A distanza di due settimane dalla morte della 22enne Mahsa Amini, mentre si trovava in custodia perché portava il velo in modo «non appropriato», Milano risponde presente alla giornata di solidarietà a favore delle donne iraniane in numerosi Paesi del mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, dal Canada all’Australia e al Giappone.

«The time has come», Piazza della Scala si riempie di migliaia di persone. Scandendo lo slogan ‘Donne, vita, libertà’ (zan, zendeghi, azadi), cartelli, canti, occhi lucidi, occhi fieri, il coraggio delle donne, di ogni età, che sfidano in prima linea il regime iraniano. Qualche giorno fa è stato reso noto l’arresto di Elahe Mohammadi, una giornalista iraniana che aveva seguito il funerale di Mahsa Amini. L’ultima di un numero crescente di reporter – si parla di circa 33 – finiti dietro le sbarre da quando sono iniziate le proteste.

Se la Repubblica Islamica viola sistematicamente i diritti umani, nel caso delle donne il sistema giuridico concede loro un valore che è della metà rispetto a quello di un uomo nella testimonianza in tribunale, nel risarcimento in caso di ferimento e morte violenta, nell’eredità. Al tempo stesso, per le iraniane è difficile ottenere il divorzio e ancora di più la custodia dei figli minori. E sono discriminate nell’accesso ad alcune facoltà universitarie a causa delle “quote azzurre” che garantiscono maggiori opportunità ai loro coetanei di sesso maschile.

La morte di Mahsa Amini è diventata la miccia per denunciare un regime che viola la libertà di espressione, i diritti delle donne, dei soggetti lgbtqi+, delle minoranze etnico e religiose e una leadership incapace di gestire la cosa pubblica. La capacità di resistenza delle donne è emersa in più occasioni nella storia del Paese e la tenacia dimostrata ora testimonia una consapevolezza e una strenua volontà di cambiamento che oggi bisogna sostenere a livello internazionale, seguendo le indicazioni che arrivano dalle piazze iraniane e da quelle che si stanno costruendo in tutto il mondo sotto la guida delle comunità in diaspora.