Nei prossimi anni si assisterà ad un calo demografico importante e conseguenti tagli di personale scolastico e di istituti. La manovra 2023 è un primo passaggio ad un percorso che porterà ad una situazione piuttosto diversa nel 2034.

Nei prossimi dieci anni, leggo su Il Messaggero, entro il 2034, ci saranno 1,4 milioni circa di bambini e ragazzi tra i tre e i diciotto anni in meno. Un calo di oltre 100 mila alunni l’anno.

Da qui a 8 anni, ne consegue, che saranno tagliati circa 600 istituti, mentre il numero degli attuali dirigenti scolastici sarà quasi dimezzato.

Già con le relazioni che riguardano il Pnrr è stato quantificata una perdita di personale scolastico di circa 60 mila unità.

La notizia affianca la classifica di Eduscopio, che stila una hit parade delle scuole, misurandone i risultati; alcuni, come quelli ottenuti dagli studenti che ne escono per accedere all’università, sono dati rilevati con imparzialità. Dalle scuole si esce con un voto, e si cerca lavoro (i numeri di questa ricerca sono noti) o si va all’università, dove si conseguono altri risultati.

Anche questi sono numeri.

Leggo una critica soft alla presunzione di queste classifiche: un giudizio valutativo non è una conta, non può limitarsi alla registrazione di quantità. Ebbene, la stessa difesa d’ufficio si estende ai tagli legati al calo demografico: il numero delle scuole diminuisce con gli alunni e, poi, dopo aver fatto i conti coi numeri, verrebbe una valutazione e infine intervento mirato alla qualità.

Così facendo il pregiudizio qualitativo e la scelta di un punto di vista si occulta nella procedura, che è inoppugnabile. Perché come dicevano Marx, i fratelli e non il filosofo: signori questa scuola, a dispetto di quel che vedete è proprio quello che dice di essere, è proprio quella che vi appare. Sembra, ma lo è! Classista, selettiva, scadente, di massa senza qualità, serva del capitale e conformista.

E non lo nasconde. Non c’è molto da valutare, perché la sua misura è esatta.

I numeri: se dividi 7.000.000 per 25, sono gli alunni per classe tra dieci anni in base ai parametri attuali, avremo 280.000 classi; che potrebbero invece essere 466.000 se in ogni classe avessimo 15 alunni.

Attualmente sono 8.500.000 alunni stipati in 350.000 classi, classi che diverrebbero 566.000 se si riducesse a 15 il numero degli alunni.

In dieci anni questo comporterebbe un passaggio graduale ad una scuola differente, che potremmo valutare con un giudizio di qualità difficilmente opinabile. “Che è meglio” dice il grande Puffo.

I numeri sono lì, e le disquisizioni docimologiche o le classifiche ce li mostrano. In quei numeri letti con naturalezza ci stanno anche delle scelte, non dei giudizi ma i pregiudizi, che sono altrettanto evidenti: le classifiche dicono alle famiglie quali sono le scuole più legate al successo, e il numero dei dirigenti ci dice quante scuole vogliamo tagliare, punto.