Martedì 19 luglio una nuova sessione della Commissione di Valutazione Ambientale (COEVA – Comisión de Evaluación Ambiental) ha votato il progetto “Embalse 1, 2 y 3 Fundo Nilpe” previsto per il comune di Galvarino. L’iniziativa, che prevede la costruzione di tre bacini idrici su un affluente del Río Cholchol per l’irrigazione agricola, è stata respinta all’unanimità con 11 voti contrari. Questo risultato, storico per il territorio, è il diretto risultato di un’intensa mobilitazione dal basso che da gennaio 2021 ha riunito più di 30 comunità mapuche nella rete di coordinazione “Inkayaiñ Chol Chol Lewfu. Defenderemos El Rio Cholchol”. Obiettivo della rete era infatti difendere i territori e le acque storicamente abitate da famiglie mapuche da ennesimi progetti economici imposti senza reali negoziazioni da grandi imprese e attori statali.

Senza valutazione di impatto né inclusione

La località di Chol Chol si trova tra due fiumi, il Cautín e il Cholchol, da cui trae il suo nome. Fa parte di una regione pianeggiante con un microclima particolare che la rende ideale per l’agricoltura. Storicamente, le comunità del luogo sono coinvolte in un conflitto con le imprese del legname e derivati, ma da alcuni anni nella stessa zona sono iniziate sperimentazioni agricole per la coltivazione di frutta (principalmente ciliegie per il mercato asiatico) finanziate direttamente dal Ministero dell’Agricoltura. La sperimentazione è iniziata come conseguenza del degrado del suolo e della siccità nel nord, storicamente più dedicato all’agricoltura rispetto al centro-sud, ma sempre più prosciugato delle risorse del suo suolo e vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici.

Negli ultimi mesi un nuovo progetto agricolo pianificava di costruire le infrastrutture di base per portare l’agricoltura intensiva nella zona di Galvarino. Un piano incoraggiato da autorità locali e nazionali e presentato in particolare dall’impresa Agrícola Galvarino S.A., società del presidente della Confederación de la Producción y del Comercio (CPC) Juan Sutil. Prima tappa di questa transizione era appunto il progetto “Embalse 1, 2 y 3 Fundo Nilpe” che avrebbe previsto la costruzione di tre bacini idrici destinati all’irrigazione sul Quillen, principale affluente del Cholchol. Tuttavia, secondo gli attivisti e le attiviste della zona, i bacini avrebbero affaticato un ecosistema già messo a rischio da anni di sfruttamento forestale. Il Río Cholchol è infatti contaminato da tempo, negli ultimi anni gli abitanti del luogo hanno assistito al proliferare di alghe invasive effetto dell’uso di pesticidi e fertilizzanti nelle piantagioni forestali. L’accumulo di sedimenti prodotti dall’industria del legname sta inoltre cambiando la forma, la portata e la profondità del fiume, che rischia di superare il suo limite ecologico e convertirsi in una «zona di sacrificio idrico».

Nonostante le evidenze e le preoccupazioni raccolte spontaneamente dalle comunità del luogo, l’impresa aveva fornito all’autorità competente (Servicio de Evaluación Ambiental – SEA) una dichiarazione di impatto ambientale (Declaración de Impacto Ambiental – DIA) che considerava il suo progetto a “impatto zero”. Nel documento presentato si affermava inoltre che «il Progetto non interferisce con i tratti culturali, i costumi, i valori e le credenze della regione. A partire dalla caratterizzazione dell’ambiente umano, presentata in questa DIA, è stato stabilito che il Progetto non genera impatti ambientali significativi sulle comunità o sui gruppi umani circostanti». Tuttavia, il progetto non mancava solamente di valutazione del rischio ambientale svolta da enti autonomi e svincolati dagli interessi dell’impresa stessa. Nonostante l’impegno all’inclusione delle famiglie indigene in questo tipo di processi decisionali sia sancito dalla Convenzione ILO 169 e ratificato dal Cile nel 2008, le comunità mapuche limitrofe non sono mai state coinvolte e informate. Come ammette la stessa impresa, «si informa che non vi sono stati negoziati con le parti interessate dai quali siano emerse misure di compensazione o mitigazione ambientale». Le comunità mapuche di Galvarino e Chol Chol hanno infatti preso coscienza del progetto per puro caso, assistendo senza invito a una riunione tenuta a dicembre 2021 tra l’impresario Juan Sutil, funzionari del comune e lo stesso costituente Fuad Chahín, la cui famiglia possiede in Cile molti diritti di approvvigionamento e utilizzo di acqua. Per le comunità della rete a difesa del Río Cholchol in questa riunione «era leggibile un’eventuale collusione tra il governo locale, gli agenti politici, i funzionari comunali e l’industria agro-esportatrice finalizzata a sostenere l’attività estrattiva» e da questo stimolo si è iniziato un lavoro di informazione e mobilitazione collettiva culminata in questi mesi con una serie di forti manifestazioni di protesta a Galvarino, Chol Chol, Temuco e Santiago.

