« L’ex leadership di Twitter ha ridotto il dibattito pubblico; ha tracciato linee arbitrarie su ciò che è falso e ciò che è reale. Musk dice che non lo farà ».

Così, grosso modo, conclude un articolo sul “The Free Press” [1].

L’incipit è entusiasmante:

« All’ora di cena del 2 dicembre, ho ricevuto un messaggio da Elon Musk, (…) il proprietario di Twitter. Ero interessato a guardare gli archivi di Twitter, ha chiesto. E quanto presto potrei arrivare al quartier generale di Twitter? Due ore dopo, ero su un volo da Los Angeles a San Francisco ».

In sostanza Elon Musk metteva a disposizione di una serie di giornalisti indipendenti gli archivi interni di Twitter. Perché il nuovo proprietario di Twitter lo abbia fatto resta un mistero.

« Il nostro obiettivo era semplicemente quello di capire cosa fosse successo nei momenti cruciali della storia del Paese », spiegano.

Le richieste della FBI a Twitter per cancellare i post non graditi

Da allora, prima su Twitter e poi sul loro giornale, questi giornalisti d’inchiesta stanno pubblicando decine di immagini, di “screenshot”, di mail e post del social che dimostrano una manipolazione dei servizi statunitensi, ovvero FBI, CIA, e NSA sull’informazione condivisa su questo social.

Prove documentali che mostrano come una “manina” complottava:

  • contro il presidente Trump – dando meno visibilità al suo account prima di cancellarlo inventandosi una nuova “regola” ad personam -,
  • contro medici e giornalisti – dall’epidemiologo e già docente di Harvard Martin Kulldorff allo scrittore ed ex redattore del NY Times Alex Berenson – che mostravano di non condividere la versione ufficiale della pandemia e della campagna di vaccinazione, etc.

Twitter – ma così pure Facebook, Google e gli altri –, ribadisce David Zweig [3] [4], uno dei giornalisti del gruppo, ha operato « censurando informazioni vere ma scomode per il governo degli Stati Uniti, screditando medici e altri esperti che non erano d’accordo, cancellando account di utenti ».

Il primo emendamento della Costituzione? Nulla di “assoluto”!

Il tutto in chiara violazione del primo emendamento della Costituzione statunitense:

« Il Congresso non potrà fare alcuna legge (…) per limitare la libertà di parola o di stampa ».

Matt Taibbi così scrive in proposito sui Twitter Files [2]:

Il primo emendamento? Un articolo costituzionale che si può violare, « non è assoluto » secondo Carl Szabo che riporta in una mail la volontà del Partito Democratico di Biden.

#TwitterFiles: Segui i soldi e trovi il mandante della manipolazione

Tutto ciò perché? Solo per i soldi!

« Twitter è stato risarcito per le “richieste di elaborazione” dall’FBI: $ 3.415.323 da ottobre 2019! », spiega un altro componente del gruppo d’inchiesta, lo scrittore Michael Shellenberger [5].

Ma Shellenberger non si limita a scrivere: pubblica proprio la mail che riporta di questo … « programma di rimborso ».

Una sintesi più completa dei #TwitterFiles è reperibile sul blog di Matt Taibbi su SubStack [6].

Il silenzio dei media mainstream sullo scandalo #TwitterFiles

Non si tratta di un caso, questo dei #TwitterFiles, che possa paragonarsi per dimensioni a quelli divulgati da Julian Assange con Wikileaks o da Edward Snowden che denunciò per primo del programma “Prism, ma è la conferma che l’intromissione dei servizi americani nei programmi di sorveglianza e di manipolazione continua.

E’ chiaro che nel programma di “rimborso” sono coinvolti i media di ogni livello. Lo dimostra il fatto che dei #TwitterFiles non sembra interessare ai media mainstream, neanche a quelli italiani.

Fonti e Note:

[1] The Free Press, 15 dicembre 2022, Bari Weiss, “Our Reporting at Twitter”.

[2] Due post su Twitter, entrambi del 3 dicembre 2022, profilo di Matt Taibbi. Reperibili qui e qui.

[3] Twitter, 26 dicembre 2022, profilo di David Zweig

[4] The Free Press, 26 dicembre 2022, David Zweig, “How Twitter Rigged the Covid Debate”.

[5] Twitter, 19 dicembre 2022, profilo di Michael Shellenberger.

[6] Substack, blog Matt Taibbi, “Capsule Summaries of all Twitter Files Threads to Date, With Links and a Glossary”.

L’articolo originale può essere letto qui