una riflessione che dura tuttora.

Non ho voluto sostituire i miei bambini con altri bambini di un’altra scuola perché ho voluto a tutti i costi dir loro che le relazioni non sono in vendita e che non ci si salva da soli; quello che noi avevamo costruito non poteva essere ucciso e ricostruito altrove, non l’ho voluto fare né nel pubblico (con un trasferimento sotto altro dirigente), né nel privato pur avendo ottimi rapporti con realtà di homeschooling.

In questo momento sto andando a fare un corso di formazione agli insegnanti di una scuola pubblica in Lombardia e la settimana successiva andrò invece nell’alto Piemonte con un gruppo di educatori e insegnanti di scuole parentali.

Non voglio fare un Bimbisvegli “bis” o un Bimbisvegli “contro”: qualunque cosa che nasca da una reazione, un trauma, uno stress non è vitale. E’ come comprarsi un cucciolo appena ti è morto il cane, ok, si può fare, ma non è il mio genere, così come non andrei a cercarmi una fidanzata appena mollato con la precedente: bisogna trovare quella giusta al momento giusto, che può essere subito come sei anni dopo.

Bimbisvegli potrebbe riprendere in qualche modo, ma non so se sarò io personalmente a farlo. Mi sto preoccupando e occupando della formazione di diversi educatori in diverse realtà scolastiche, mettendomi a disposizione; non vado là ad esportare Bimbisvegli e a controllare che ci sia un’ortodossia, vado a parlare di esperienza e delle linee ideali che mi hanno portato, che ci avevano portato, come un team collettivo, a sviluppare una certa azione pedagogica.

Ricordo ancora le lezioni del professor Rocco Quaglia a Psicologia dell’Età Evolutiva in cui ci diceva sempre: “Mi raccomando, io sono qui pagato per insegnare tutte le varie teorie della psicologia del bambino, però le teorie sono vestiti e quindi ciascuno di voi dopo averle studiate, perché dovete studiarle, poi sceglierà quelle che funzionano meglio per se stesso e per i propri futuri bambini”. Questo insegnamento mi è rimasto e mi rimarrà per sempre: non è importante che ci sia un altro Bimbisvegli, ma che ci siano tanti insegnanti che leggono criticamente Montessori, Don Milani, Mario Lodi, Kropotkin, Tolstoj, Baden Powell, che li leggano dentro e che poi creino la loro versione dei Bimbisvegli, se lo vogliono chiamare così. Se no lo chiamino Ciccio Bertolo, Giovani Marmotte, Coscienza Attiva…

I pilastri sono l’attenzione ai bisogni del bambino, alle sue capacità e ai suoi canali di apprendimento efficaci e contemporaneamente l’impegno ad aiutarsi. Bisogna accompagnarli ad aprire la strada per impegnarsi come cittadini giovani del mondo di oggi, a qualsiasi livello, ognuna e ciascuno a modo proprio. Questo è lo spirito di Bimbisvegli e attraverso la sensibilità specifica dell’insegnante diventerà poi la sua versione di questa pedagogia; questo equilibrio fra l’abbraccio e la spinta nella società, fra la coccola e l’impegno, fra il sostenere e il lanciare verso la vita.