I genitori degli studenti dell’Einstein non ci stanno e chiedono un confronto con Dirigente, Vicepreside e Collegio d’Istituto

Durante i consigli di classe straordinari nei quali sono state intraprese azioni disciplinari nei confronti di alcuni studenti che hanno preso parte all’occupazione della sede di via Bologna, abbiamo ascoltato le dichiarazioni dei genitori dei ragazzi che si sono dichiarati molto contrariati rispetto a ciò che stava accadendo.

Come si poteva facilmente prevedere la questione sta assumendo aspetti di rilievo, viste le dichiarazioni del Dirigente Chiauzza e il “muro contro muro” messo in atto dall’Istituto.

La questione è delicatissima in quanto lascia presagire una criminalizzazione di fatto delle proteste studentesche in un clima politico sempre più teso ad un’assimilazione del conflitto sociale a fenomeni di terrorismo.

La tensione nelle scuole è sempre più elevata, date anche le dichiarazioni di Valditara, le ultime sulla Dirigente Savino, reputate da molti “sconsiderate” e che lasciano supporre a tentativi di “normalizzazione” dell’istruzione, di fatto contrarie all’Art. 33 della Costituzione.

In queste situazioni che colpiscono l’autonomia scolastica la risposta dei sindacati confederali appare quanto mai priva di incisività, efficacia e soprattutto di mobilitazione.

Resta da capire, e probabilmente emergerà, la reale posizione dei Docenti dell’Einstein, di quanto e come l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte e l’Ufficio Scolastico Territoriale V salvaguarderanno l’autonomia dei Docenti da eventuali indebite pressioni.

Ora anche i genitori si cominciano a pronunciare pubblicamente.

Il testo del comunicato:

Alla Dirigenza del liceo Einstein

Alla vicepresidenza

Ai rappresentanti dei genitori nel Consiglio di Istituto

Cos’è la scuola?

Per noi, genitori di alcuni studenti dell’Einstein, è il luogo dove allievi e insegnanti creano il contemporaneo inteso come scambio proficuo di saperi, conoscenze ed esperienze, che va ben oltre l’apprendimento di nozioni e materie scolastiche. Compito della scuola superiore, a nostro parere, è la formazione di giovani cittadini che siano in grado di ragionar da sé e siano interessati a migliorare il mondo che abiteranno, non solamente ad accettarlo con rassegnazione. Gli strumenti di analisi della società, la curiosità, l’entusiasmo, la vivacità intellettuale ed umana, la capacità di collaborazione, di partecipazione, di discussione: queste sono le importantissime basi che dovrebbe offrire la scuola.

Noi questo lo vediamo nei nostri figli, gli occupanti. Vediamo quello che hanno imparato a scuola, dai loro insegnanti e la loro voglia di conoscere di più. Nel calendario fittissimo di attività organizzate dai ragazzi in quei giorni troviamo temi di loro interesse che a scuola non hanno spazio: dalla storia contemporanea, all’attualità, alla musica, alla politica.

Sì. La politica, nei contenuti e nella forma. I nostri figli hanno sperimentato, certo in maniera un po’ acerba, in linea con la loro età, che cosa vuole dire organizzare spazi e tempi collettivi e hanno scelto come farlo e di che cosa occuparsi. I nostri figli non erano lì a occupare una scuola (muri, aule, scale), erano lì ad occuparsi del proprio futuro, in una maniera, una forma che nessuno offre loro mai. Erano lì perché vogliono essere protagonisti attivi della propria vita e quale sede migliore per esprimere le proprie idee, per costruire reti sociali se non la scuola, dove tutto ci  che imparano (dalla filosofia, alla storia, alla letteratura, alla fisica…) è un meccanismo per ragionare? A noi sembra che una scuola che punisce i ragazzi che dissentono, che protestano organizzando momenti di discussione e riflessione sia una scuola che si ritorce contro la sua stessa natura.

I ragazzi che hanno scelto l’autogestione al posto della partecipazione al Labdem sono stati una minoranza, è vero. Consapevoli di ci  hanno comunque deciso di dar voce alla propria protesta e di assumersene la responsabilità. La domanda che a noi sembra doveroso fare è: quanta partecipazione attiva e consapevole c’è tra gli studenti all’interno dell’Istituto?

Chiamati a scegliere, tramite votazione, tra Labdem ed autogestione il 40% di loro non si è neanche espresso. A nostro avviso questo disinteresse è un sintomo di quanto il sistema-scuola, in questo Istituto, non riesca a generare né interesse né stimoli, quasi come se la partecipazione e il sentimento di appartenenza alla comunità scolastica siano sentimenti estranei alla loro vita.

Crediamo che questo aspetto andrebbe analizzato da chi dirige l’Istituto che dovrebbe cercare le motivazioni di questo disinteresse nei confronti del mondo esterno, lo stesso di cui la scuola dovrebbe farsi tramite e di cui dovrebbe fornire chiavi di lettura.