El río no se vende, se defiende!

Secondo una portavoce della rete, non è stato facile portare consapevolezza e spinta all’azione tra le famiglie di questa zona rurale, distanti dalle grandi città e dai centri della lotta politica mapuche: «ci è toccato anche questo lavoro di conversazione con la gente, per generare coscienza, perché il nemico è grande ed entra da ogni lato». Negli ultimi mesi però, la pressione contro il progetto è aumentata e il 17 giugno più di trecento persone si sono riunite in carovana e marcia pacifica a Galvarino, occupando la sede del comune locale con l’obiettivo di ottenere risposte dal sindaco Marcos Hernández Rojas. Nonostante l’iniziale silenzio da parte dell’istituzione, la pressione delle persone riunite ha spinto il sindaco a uscire dai suoi uffici e marciare insieme alle autorità mapuche verso la piazza principale come prova del suo supporto. Per tutto il tempo un drone ha sorvolato i manifestanti e un blindato dell’esercito è passato poco distante portando agitazione tra la gente, accompagnato da frasi come «llega el dialogo» («arriva il dialogo»), «esta es una provocación» («questa è una provocazione»).

In questa occasione, grazie alla mediazione di alcune autorità mapuche e del sindaco stesso, la manifestazione è terminata senza scontri. Diverso è stato l’intervento delle forze dell’ordine il 30 giugno, quando le comunità si sono riunite a Temuco per presenziare all’evento “Enela 2022: Con La Araucanía, Todos”, evento organizzato da La Corporación para el Desarrollo Productivo de La Araucanía (Corparaucanía) con l’obiettivo di riunire soggettività pubbliche, accademiche e private «per la ricerca di una maggiore stabilità nella regione, intravedere soluzioni a questioni storiche in sospeso e spianare la strada al dialogo, alla pace e allo sviluppo sostenibile». Tra i principali invitati, l’impresario Juan Sutil, contro cui si è indirizzata la protesta. Paradossalmente, proprio fuori dalle porte di un evento che cercava dialogo e pace, si è riunito un forte dispiegamento di forze speciali dei carabinieri (FFAA) che hanno disperso i manifestanti anche con l’utilizzo di cannoni ad acqua.

Dopo l’evento e nonostante le forti proteste, in un’intervista per TNV Juan Sutil aveva riconfermato l’intenzione a investire nella zona, affermando: «come cileno ho tutto il diritto di stare qui e ho tutto il diritto di continuare a generare ricchezza, una ricchezza che è condivisa». Una ricchezza che tuttavia, secondo una portavoce della rete di difesa del fiume Chol Chol e abitante della stessa zona, non trova riflesso nei territori ma piuttosto vi semina povertà e sfruttamento socio-ambientale: «loro vengono sulla rotta della siccità, hanno già depredato tutta la zona centrale e arrivano qui con i loro affari, affermando di portare sviluppo, lavoro… E noi siamo il comune più povero del Cile. Le statistiche dicono il contrario, non è sviluppo per le persone che vivono il territorio, è povertà, è accentuare la povertà». Martedì 19 luglio undici voti unanimi hanno per questa volta dato ragione alle voci del popolo della terra, imponendo all’impresa Agrícola Galvarino S.A. di sottoporre il progetto a un più accurato studio di impatto ambientale.