“La vera nonviolenza dovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall’ira, dall’odio, e un sovrabbondante amore per tutto”, scriveva Gandhi.
Ieri, 2 ottobre, si celebrava la Giornata internazionale della nonviolenza.
La ricorrenza è stata scelta perché è la data di nascita proprio del Mahatma Gandhi, leader del movimento indipendentista indiano e pioniere della filosofia e della strategia della nonviolenza.

Cosa è la nonviolenza
La nonviolenza (dal sanscrito ahimṣā “non violenza”, “assenza del desiderio di nuocere o uccidere o fare male”) è un metodo di lotta politica che consiste nel rifiuto di ogni atto di violenza (in primo luogo proprio contro i rappresentanti e i sostenitori del potere cui ci si oppone), ma anche disobbedendo a determinati ordini militari (obiezione di coscienza) o ad altre norme e codici, articolando la propria azione nelle forme della disobbedienza, del boicottaggio e della non-collaborazione (resistenza nonviolenta).

Il Mahatma Gandhi
Il principio venne teorizzato formalmente negli anni Venti del Novecento dal Mahatma Gandhi e applicato dal movimento anticoloniale indiano, che lo ricollegava al principio di origine induista e buddhista dell’ahimṣā, ed ebbe un peso notevole per il successo del movimento indipendentistico indiano.
A partire dagli anni Sessanta, all’esempio di Gandhi si sono richiamati esplicitamente diversi movimenti pacifisti, ecologisti e per i diritti civili, come per esempio Martin Luther King.

La Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, ha istituito un suo corpo di Pace nel 1992: l’Operazione Colomba (OP).
Quest’anno, OP celebra i trenta anni di attività.
Per l’occasione, In Terris ha intervistato Alberto Capannini, Responsabile di Operazione Colomba, Corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.

L’intervista ad Alberto Capannini

Perché è importante l’esistenza di una Giornata internazionale dedicata alla nonviolenza?

“Per due motivi. Sia perché quello della violenza è un problema aperto e attuale, vedi la situazione di guerra in Ucraina; sia perché di nonviolenza, al contrario, ce n’è molto poca. L’uomo è ancora ancorato, nel 2022, a un’idea antica di possesso, di prevaricazione; indi per cui tirare delle bombe a dei civili disarmati è lecito”.

Quest’anno è il trentennale della fondazione dell’Operazione Colomba. Come è nato questo progetto?

“Operazione Colomba nasce nel 1992 dal desiderio, di alcuni volontari e obiettori di coscienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, di vivere concretamente la nonviolenza in zone di guerra. Inizialmente ha operato in ex-Jugoslavia dove ha contribuito a riunire famiglie divise dai diversi fronti, proteggere (in maniera disarmata) minoranze, creare spazi di incontro, dialogo e convivenza pacifica.
L’esperienza maturata sul campo ha portato Operazione Colomba negli anni ad aprire presenze stabili in numerosi conflitti nel mondo, dai Balcani all’America Latina, dal Caucaso all’Africa, dal Medio all’estremo Oriente coinvolgendo tra volontari e obiettori di coscienza, oltre 2.000 persone”.

Cosa rappresenta la nonviolenza nel carisma specifico della Comunità Papa Giovanni XXIII?

“L’Operazione Colomba è il corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.
E’ un progetto aperto a tutte quelle persone, credenti e non credenti, che vogliono sperimentare con la propria vita che la nonviolenza è l’unica via per ottenere una Pace vera, fondata sulla verità, la giustizia, il perdono e la riconciliazione.
In pratica, siamo un gruppo di persone che va a vivere con coloro che stanno subendo una guerra: in Libano, in Ucraina, in Palestina, in Colombia contro i narcos e in altre zone di conflitto. Si chiama condivisione diretta.
E’ questo il carisma specifico della nostra missione. La guerra la conosce davvero solo chi la subisce. Ma non ci occupiamo solo di guerre: facciamo condivisione diretta anche con i profughi nei campi di accoglienza, con chi vive al confine d’Europa o – come dice il Papa – con quanti abitano le ‘periferie esistenziali’”.