Nella maggior parte dei Paesi a prevalenza musulmana esistono forti restrizioni al dissenso religioso. Questo problema è legato all’alleanza tra autorità religiose e politiche. Ritengo che l’alleanza tra gli studiosi islamici (gli ulema) e le autorità statali sia stata costruita storicamente, anziché essere una peculiarità dell’Islam. Di conseguenza, l’idea semplicistica secondo cui l’Islam rifiuta in modo assoluto la separazione tra religione e Stato, mentre il Cristianesimo la approva, è fuorviante.  Questo articolo mostra invece che l’alleanza ulema-Stato nel mondo musulmano è stata costruita dopo la metà dell’XI secolo, oltre a rivelare che anche la separazione tra Chiesa e Stato nell’Europa occidentale è stata storicamente istituzionalizzata in quel periodo. Utilizzando metodi storico-comparativi, l’articolo spiega il contesto politico e socioeconomico di queste trasformazioni epocali. Si sofferma in particolare sulle relazioni tra classi religiose, politiche, intellettuali ed economiche.

Introduzione

La maggior parte dei Paesi a maggioranza musulmana ha seri problemi di libertà di dissenso religioso. Due terzi dei 49 Paesi a maggioranza musulmana nel mondo hanno leggi che puniscono l’apostasia o la blasfemia (abbandono o insulto dell’Islam) in vari modi, dal carcere all’esecuzione. In un recente rapporto, il Pew Research Center documenta le restrizioni religiose in tutto il mondo. Sebbene i Paesi a prevalenza musulmana rappresentino solo un quarto di tutti i casi riportati nel rapporto, essi costituiscono oltre i tre quarti dei casi “con le leggi e le politiche più restrittive nei confronti della libertà religiosa”.

La libertà religiosa richiede un certo livello di separazione tra religione e Stato. Se lo Stato impone pienamente una particolare religione, ciò implica inevitabilmente discriminazioni legali, economiche e discorsive nei confronti di chi non segue quella religione. Tale istituzione implica restrizioni anche per coloro che seguono e praticano la religione stabilita, ma in modo diverso da quello definito dallo Stato. Secondo una nota percezione, l’Islam rifiuta intrinsecamente la separazione tra religione e Stato. Se questo è vero, nel mondo musulmano è impossibile raggiungere pienamente la libertà religiosa, in particolare per coloro che hanno opinioni dissenzienti.

Secondo questa percezione, il cristianesimo abbraccia essenzialmente la separazione tra religione e Stato, mentre l’Islam la rifiuta. Coloro che promuovono questa percezione forniscono alcune prove testuali. Citano una frase biblica, “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Luca 20, 25), per dimostrare la separazione tra Chiesa e Stato nel cristianesimo. E citano erroneamente il Profeta Maometto attribuendogli una massima: “La religione e l’autorità reale sono gemelle. La religione è un fondamento e l’autorità reale è una guardia. Tutto ciò che non ha fondamenta crolla e ciò che non ha guardia perisce”. In realtà, questa massima appartiene al re fondatore dell’Impero sasanide, Ardashir I (224-42). Molti dei detti di Ardashir sono stati tradotti in arabo e questo in particolare è stato utilizzato per giustificare la partnership tra gli studiosi islamici (gli ulema) e i governanti musulmani, o quella che io chiamo l’alleanza ulema-Stato.

Anche se questa affermazione fosse stata un vero hadith, cioè una traccia delle parole e delle azioni del Profeta Maometto, non avrebbe avuto molta importanza, perché le relazioni religione-Stato sia nel Cristianesimo che nell’Islam sono troppo complesse per essere spiegate da una frase biblica o da un hadith. Questo articolo mostrerà tale complessità esplorando le caratteristiche mutevoli delle relazioni religione-Stato nel mondo musulmano e nella cristianità occidentale, con particolare attenzione alle trasformazioni iniziate a metà dell’XI secolo in entrambe le regioni.

In realtà, l’Islam ha avuto una storia di una certa separazione tra religione e Stato. Tra l’VIII e il XI secolo, gli studiosi islamici consideravano generalmente corrotti gli stretti legami con le autorità politiche. Gli ulema preferivano essere finanziati dal settore privato, soprattutto dal commercio. Solo un’esigua minoranza di loro lavorava come dipendenti dello Stato. Durante questo periodo, il mondo musulmano ha prodotto studiosi creativi sia nelle scienze religiose che in quelle non religiose. L’Europa occidentale, invece, era sotto l’egemonia del clero cattolico e dell’aristocrazia militare. A differenza del mondo musulmano, in Europa occidentale mancavano classi intellettuali e mercantili influenti.

Intorno al 1050, tuttavia, nel mondo musulmano emerse un nuovo sistema politico. Al posto del vecchio sistema, che consentiva un certo livello di imprenditorialità economica privata e di diversità religiosa all’interno dell’Islam, il nuovo sistema politico – rappresentato principalmente dall’Impero Selgiuchide (1040-1194) – centralizzò sia l’economia che le istituzioni educative islamiche. Una delle caratteristiche principali del nuovo sistema fu l’alleanza tra gli ulema e i governanti militari. L’alleanza ulema-Stato dichiarava apostasia le opinioni “non ortodosse” dei filosofi musulmani. Una base istituzionale di questa alleanza era una nuova rete di madrasa, scuole di legge e teologia islamica.

Sempre intorno all’anno 1050, l’Europa occidentale iniziò a sperimentare un processo quasi opposto. Dalla metà dell’XI alla metà del XII secolo, la Chiesa cattolica e i vari re cercarono di dominarsi a vicenda. Il fallimento di questi tentativi portò all’istituzionalizzazione della separazione tra Chiesa e Stato. Ciò ha contribuito al crescente equilibrio di potere tra le varie istituzioni dell’Europa occidentale, che alla fine ha portato alla diversità filosofica e religiosa.

Questo articolo illustrerà che l’alleanza ulema-Stato non era una parte essenziale dell’Islam, ma è stata costruita durante e dopo la metà dell’XI secolo. Allo stesso modo, la separazione tra Chiesa e Stato in Europa occidentale è stata il risultato di un processo storico iniziato a metà dell’XI secolo. Nella terminologia delle scienze sociali, sia per il mondo musulmano che per quello occidentale, la seconda metà dell’XI secolo è stata una “congiuntura critica” che ha lasciato un’eredità “con conseguenze per la traiettoria futura” dei secoli successivi. Questa eredità ha avuto importanti implicazioni per i sistemi religiosi e politici di entrambe le regioni.

– Continuerà –

Data la sua lunghezza e il suo interesse, pubblicheremo in quattro parti questo interessante studio di Ahmet T. Kuru, professore di scienze politiche presso la San Diego State University negli Stati Uniti.

Traduzione dall’inglese di Raffaella Forzati. Revisione di Thomas Schmid