Ieri, sul quotidiano Avvenire è stata pubblicata una accorata lettera di don Mattia Ferrari, di Modena, che è, col consenso del suo vescovo, cappellano di ‘Mediterranea saving umans’ , Ong con sede a Bologna, attiva nel salvataggio dei profughi dalla Libia, alle cui missioni ha partecipato anche Mattia.

La lettera denuncia la campagna mediatica che la mafia libica sta lanciando sulla stampa con il consenso di varie forze politiche italiane.

Vi segnaliamo alcuni passaggi della sua lettera al direttore Tarquinio, premiato insieme ad altri pochi giorni fa da Archivio Disarmo per il suo impegno sulla pace. Don Ferrari è stato più volte minacciato dai trafficanti libici, come anche Nello Scavo, per gli stessi motivi.

“ In questi giorni è ricominciata la propaganda mediatica martellante che cerca di inculcare nella gente l’idea che le organizzazioni di soccorso che operano in mare collaborerebbero con i trafficanti di esseri umani, cioè con la mafia libica: come persona al centro di attacchi pubblici della mafia libica sono stato invitato a dire una parola chiara su quello che sta avvenendo, per ristabilire la verità.

L’accusa rivolta alle Ong di collaborare con i trafficanti, che non è mai stata dimostrata, è gravemente diffamatoria ed è oltremodo offensiva per noi che paghiamo nella nostra carne le conseguenze degli attacchi che la mafia libica ci rivolge proprio per il nostro lavoro.

Non sono le Ong a collaborare con la mafia libica.

Come hanno rivelato le inchieste giornalistiche di Nello Scavo, pubblicate sul quotidiano da lei diretto, i superboss della mafia libica, citati in vari rapporti internazionali, Bija e al-Khoja, si trovavano ai tavoli degli accordi Italia-Libia del 2017, con cui è stato organizzato il meccanismo dei presunti “salvataggi” operati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica, che sono in realtà respingimenti nei lager.

A distanza di 5 anni da quegli accordi, recentemente rinnovati, il potere dei superboss della mafia libica nei respingimenti e nei lager è addirittura aumentato: Bija è ufficiale, un maggiore, della cosiddetta Guardia Costiera libica di Zawyia, che appunto opera i respingimenti su finanziamento di Italia e Malta, e al-Khoja è direttore del Dipartimento per il contrasto all’immigrazione illegale, che gestisce una dozzina di centri di detenzione, ossia di lager, finanziati dall’Unione Europea.

Su Twitter opera un account, qualificato sia nelle inchieste giornalistiche sia negli atti parlamentari come «portavoce della mafia libica»: tale account, oltre a pubblicare materiale per conto della mafia libica e delle milizie, ha pubblicato foto scattate da velivoli militari europei e foto scattate con il cellulare di documenti “top secret” di apparati militari nostrani e ha attaccato pubblicamente alcuni di noi proprio per il nostro lavoro.

Tutto questo è stato oggetto di interrogazioni parlamentari ed è tuttora oggetto di indagini di diverse Procure, tanto che, come è noto, alcuni di noi sono stati posti dallo Stato sotto varie forme di tutela per la nostra incolumità.

Mediterranea con la sua opera di contrasto dei respingimenti e di sostegno alle persone migranti che scappano dalla Libia disturba la mafia libica, che lucra sui respingimenti e sui lager, al punto che il «portavoce della mafia libica» ha deciso di attaccarci e siamo ancora in attesa che le autorità di polizia e le Procure facciano chiarezza sull’attività inquietante di questo account e di chi lo controlla.

Chiediamo dunque, per rispetto della verità e della nostra condizione di persone che pagano le conseguenze di essere attaccate pubblicamente dalla mafia libica, che si ponga fine a questa propaganda diffamatoria e offensiva. Lo chiediamo soprattutto perché è stato dimostrato che eliminare le organizzazioni di soccorso in mare e sostenere i respingimenti favorisce proprio la mafia libica, offrendole in pasto i nostri fratelli e sorelle migranti.

A tutti i cittadini chiediamo di non cedere alle sirene della propaganda che mistifica la verità .

Se cediamo alla peste del cuore, allora vinceranno la mafia libica, i lager, i muri e collasseranno la vita di molte persone e in definitiva la nostra stessa umanità: se ci chiuderemo nel nostro benessere fondato sullo sfruttamento del Sud del mondo e respingiamo chi bussa alla nostra porta, non saremo veramente più felici, ma sempre più tristi e vuoti.

Se invece permettiamo all’amore di vincere, smettiamo di respingere e poniamo fine allo sfruttamento sociale e ambientale, costruendo davvero la civiltà dell’amore, allora vinceremo tutti, compresi quelli che ci criticano, perché quando a vincere è la fraternità universale realizzata non ci sono vincitori e vinti, ma solo la bellezza e la gioia di gustare quanto è bella la vita vissuta nell’amore. Mediterranea e tante altre persone e organizzazioni me lo testimoniano costantemente.

Mattia Ferrari, sacerdote, cappellano di Mediterranea Saving Humans”