Roma, 12 dic. – E’ attraverso le parole di una canzone che si “può trovare la pace e il coraggio di perdonare e che si può ricordare un caro scomparso o ucciso al quale non si è potuta dare sepoltura”.
E’ la forza della creatività, in definitiva, “che può mandare un messaggio di pace e guardare a un nuovo capitolo” nella sofferta storia del Sud Sudan, il Paese più giovane del mondo.
James Sekwat, coordinatore dell’organizzazione di attivisti e creativi sud-sudanesi AnaTaban (Non ne possiamo più) lo sottolinea in un video messaggio per l’agenzia Dire, lo sguardo luminoso e fisso in camera.
La sua organizzazione ha lanciato in questi giorni una canzone, Disappear, letteralmente ‘scomparire’, che è parte di un progetto dedicato alla memoria delle centinaia di migliaia di persone che sono morte o scomparse a partire dal 2013, anno di inizio della guerra civile che in Sud Sudan è terminata nominalmente con due accordi, prima nel 2018 e poi nel 2020.
Le conseguenze politiche e sociali del conflitto, però, segnano ancora il Paese: secondo le Nazioni Unite, circa il 76 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, mentre si verificano con frequenza scontri letali fra comunità.

Il numero di persone uccise durante la guerra, scoppiata fra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle leali al suo vice Riek Machar due anni dopo l’indipendenza ottenuta dal Sudan, varia a seconda delle fonti.
Solo fra il 2013 e il 2016, il periodo preso come principale riferimento dagli attivisti di AnaTaban, per l’Onu almeno 50mila persone sono morte a causa dei combattimenti.
Una stima del London School of Hygiene and Tropical Medicine ha quantificato in 383mila il numero di vittime collegate direttamente o causate indirettamente dalle ostilità.
Le persone delle quali si sono perse le tracce durante il conflitto, secondo il Comitato internazionale della Croce rossa sarebbero almeno 5.700, stando a numeri pubblicati ad agosto.
“Di tanti non si conosce la storia, non si sa dove si trovano;
vorremmo tanto tornare a riascoltare la loro voce e dare loro un ultimo saluto”, dice Sekwat, che aggiunge: “Nel Paese c’è un grande numero di persone che vorrebbe dare degna sepoltura ai suoi cari, ma di questi non si trova più nulla per colpa della guerra, neanche le ossa”.

Da qui allora, da questa sofferenza, “l’idea di scrivere una canzone per ricordare queste persone ma anche per mandare un messaggio per la pace a tutti gli abitanti e le comunità del Sud Sudan”, spiega il coordinatore di AnaTaban, un’organizzazione creata da giovani artisti che afferma di basarsi su cinque principi chiave: solidarietà, coraggio, integrità, diritti di cittadinanza e non allineamento politico.
“Alle persone che non sanno dove si trovano i loro cari”, prosegue Sewkat, “con la nostra canzone vogliamo dire: perdona e vai avanti e butta via la rabbia e la voglia di vendetta, è il momento per noi di aprire un nuovo capitolo, l’acqua che cade sulla sabbia non può essere raccolta”.
Disappear, interpretata da alcuni “fra i più talentuosi cantanti sud-sudanesi”, da Single Dee a Yanas, è stata lanciata anche con un video.
“La musica, l’arte e la creatività mandano messaggi molto forti, più di qualsiasi altra cosa” spiega il coordinatore. “Questa convinzione è parte della nostra cultura se in un villaggio c’è una persona che non si comporta in modo corretto ma che è molto forte, le persone per affrontarlo decidono spesso di scrivere una canzone su di lui”.
Uno strumento che può essere usato anche per far fronte alle difficoltà del Sud Sudan intero.
“Ci sono tutta una serie di cose che non vanno bene ma spesso le classiche manifestazioni non funzionano”, scandisce Sewkat, che poi incalza: “Componi un brano, scrivi una poesia, fai un dipinto, realizza un vestito tipico della tua cultura: sono tutti mezzi molto forti”.
Il coordinatore conclude: “La canzone che lanciamo è solo l’inizio, vogliamo anche fare un film sulla storia del nostro Paese: oggi cominciamo con questo primo passo”.

(Vincenzo Giardina, DIRE Esteri)