Sono molti e in aumento gli episodi di tensione e violenza subite dai sanitari nei luoghi di cura e degenza

Il Servizio Sanitario nazionale, che si può ormai definire “devastato” da anni di politiche di depauperamento e destrutturazione del sistema, portate avanti in modo bipartisan da tutti i Governi e Giunte regionali da oltre un decennio, sta concretamente rischiando di diventare una polveriera.

Abbiamo quindi da una parte malati che legittimamente e costituzionalmente pretendono di essere curati, dall’altra i sanitari che non sono più in condizioni di farlo. Questo sta creano moltissime tensioni. E’ normale e legittimo che malati e parenti vivano una condizione di ansia e preoccupazione, non è normale, ma anzi è dannoso, che lo stato di ansia venga fatalmente esacerbato nel momento in cui subentra la percezione che non ci sia la adeguata assistenza.

Curarsi ormai è diventato, per chi non può permettersi una sanità a pagamento, un calvario, una fonte di stress. Liste di attesa che possono davvero mettere a rischio la vita dei pazienti, attese in barella per giorni prima di poter essere ricoverati in reparto, situazioni che aggiungono sofferenza alla sofferenza della malattia per malati e parenti.

In questo scenario che di fatto sta vedendo un costante smantellamento del sistema sanitario pubblico universalistico, cosa che con tutta evidenza favorisce la sanità privata a pagamento, i malati non sono curati perché i sanitari non riescono a farlo come dovrebbero e come vorrebbero. Sono molti gli appelli dei sindacati che denunciano le enormi difficoltà che gli operatori incontrano nel lavoro di tutti i giorni, la frustrazione di non riuscire a curare i pazienti come andrebbe fatto.

Difficile pensare che il disastro al quale si sta portando il servizio sanitario pubblico non sia un preciso disegno politico volto a favorire la sanità privata che ha ampie risorse economiche.

Sulla questione delle violenze subite dai professionisti che lavorano in sanità, culminate con l’uccisione della psichiatra Barbara Capovani, l’Ordine dei Medici di Torino ha diramato un comunicato:

Il terribile assassinio della collega Barbara Capovani, psichiatra dell’Azienda Usl Toscana nord ovest, fa emergere ancora una volta in modo drammatico le condizioni di insicurezza in cui operano i professionisti della salute. Sono migliaia ogni anno le violenze fisiche e verbali subite da medici, infermieri, operatori sanitari.

Se anche può esserci un problema culturale che induce alcune persone a non riconoscere nel medico un alleato, e paradossalmente a voler fare del male a chi le cura, certamente il dissesto del servizio sanitario, con le sue inefficienze, peggiora sempre più il clima, esaspera le persone inducendole a riversare sul personale sanitario che hanno di fronte la frustrazione delle code in Pronto Soccorso, delle lunghe liste d’attesa, delle barelle nei corridoi, del fatto che “pagando si viene visitati il giorno dopo”.

Ancora più grave è la situazione di abbandono in alcuni settori del Servizio Sanitario Nazionale, come la Psichiatria, dove malati particolarmente bisognosi dovrebbero poter ricevere trattamenti tempestivi nei quali si uniscano gli aspetti medici, quelli riabilitativi, quelli sociali e quelli inerenti alla sicurezza.

Invitiamo i medici di Torino, i loro sindacati, le associazioni professionali, le società scientifiche, ad unirsi in un momento di riflessione e di commemorazione della nostra collega mercoledì 3 maggio alle ore 20 nel cortile della sede dell’Ordine dei Medici, in corso Francia 8.