Venerdì sera, 21 ottobre, anche Palermo ha risposto all’appello di un folto insieme di associazioni, Europe For Peace, per una manifestazione contro la guerra, che fosse un preludio alla prossima iniziativa nazionale del 5 novembre a Roma: “Tacciano le armi. Negoziato Subito! Verso una conferenza internazionale di pace”.

Piazza Politeama, centro ideale della città, s’è via via gremita, man mano che scendeva il crepuscolo e si accendevano i lampioni, d’un popolo variegato e variopinto. Bandiere arcobaleno numerosissime, gli striscioni del presidio per la pace delle donne – “Fuori la guerra dalla storia”, “Né frontiere né barriere” -, cartelli e stendardi del movimento No Muos, qualche bandiera ucraina hanno colorato la piazza, affollata di giovani e anziani, uomini e donne, mentre gli altoparlanti diffondevano canzoni e musica, e soprattutto “Bella ciao” nella versione delle donne iraniane.

Ha poi preso la parola Mariella Pasinati, presidente della Biblioteca delle Donne dell’UDI Palermo, per ricordare che la pratica di esporsi con il proprio corpo, di testimoniare fisicamente il proprio desiderio di pace e di gestione nonviolenta dei conflitti, la costruzione di relazioni concrete che si allarghino in cerchie sempre più ampie appartengono da sempre al femminismo e possono estendersi a tutta una comunità che si vuole alternativa alla violenza patriarcale, specie oggi che il rischio dell’impiego di armi nucleari si fa oltremodo minaccioso non solo per noi, ma anche per le generazioni future e per la madre Terra di cui dovremmo prenderci cura.

Si legge nel volantino per il 21 ottobre delle Associazioni di Donne che, dal 25 febbraio, all’indomani dello scoppio della guerra in Europa, indicono settimanalmente il presidio per la pace: “Sono passati otto mesi dall’inizio di un conflitto che continua ad essere raccontato in termini sempre più contraddittori: da una parte l’esercito russo è presentato come incompetente, con soldati demotivati e mal guidati e si descrive la Russia e la sua economia come in crescente difficoltà; dall’altra se ne parla come di un colosso militare minaccioso e sopraffattore, da qui il bisogno di più armi e di espandere la NATO. Narrazioni incoerenti, degne dei peggiori regimi più che di società democratiche libere. […] Spendere in armamenti significa sprecare [non solo vite, ma] enormi risorse, avere meno scuole e ospedali […], alimentare il consumo di combustibili fossili e, in sintesi, mettere in pericolo il mondo. Possiamo provare a porre fine a questi orrori?”

Un breve ricordo: in questo stesso slargo, all’indomani delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, moltissime donne, parecchie delle quali ancora presenti qui stasera, diedero vita ad uno sciopero della fame (durato un mese a staffetta) anche quella volta esponendo i propri corpi e trasformando tutta la loro angoscia in gioia, attraverso musica canti recitazione interviste, ma essenzialmente incontrando passanti turisti scolaresche e proponendo a ciascuno un minimo impegno personale contro la mafia. Erano le “Donne del Digiuno”, come furono subito chiamate, e qualcuno disse loro che quell’iniziativa era come voler curare il cancro con l’aspirina… Pure, la richiesta di rimozione delle autorità politiche e giudiziarie complici fu accettata. Certo la mafia esiste ancora ed è ancora potente, ma la sensibilità comune è cambiata e forse anche il controllo dal basso e la prevenzione sono più attenti.

Ugualmente, forse tutte le nostre marce e sit-in non cancelleranno la guerra dalla storia, ma cominciamo con piccoli passi. Insistiamo per imporre il cessate il fuoco e una conferenza internazionale! Cominciamo dall’Ucraina, ma ricordiamoci tutte le altre guerre sparse per il pianeta, dalla Siria allo Yemen, dall’Afghanistan al Sudan… E lavoriamo per diffondere la coscienza della necessità di un altro modo di produzione, che non necessiti della guerra, e del business della ricostruzione, per sopravvivere.

foto della redazione palermitana di Pressenza