Dopo il golpe di destra in Perù e le ondate di proteste contro la destituzione di Castillo resta da domandarci perché Pedro Castillo fosse così scomodo alle elite occidentali.

Sicuramente le risposte sono molteplici, ma possiamo individuare dei punti di svolta nella sua politica e nel suo governo che hanno aperto le strade altre possibilità per il Perù.

Sicuramente il suo essere socialista ed antimperialista è il primo segnale di pericolo in un continente come quello latinoamericano dove in questi anni la sinistra e i movimenti sociali sono ritornati ad avere un ruolo fondamentale anche nei governi in Bolivia, Venezuela, Guyana, Cile, Argentina e Nicaragua oltre alla Cuba rivoluzionaria. Oltre a questo vi sono però degli eventi che hanno segnato profondamente il suo governo socialista:

A novembre 2021, Pedro Castillo ha nominato come Ministro dell’Interno l’avvocato Avelino Guillén, che ha prestato servizio come pubblico ministero nel processo in cui l’ex presidente dittatore filostatunitense Alberto Fujimori (1990-2000) è stato condannato a 25 anni di carcere per crimini contro l’umanità nel 2009, incarico che gli è valso il riconoscimento di essere nominato nel 2008 dal quotidiano spagnolo El País come una delle 100 personalità più importanti del mondo quell’anno .

Nello stesso mese si era celebrata una giornata storica, la consegna del vecchio Blocco 1 alla società statale degli idrocarburi, che lo ha recuperato per produrre petrolio greggio dopo oltre 25 anni di privatizzazioni: “Oggi cambiamo la storia, facendo il grande passo per il ritorno di Petroperú alle attività produttive. Questa misura avrà -nel prossimo futuro- un impatto significativo sui prezzi di vendita dei combustibili che Petroperú produrrà per rifornire il mercato nazionale, a beneficio di milioni di famiglie peruviane” – aveva dichiarato il presidente durante una cerimonia tenutasi nella provincia di Talara, nel nord della costa peruviana.

La Petroperù era nata nell’ottobre 1969 dopo la nazionalizzazione della International Petroleum Company, filiale della statunitense Standard Oil, per opera del governo del generale Juan Velasco. In seguito fu privatizzata sotto il governo neoliberista filostatunitense del dittatore Alberto Fujimori (1990-2000), che vietò all’azienda statale di fare esplorazioni ed estrarre petrolio. Dopo vent’anni, Castillo ha segnato la ripresa dell’attività produttiva di Petroperú, consegnando il Blocco 1 con capacità produttiva di 500 barili di greggio al giorno attraverso 90 pozzi producendo anche gas liquefatto. Castillo aveva sottolineato come ciò avrebbe consentito di rifornire alla nuova raffineria di Talara, con una capacità di lavorare 95.000 barili di greggio al giorno, la produzione di combustibili con un minimo effetto inquinante. Petroperú inoltre avrebbe presto avuto l’accesso ai blocchi petroliferi 192 e 74, nel nord del Paese, per scopi di esplorazione e produzione, anche per la nuova raffineria.

L’azienda Petroperù aveva in programma da diversi anni il completo recupero di tutte le fasi del business petrolifero, ma solo con Castillo è riuscito ad assumersi l’impegno di continuare a sviluppare importanti progetti per aumentare la propria presenza nel mercato del gas di petrolio liquefatto, a prezzi inferiori con un notevole vantaggio per la popolazione. Il governo di Castillo era determinato a continuare a promuovere un mercato dei combustibili con prezzi equi e accessibili, attuando una nuova politica di massificazione del gas domestico in tutte le case del Paese, contrariamente a quanto avveniva prima dove il gas peruviano veniva estratto a prezzo economico dalle multinazionali private, che lo rivendono ai cittadini ad un prezzo addirittura superiore a quello che pagano gli abitanti delle nazioni vicine. Non solo, dopo 100 giorni di governo, Castillo ha fatto un celebre discorso in cui prendeva posizioni ferree contro un certo tipo d’establishment:

“Sin dai primi giorni della campagna elettorale e dall’inizio di questo governo, mi hanno chiamato “comunista” utilizzando il termine come un insulto e dicevano che gli avrei portato via le loro proprietà. Domando: sono passati 100 giorni di governo, ho portato via a qualcuno la casa, i risparmi, oppure ho espropriato qualcuno? Erano le solite bugie della destra per vincere le elezioni. Quello che invece stiamo facendo è iniziare a dare un nuovo impulso al lavoro rurale, all’accesso al credito, al supporto tecnico collettivo, agli acquisti di cibo con denaro pubblico, alla semina e alla raccolta dell’acqua. Sono più di 2 milioni gli uomini e donne rurali abbandonate in questi decenni e noi metteremo l’agricoltura al posto che le spetta.
Con la multinazionale del gas di Camisea è iniziato l’iter per la rinegoziazione del contratto del gas.

