L’obbligo è legittimo, ha sentenziato la Consulta il 1 dicembre1, accogliendo la tesi dell’Avvocatura di stato che, per bocca dell’Avv. Tomiola ha sostenuto: “l’efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità /ISS, che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano; pertanto, la critica non tiene conto della realtà obiettiva”.

In realtà il punto di vista scientifico sembra smentire platealmente i contenuti del verdetto2. Stando a quanto affermato dai membri della Commissione Medico-Scientifica Indipendente3 (CMSi), i tanto citati “dati dell’ISS” mostrano esattamente l’opposto, una “realtà obiettiva” ben diversa.  

Basta consultare i numeri riportati nel Bollettino ISS del 234 novembre (Tab. 6, pag. 28), l’ultimo pubblicato. La realtà documentata dai dati ISS è che oggi, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età: i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 30,4% in più; i giovani 12-39 anni con booster si infettano il 22% in più; gli adulti 40-59 anni con booster si infettano il 56% in più; gli anziani 60-79 anni con booster si infettano ormai il 4% in più dei non vaccinati, e se fermi a 2 dosi (dunque probabilmente più distanti dall’ultimo inoculo) si infettano il 7% in più. I dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali presentati in occasione del Congresso PoliCOVID-22 appena svoltosi a Torino, che chiunque può visionare nelle slide o in videoregistrazione5.

La protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi si inverte67, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma si abbassa velocemente, con maggiore rapidità con successivi richiami. Uno studio italiano8 evidenziava già a febbraio 2022 che l’efficacia della vaccinazione diventa negativa dopo 28 settimane dalla vaccinazione proprio nelle persone ad alto rischio di avere conseguenze gravi dalla COVID. 

La prova che smentisce l’opinione corrente, per cui i vaccinati sarebbero meno contagiosi dei non vaccinati, proviene da un grande studio israeliano che dimostra invece la corrispondenza tra il rischio di infezione e il rischio di trasmissione.

La carica virale (misurata con il numero dei cicli di amplificazione con la PCR-RT) è minore nei non vaccinati.

Alla luce dei dati ufficiali esposti, chi ha portato fuori strada la Consulta con affermazioni contrarie alle evidenze, sono gli avvocati dello Stato: le istituzioni scientifiche di riferimento non hanno offerto interpretazioni più corrette dei dati da loro stessi prodotti.

Per questo, non è affatto rispettata la condizione prevista dalla nostra Costituzione per legittimare un trattamento sanitario obbligatorio per legge, cioè che il trattamento (in questo caso la vaccinazione contro COVID-19) apporti beneficio diretto a chi vi si sottopone e beneficio indiretto preservando la salute degli altri, della collettività. Anzi, nel medio periodo può valere persino l’opposto. Dunque, l’invocato “principio di solidarietà” non avrebbe titolo oggettivo per legittimare l’obbligo di queste vaccinazioni. Per quanto riguarda l’altra condizione riguardante l’ammissibilità di un obbligo di legge, cioè se vi sia “previsione che il trattamento non incida negativamente sullo stato di salute di chi vi è assoggettato”, salvo che per conseguenze temporanee e di scarsa entità, saremmo in grado di provare che pure questa non è rispettata, in un confronto scientifico istituzionale che la CMSi910 chiede da oltre un anno sinora negato.

Fonti e Note:

3 Prof. Marco Cosentino, Dott. Alberto Donzelli, Prof. Vanni Frajese, Dott.sa Patrizia Gentilini, Prof. Eduardo Missoni, Dott. Sandro Sanvenero, Dott. Eugenio Serravalle