ReCommon e altre 175 organizzazioni della società civile internazionale, tra cui Greenpeace, Friends of the Earth e Oil Change International, hanno reso pubblica il 27 febbraio una posizione congiunta per chiedere ai negoziatori OCSE di porre fine ai finanziamenti al settore del petrolio e del gas da parte delle agenzie di credito all’esportazione (ECAs). La petizione viene presentata una settimana prima dell’inizio del nuovo round negoziale presso l’OCSE sulle restrizioni da applicare ai sussidi climalteranti delle ECAs. L’Italia, che già in passato ha provato a minare gli impegni per il clima e l’ambiente in contesti simili, potrebbe far pendere ancora una volta l’ago della bilancia a favore del business fossile.

Nel novembre del 2021, in occasione della Conferenza sul clima di Glasgow, 34 Paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche hanno firmato un impegno congiunto – la cosiddetta ‘Dichiarazione di Glasgow’ – per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici internazionali ai combustibili fossili entro il 31 dicembre 2022. L’Italia, che condivideva con il Regno Unito la presidenza della COP26, aderì solo all’ultimo minuto.

Sette tra i principali Paesi sostenitori dell’industria fossile attraverso soldi pubblici, nonché membri dell’OCSE, hanno adottato politiche che rispettano ampiamente la promessa fatta a Glasgow: Regno Unito, Francia, Canada, Finlandia, Svezia, Danimarca e Nuova Zelanda. Altri, come Paesi Bassi, Spagna e Belgio, hanno implementato la Dichiarazione con politiche deboli, che lasciano ampi margini di supporto finanziario all’oil&gas. Ce ne sono poi alcuni che non hanno rispettato minimamente la scadenza della fine del 2022: Stati Uniti, Germania e Italia.

Questi impegni riguardano soprattutto le ECAs, cioè gli assicuratori pubblici, in quanto rappresentano i più grandi finanziatori dell’industria fossile con una media di 28 miliardi di dollari all’anno. Per quanto la Dichiarazione di Glasgow sia una pietra miliare, si tratta pur sempre di un impegno volontario e su base nazionale, politiche di implementazione comprese: è per questa ragione che la partita decisiva si gioca all’OCSE, all’interno della quale c’è uno specifico gruppo di lavoro sulle ECAs.

A ottobre 2021, l’OCSE adottò una serie di misure vincolanti per interrompere il supporto degli assicuratori pubblici al settore del carbone. Il nuovo round di negoziati sulle ECAs si terrà a Parigi tra il 6 e il 9 marzo 2023. Affinché l’accordo in seno all’OCSE possa essere approvato, è fondamentale che Stati Uniti e Unione europea siano allineati sull’obiettivo, ma al momento nessuno dei due ha intenzione di proibire in maniera vincolante il supporto delle ECAs anche al settore del petrolio e del gas.

L’agenzia di credito all’esportazione italiana è SACE, controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, che si colloca al sesto posto globale tra i finanziatori pubblici dell’industria fossile.

Fra il 2016 e il 2021, SACE ha emesso garanzie (assicurazioni sui progetti o garanzie sui prestiti per la realizzazione dei progetti) per il settore oil&gas pari a 13,7 miliardi di euro, che rappresentano una fetta importante dei sussidi ambientalmente dannosi italiani.

Il più delle volte, le multinazionali italiane e SACE, si sono inserite in contesti attraversati da forti instabilità socio-politiche, acuendole, oppure hanno operato a stretto contatto con i governi che le alimentano. In entrambi i casi l’industria del petrolio e del gas ha un ruolo da protagonista, come nel caso della Federazione russa, del Mozambico e dell’Egitto.

A novembre 2022, l’Italia aveva già provato a indebolire una posizione comune sulle restrizioni al comparto fossile presso l’Export Finance for Future, coalizione internazionale che si pone l’obiettivo di allineare i finanziamenti degli assicuratori pubblici all’Accordo di Parigi. In quello stesso mese, proprio SACE veniva nominata a capo del gruppo di lavoro sulle ECAs presso l’OCSE: una scelta che getta ombre sul buon esito dell’incontro, alla luce del ruolino di marcia fossile dell’agenzia.

«L’Italia è già in ritardo di due mesi con l’attuazione della Dichiarazione di Glasgow. Attraverso SACE il Paese è divenuto il primo finanziatore pubblico europeo dell’industria fossile, consentendo lo sviluppo di opere strategiche per la Federazione Russa, per non parlare dei progetti di gas naturale liquefatto nel martoriato Mozambico», ha dichiarato Simone Ogno di ReCommon. «Ora siamo costretti a sopportare che SACE presieda il Gruppo di lavoro dell’OCSE sulle ECAs e di conseguenza il prossimo round negoziale sulle restrizioni a petrolio e gas. L’Italia e SACE devono porre porre fine a questa farsa una volta per tutte, implementando la Dichiarazione di Glasgow e facilitando i negoziati all’OCSE», ha concluso il campaigner di ReCommon.