Un anno fa tornava la guerra in Europa, anche se è impossibile dimostrare che gli altri settanta conflitti armati dimenticati in corso nel mondo non abbiano a che fare con i paesi europei. Nel vasto, eterogeneo e poco raccontato arcipelago di chi si ostina a occuparsi di educazione alla pace è riemerso il bisogno di un’idea ampia e al tempo stesso profonda di nonviolenza, con il suo ricco patrimonio di storia e di pensiero critico da cui attingere. Nonviolenza prima di tutto come gestione del conflitto, nonviolenza come processo quotidiano con cui rifiutare di trasformarsi come coloro che agiscono la violenza e con cui rimettere in discussione il ritorno del mito della guerra giusta. Ma anche nonviolenza come partecipazione, quella, ad esempio, di realtà che autogestiscono spazi sociali, quella dei gruppi di donne e di uomini che mettono in discussione l’ordine patriarcale, quella delle scuole aperte e partecipate… E, ovviamente, nonviolenza come disarmo, smilitarizzazione dei territori, opposizione agli eserciti, diserzione, obiezione.

Intorno a questa idea aperta di nonviolenza, non priva di limiti, sono numerose le esperienze che in questo momento promuovono percorsi importanti nei territori, soprattutto, in ambiti educativi.

Il MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) e la FIMEM (Federation Internationale des Mouvement d’Ecole Moderne), in occasione della giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza del 20 novembre scorso, ad esempio, hanno organizzato l’iniziativa Diritto alla Pace per l’Infanzia e l’Adolescenza. L’idea era di proseguirla in diversi modi in questi mesi. In primavera è previsto un grande incontro online con insegnanti e studenti di scuole di tutto il mondo: l’appuntamento è rivolto anche a tutte le scuole di ogni ordine e grado italiane e, tramite la FIMEM, agli insegnanti di “scuola attiva” delle diverse parti del mondo (le documentazioni delle attività sono consultabili qui).

Non si è mai fermato, in questi mesi, il viaggio straordinario della Carovana dei pacifici, rivolto ai bambini e alle bambine, ma anche agli adulti, e nato da un’idea di Roberto Papetti. Si tratta, come raccontato più volte su Comune-info, di una campagna che ha preso forma a Drizzona, nella cascina di Mario Lodi – grazie in particolare a Luciana Bertinato e Emanuela Bussolati – alla quale hanno aderito centinaia di scuole di tutte le regioni. Le classi hanno avviato un percorso tra letture, confronti, ricerche, creazione dei pacifici (a partire da una sagoma di cartoncino), condivisione nei territori (qui tutte le informazioni per partecipare). I promotori della Carovana, in collaborazione con la rivista Cem Mondialità, hanno anche curato uno splendido dossier dal titolo Pedagogie di pace, che raccoglie, segnala e propone materiali per la promozione della pace a uso e sostegno degli educatori e degli insegnanti, riprendendo e approfondendo il pensiero, tra gli altri, di Aldo Capitini, Gandhi, Maria Montessori, Emmanuel Lévinas, Ernesto Balcucci (leggi Quattro vie per l’educazione alla pace).

L’associazione Gessetti colorati, nata dieci anni fa da un gruppo di insegnati del Piemonte, invece, a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, propone alle scuole di produrre un elaborato grafico o testuale sul tema della guerra. Le classi interessate dovranno inviare il loro contributo entro il 3 marzo. Alle prime venticinque classi che si registrano all’iniziativa e che avranno inviato il proprio lavoro entro febbraio verrà spedita in omaggio una copia del volume Gianni Rodari La luna di Kiev (volume adatto anche i bambini e alle bambine di cinque anni). Tutti i materiali verranno tutti pubblicati nel sito della Associazione e presentati in un incontro che si svolgerà il 9 marzo a Ivrea, in cui è previsto l’intervento di Walter Fochesato, uno dei massimi esperti di letteratura per l’infanzia e autore del recente volume Raccontare la guerra. Libri per bambini e ragazzi. Per partecipare all’iniziativa occorre iscriversi in questa pagina.

Alcuni punti di riferimento per approfondire i temi dell’educazione alla nonviolenza – recuperando prima di tutto la storia di movimenti, donne e uomini che hanno avviato processi di liberazione senza far ammazzare le loro stesse genti – restano, con i loro ricchi archivi, il Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (www.cppp.it), il Movimento nonviolento (e la sua rivista Azione nonviolenta) e l’associazione Peacelink (www.peacelink.it). A proposito di archivi: alle azioni di protesta nonviolenza in Ucraina e Russia è dedicato lo spazio web curato su Comune-info da Bruna Bianchi, Voci di pace, dove emerge la forza prima di tutto dei movimenti delle donne.

Si rivolgono, infine, soprattutto a ragazzi e giovani le iniziative di associazioni come Acmos, di ong come Unponteper e di diverse organizzazioni che gestiscono il servizio civile. A Roma, ad esempio, alcun enti (tra cui CESC Project Archivio Disarmo, Caritas, Arci Servizio Civile Nazionale, Unponteper) hanno fatto nascere da poco il coordinamento Le Vie della Nonviolenza: 71.550 ragazze e ragazzi residenti in Italia – dunque anche ragazzi e ragazze di altre nazionalità – avranno infatti la possibilità nei prossimi mesi di sperimentarsi nel Servizio Civile Universale (quello aperto fino all’11 febbraio è il bando con il numero più alto di posti di sempre, se parla qui). Intanto, nelle scuole superiori di Torino dove ha avviato alcune esperienze di scuole aperte e partecipate, Acmos in queste settimane sta incontrando ragazzi e ragazze per raccontare il viaggio di solidarietà fatto a inizio gennaio in Ucraina (leggi Tra la gente di Mykolaïv). Unponteper, invece, è tra le organizzazioni europee più impegnate per difendere disertori e obiettori di coscienza russi e ucraini – in gran parte giovani poco più che ventenni – ai quali viene chiusa perfino la porta dell’asilo europeo.

Ha scritto Hannah Arendt: “La guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri”.