Il gas per le famiglie peruviane deve essere disponibile e ad un prezzo economico. Sarà presentato al Congresso un disegno di legge per vietare alle persone che hanno un’accusa per reati fiscali di essere candidati. Dobbiamo ripulire la politica, i peruviani sono stanchi di persone accusate di atti di corruzione che partecipano alla politica (…). Mai più accusati o condannati per atti di corruzione o capi di bande criminali devono partecipare alla politica. Metteremo in vendita l’aereo presidenziale per destinare le risorse della vendita e del risparmio futuro alla salute e all’istruzione dei bambini e delle bambine del Perù, inoltre una norma che firmerò oggi stesso vieterà ai funzionari governativi di viaggiare in aereo in prima classe. In un governo del popolo i funzionari devono viaggiare come qualsiasi cittadino della Patria. Da quando ho iniziato il mio mandato ho visto che molti funzionari pubblici hanno troppi privilegi e questo non va bene.
L’attuale salario minimo, fissato in 930 soles, sarà aumentato a 1.000 soles in un quadro positivo per l’economia con il ministero dell’Economia e delle Finanze che ha previsto che quest’anno l’economia peruviana crescerà del 10,5%, la Banca Centrale di Riserva stima che sarebbe dell’11,9% e molti analisti pensano che supererà il 12%” .

Durante la campagna elettorale, Castillo aveva promesso di aumentare le tasse alle multinazionali minerarie e di utilizzare quei fondi per aumentare gli investimenti in sanità, istruzione e ridurre la povertà, in un Paese che è il secondo produttore di rame al mondo e dove l’estrazione mineraria rappresenta il 60 % del totale delle esportazioni. In precedenza, in riferimento all’accelerazione dell’inflazione in Perù, secondo quanto riferito, sarebbe già stata costituita un’apposita commissione per valutare le misure a fronte del recente aumento dei prezzi di alcuni alimenti e prodotti di base come il gas domestico, oltre al il deprezzamento del sol, la moneta nazionale, ai minimi storici nei confronti del dollaro a causa in gran parte della speculazione politica messa in parte dagli ambienti finanziari legati alla destra per spaventare l’elettorato in previsione di un governo Castillo.

Ad agosto 2021, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva informato di voler iniziare a riscuotere tutti i debiti milionari che le società avevano con la Soprintendenza Nazionale delle Dogane e dell’Amministrazione Tributaria SUNAT. E così due colossi minerari privati (uno di essi per il 53%, di proprietà statunitense) che avevano contratto debiti fiscali milionari ma mai riscossi dai precedenti governi, hanno finalmente pagato quanto dovuto.

A darne notizia erano state Prensa Latina e HispanTV, secondo le quali si trattava della società Miniere Buenaventura, che doveva 521 milioni di dollari allo Stato peruviano, e della società mineraria Cerro Verde che sfrutta i giacimenti di rame nella regione di Arequipa. Quest’ultima è indebitata con lo Stato di 245 milioni di dollari, e si trovava al centro di una inchiesta giudiziaria. Cerro Verde genera il 2% del Prodotto Interno Lordo del Perù dalla miniera di rame che gestisce e il pagamento corrisponde alle tasse rivendicate dallo Stato dal 2009 al 2013 e alle rispettive multe che la multinazionale non ha mai pagato durante i precedenti governi filostatunitensi . A giocare un ruolo fondamentale sono state inoltre le dimissioni indotte dell’ex-neoministro degli esteri Béjar per essere entrato nel mirino della destra peruviana dopo le sue dichiarazioni sull’eventuale uscita del Perù dal Gruppo di Lima e l’adesione del Paese al movimento per chiedere la fine delle sanzioni USA contro il Venezuela Bolivariano.

La decisione di Castillo di chiudere il nefasto Gruppo di Lima e stabilire un dialogo positivo con i Paesi progressisti del continente appare una minaccia insopportabile per l’oligarchia locale e le multinazionali statunitensi, oltre che per gli speculatori finanziari che sul Perù hanno realizzato colossali margini. L’aver indotto alle dimissioni Bejart era stato letto da alcuni analisti come un tentativo della destra peruviana di rivoltare attraverso un “golpe blando” il risultato delle urne già ad agosto 2021. Come osservatori ed analisti ci chiediamo se fossero le sole iniziative del nascente governo socialista di Castillo a dare fastidio a qualcuno che ancora considera l’America Latina come il “proprio giardino di casa”.