Fortunato e Maria Nicoletti (già da noi intervistati) sono i genitori di una bambina gravemente disabile, con una rarissima malattia genetica. Ricevo da loro un accorato appello video: a sorpresa hanno interrotto il servizio di Assistenza Domiciliare Integrata di cui la loro figlia Roberta godeva. Un diritto, un servizio, che pur con i suoi limiti, ha funzionato fino a due settimane fa. Così decido di farmi raccontare da loro cosa è successo.

Quando avevo 22 anni ho lavorato per 5 anni come educatore, mi occupavo di Assistenza Domiciliare Minori. Un ottimo servizio del Comune, che permetteva di seguire e accompagnare bambini, ragazzini, che era bene restassero in famiglia, seppure con un supporto. Erano programmi che duravano in media un paio d’anni. Ricordo la delicatezza: bisognava conquistarsi la fiducia dei minori e della famiglia e ci voleva tempo, discrezione, attenzione perchè si entrava in casa ed era un ambito particolare, e loro aprivano le porte. La relazione era il perno.

La logica del servizio di cui parlano Maria e Fortunato nel loro video è la stessa, ma qui, nei casi di bimbi con patologie gravi e rarissime, tutto si amplifica. L’Assistenza Domiciliare Integrata è una condizione per essere dimessi dall’ospedale, non è “un di più”: è una questione vitale.

Quando avete iniziato con l’Assistenza Domiciliare?

Roberta ha 5 anni, iniziammo con l’AD già quando venne dimessa la prima volta dall’ospedale. Il progetto allora prevedeva 50 ore alla settimana. Non erano neanche molte, visto che Roberta ha bisogno di assistenza 24 ore su 24, ma come succede molte volte in queste situazioni la famiglia si trasforma, ogni componente diventa un caregiver. Tuttavia l’aiuto dell’AD è essenziale, permette a tutta la famiglia di vivere, altrimenti rischia di implodere.

Come è andata in questi anni?

Diciamo abbastanza bene. Il servizio non è gestito direttamente dall’AST ma da fondazioni accreditate: la qualità è buona, o forse noi siamo stati fortunati, e il turn-over con Roberta è stato basso. In altre famiglie è andata peggio. Ogni anno, previo avviso, il servizio veniva sospeso per i 15 giorni in cui si andava in ferie e poi riprendeva.

Cosa è successo quest’anno?

A gennaio di quest’anno, accampando scuse generiche, abbiamo avuto una forte riduzione di orario. Così nelle famiglie le difficoltà – e l’ansia, che già sono la norma – si sono amplificate. Noi, come associazione Nessuno è escluso, abbiamo fatto una denuncia, e in questi giorni sono sempre più portato a credere che abbiamo dato fastidio.

E quindi?

Ce la stanno facendo pagare: siamo andati in ferie, comunicando la sospensione, ma l’altro ieri hanno mandato una PEC in cui si dice che la struttura preposta, al nostro ritorno, non sarà più in grado di continuare il servizio. Ci hanno abbandonati, proprio adesso che Roberta dovrebbe iniziare la scuola primaria. Siamo molto arrabbiati. Abbiamo chiesto se ad altre famiglie che usufruiscono dei servizi da parte della stessa fondazione sia successa la stessa cosa, ma da quello che sappiamo solo noi abbiamo ricevuto questo trattamento. Probabilmente diamo fastidio.

Mi chiedo perché una famiglia già provata da una situazione difficilissima, estrema, debba essere costretta a battagliare per un diritto: scrivere, telefonare, cercare avvocati, fare video, stare sui social, fare denunce, rispondere alle domande… La rabbia nei confronti dei responsabili di tutto ciò è davvero tanta!

 

Immagino la situazione… finalmente riescono ad andare in vacanza, ogni volta un’impresa: l’automobile stracarica, i figli più grandi che devono raggiungerli in treno perchè in 5 coi bagagli non ci si sta, dato che per Roberta ci vuole molta attrezzatura. Ma ce la si fa e si tira il fiato, si stacca da Milano, una città dove si lavora anche quando non si lavora, e quando ci si avvicina al ritorno nella metropoli ecco la tegola in testa: tutto ti cade addosso e quel poco di energie recuperate vengono aspirate in un attimo perchè si deve tornare a lottare: ma perché?

Forse perché i responsabili, Regione Lombardia in testa, non vogliono proprio essere disturbati.