Cos’è la violenza?

I ragazzi che hanno occupato la sede di via Bologna sono stati additati come violenti e fannulloni dalla stampa a cui si è rivolto il Dirigente per svariate interviste ed esternazioni. È stato facile giustificare quell’affermazione con qualche foto di assembramento davanti ai cancelli di via Bologna. Ma a noi genitori quell’interrogativo è rimasto, anzi ha continuato a crescere in testa: cos’è la violenza? È un atto prettamente fisico o ne esiste un’altra, più subdola, verbale e psicologica, che usa strategie provocatorie per creare divisioni, paura e insicurezze?

È nei corpi dei ragazzi che fanno picchetto davanti ai cancelli o nella lettera di convocazione del Consiglio di classe straordinario per provvedimenti disciplinari consegnata a mano ai quattro ragazzi convocati davanti a tutti i loro compagni? Dove sta la violenza: nei ragazzi che hanno usato, beninteso in maniera illecita, un plesso scolastico restituendolo pulito, lasciando i fiori al personale ATA, tornando di corsa due ore a casa per studiare matematica, offrendo, a occupazione finita, la colazione ai compagni che non avevano partecipato per tentare di instaurare un dialogo, di stemperare le divisioni o in un Dirigente che quelle divisioni fomenta e crea usando mezzi subdoli e provocatori, alimentando in maniera irresponsabile la tensione? E oltretutto, ci chiediamo, è questo il comportamento di un adulto che occupa il grado di dirigente in un liceo? Che esempio educativo dovrebbero trarne i suoi studenti? Che è lecito fomentare odio per poi punire?

Ancora, non c’è violenza nel gesto dell’insegnante che si mostra interessata e amichevole in classe solo per stilare l’elenco di nomi degli “occupanti” da consegnare al Dirigente? In quelli che pretendono i nomi in maniera poliziesca o che in classe li sbeffeggiano chiamandoli rivoltosi, bamboccioni, dicendo loro “Il 6 in condotta non ve lo toglie nessuno”?

Nel Dirigente stesso quando interrompe le lezioni, e in alcune classi addirittura delle verifiche, invitando gli studenti a partecipare al sit-in contro l’occupazione dove si era premurato che ad attenderli ci fossero giornalisti e fotografi? Nella sua risposta sistematicamente ostile verso gli studenti del Collettivo quando chiedono un’aula in cui riunirsi, a cui non manca mai di sottolineare che il loro impegno, le loro assemblee sono solo una perdita di tempo?

Siamo preoccupati dal clima che si è creato a scuola.

Il Dirigente ad oggi non ha ancora trovato un momento di dialogo né di comunicazione con le famiglie, disattendendo il Patto Educativo sottoscritto con esse; quando, durante lo svolgimento dei tre consigli di classe straordinari i genitori dei quattro ragazzi convocati hanno chiesto di partecipare come uditori, invece di dialogare con loro ha preferito chiamare la polizia che ha sostato armata davanti alla scuola e nell’atrio per l’intero pomeriggio; ha contribuito con le ripetute richieste di intervento da parte delle forze dell’ordine e le numerose esternazioni e dichiarazioni alla stampa alla pericolosa e sovradimensionata esposizione mediatica che hanno subito i ragazzi, molti dei quali minorenni; riteniamo che questa sia stata una scelta altamente irresponsabile nei confronti della privacy e dell’incolumità dei ragazzi; inoltre consideriamo grave che si sia anteposto l’aspetto mediatico della situazione, in gran parte contribuendo a crearlo, alla sua gestione secondo quella che è la competenza specifica della scuola: quella educativa.

In ultimo, abbiamo appreso che il Collegio Docenti ha deciso di punire con il 6 in condotta tutti i partecipanti all’occupazione e anche in questo caso il Dirigente ha preferito farne dichiarazione alla stampa piuttosto che informare le famiglie, disattendendo nuovamente il Patto Educativo. Posto che viviamo questa decisione come un atteggiamento punitivo e come una vera e propria forma di repressione, ci chiediamo con quale criterio saranno individuati i ragazzi a cui verrà assegnato il 6 in condotta.

Sarà individuato chi è apparso in foto? E chi non è stato fotografato? E chi passava di lì a salutar gli amici? A buttare un occhio? E poi, come la mettiamo con la privacy?

L’occupazione, che poteva diventare uno strumento di confronto e di crescita per tutti – studenti, insegnanti, dirigente e genitori – ha invece evidenziato una situazione difficile in cui, a nostro parere, occorre ristabilire il dialogo tra tutte le parti. È chiaro che è venuta meno anche la comunicazione più semplice.

Per questo chiediamo un incontro con la dirigenza che auspichiamo possa avvenire in tempi brevi.

C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà”

Salutiamo con queste parole di Albert Einstein e speriamo che la volontà di cui parla sia in questa occasione una volontà collettiva.

Un gruppo di genitori degli studenti dell’Einstein