Il welfare in Italia diventa sempre più proibitivo per tante cittadine e cittadini. Non tutti ormai possono curarsi. A certificarlo non solo i soliti uffici studi delle solite organizzazioni del volontariato o del non profit, ma Itinerari Previdenziali e l’Area Studi di Mediobanca. Itinerari Previdenziali certifica che nel 2021 la spesa per welfare privato a carico delle famiglie per integrare le prestazioni pubbliche per pensioni, sanità e assistenza ha raggiunto i 101 miliardi di €, con un incremento rispetto all’anno precedente (+2,58%), tornando a crescere dopo la leggerissima flessione subita nell’anno della pandemia.

Di questi 101 miliardi di €, il 46% è destinato alla sanità, sia direttamente tramite la cosiddetta spesa out of pocket (40,6 miliardi) sia indirettamente grazie all’intermediazione da parte di casse, fondi di assistenza sanitaria integrativa, società di mutuo soccorso e Compagnie di Assicurazione (5,8 miliardi). Circa il 34% viene poi speso per la “non autosufficienza”, intesa come assistenza sia domiciliare che residenziale (33,78 miliardi); il 17% viene investito per la previdenza complementare (17,6 miliardi) e la restante quota per le protezioni assicurative individuali (3,28 miliardi).

Il Rapporto rileva che gli italiani hanno speso oltre 40 miliardi di tasca propria per la sanità privata:

nel dettaglio, 36,517 miliardi rilevati da ISTAT, cui è stata aggiunta una quota stimata per prestazioni non “in chiaro”, frequenti soprattutto per le spese di medio-basso importo. Per quanto riguarda, invece, la spesa sanitaria intermediata, i costi sostenuti per i contributi versati ai fondi sanitari integrativi e per premi di assicurazione malattia ammontano a 5,769 miliardi di €.

Abbiamo poi i 33,78 miliardi di € destinati alla gestione della non autosufficienza, intesi come costi sostenuti dai singoli e dalle famiglie per residenzialità (RSA e altro) e per assistenza domiciliare (“badanti”), oltre al totale premi per polizze assicurative LTC. Al netto dei trasferimenti pubblici per indennità di accompagnamento e sostegno alla residenzialità di cui beneficiano i fruitori di queste prestazioni, la spesa è pari a 23,05 miliardi di €.

Per quanto riguarda invece la previdenza complementare nel 2021 si registra una notevole crescita dei contributi versati dagli iscritti ai fondi pensione (6,1% contro il 2,4% del 2020), per un totale di 17,6 miliardi di €.

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Un welfare quindi sempre meno pubblico per la gioia dei privati che agiscono nel settore.

L’Area Studi Mediobanca ha pubblicato nelle scorse settimane il nuovo Report sui maggiori operatori sanitari privati in Italia, che analizza i dati finanziari dei 24 principali gruppi con fatturato individuale superiore a 100 milioni di €, rilevando che nel 2021 è cresciuto il giro d’affari dei maggiori operatori privati: +15,2% sul 2020 e +6,3% sul 2019 e nel 2022 è atteso un rialzo del 4% dei ricavi complessivi. I ricavi aggregati dei 24 operatori per i quali sono disponibili i bilanci analitici completi sono stati pari a 8,8 miliardi di €.

Le strutture sanitarie operanti in Italia nel 2021, come si evince dai dati di Mediobanca, erano complessivamente 28.980, ma più private che pubbliche (57% private e 43% pubbliche), in crescita di 2.898 unità sul 2010, cumulo dell’aumento dei presidi privati (+2.519 unità) e pubblici (+379). Nel 2021 il numero dei posti letto per degenza ordinaria a disposizione del SSN è diminuito dell’8,6% sul 2020, attestandosi a 216,3mila unità (oltre a 12.027 posti in day hospital e 8.132 in day surgery), dopo la contrazione del 12,6% tra il 2010 e il 2019 (da 217mila a 190mila unità).

Scrive l’Area Studi Mediobanca: “Per i Paesi OCSE la spesa sanitaria media pro-capite si è attestata a circa $4.350 nel 2020 (9,8% sul PIL). Nel confronto internazionale gli Stati Uniti emergono con $11,9mila per abitante (18,8% sul PIL). L’Italia si colloca sotto la media in termini pro-capite con $3,7mila, mentre risulta allineata in rapporto al PIL (9,6%). Relativamente alla sola spesa sanitaria pubblica, il nostro Paese – con il 7,3% sul PIL nel 2020 – si posiziona in Europa dietro a Spagna (7,8%), Regno Unito (9,9%), Francia (10,3%) e Germania (10,9%)”.

Aggiungendo che: “Nel 2020 il contributo dei cittadini (diretto e intermediato) alla spesa sanitaria complessiva si è attestato al 25% in Italia, rispetto al 14% in Germania, al 15% in Francia e al 19% nel Regno Unito. Il dato italiano dipende quasi integralmente dai solventi (23%), con il contributo delle assicurazioni fermo al 2%, inferiore al 5% medio per i Paesi OCSE”.

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