Dopo due anni e mezzo di chiusura il Bhutan riaprirà al turismo, è stata annunciata la data che in molti aspettavano per poter programmare un viaggio nel regno himalayano: il 23 settembre 2022.

Negli ultimi mesi il governo ha riformulato le norme sulla gestione della pandemia anche per essere, come è stato dichiarato, al passo con gli altri paesi. La notizia che sicuramente renderà più semplice la prenotazione dei viaggi e del turismo riguarda la sospensione della quarantena all’arrivo nel paese (che in pochi mesi è passata da 21 giorni obbligatori a 14 e infine da inizio maggio a 5 giorni). Dal 4 luglio 2022 è stata completamente revocata.

Insieme alla data di riapertura del paese e alla cessazione della quarantena sono arrivate nuove disposizioni in materia di turismo, piuttosto impensate da parte della popolazione che aspetta di ripartire con le attività commerciali, alberghiere e di ristorazione prettamente concentrate sul turismo, fermo da più di due anni.

La novità sostanziale riguarda l’aumento della tassa di ingresso al paese che per quasi 30 anni (dal 1991) è stata di 65 dollari, da inizio luglio l’importo è stato aumentato e triplicato, passando a 200 dollari al giorno. Tra la circolazione della notizia della proposta del governo e l’approvazione della stessa sono trascorsi solo pochi giorni, nei quali i rumors dei locali erano già insistenti e preoccupati da questa possibile ipotesi, che sicuramente avrà un grande impatto nelle scelte dei turisti, ma soprattutto inciderà sui tanti lavoratori e attività che vivono di turismo. Molti cittadini si ritengono scontenti del governo attuale, non in grado di ascoltare le esigenze del popolo con riforme e strategie disastrose dopo gli anni difficili della pandemia. Molti bhutanesi stanno lasciando il paese e questi dati sono preoccupanti, ciò avrà ripercussioni ed effetti a lungo termine sulla felicità delle persone, che confidano con speranza nelle prossime elezioni.

Il Ministero del turismo del governo reale del Bhutan ha dichiarato nel suo comunicato che la vision è un turismo verde, sostenibile, inclusivo e ad alto valore – questo spiega l’aumento della tassa.

“La nostra strategia per il rinnovamento del settore turistico ci riporta alle nostre radici, al turismo “ad alto valore e basso volume”, in cui soddisfiamo le esigenze dei turisti proteggendo al contempo la nostra gente, la nostra cultura, i nostri valori e il nostro ambiente. Il turismo è un bene nazionale strategico e prezioso, che non ha un impatto solo sugli operatori del settore, ma su tutti i bhutanesi. Garantire la sua sostenibilità è fondamentale per salvaguardare le generazioni future” – Dorji Dhradhul, Direttore generale del Consiglio del Turismo del Bhutan.

L’attenzione alla sostenibilità è nuovamente al centro delle proposte che riguardano il potenziamento delle infrastrutture e servizi e il mantenimento di un turismo a emissioni zero. “L’obiettivo è quello di creare esperienze di alto valore per i visitatori e posti di lavoro ben retribuiti e professionali per i cittadini”, ha affermato il dott. Tandi Dorji, Ministro degli Esteri e presidente del Consiglio del turismo del Bhutan. Un cambiamento sostanziale riguarda lo standard dei fornitori dei servizi, compresi gli hotel, guide, tour operator e autisti, che saranno sottoposti a un processo di certificazione e qualificazione per migliorare la qualità dei servizi offerti.

La “tassa di sviluppo sostenibile (SDF)” nelle intenzioni del Ministero promuoverà un turismo ad emissione zero, costruendo un settore turistico più sostenibile che aiuterà il paese ad essere carbon-negativo; quest’ultimo aspetto è reso ancora più importante dagli odierni e vulnerabili effetti dei cambiamenti climatici.

Allo stesso tempo verrà rimossa la tariffa minima del pacchetto giornaliero che il turista era tenuto obbligatoriamente ad acquistare, con i tour organizzati tutto compreso. Questo aspetto, ha riconosciuto lo stesso Ministero, ha limitato l’esperienza turistica dei viaggiatori; punto che è stato già approfondito in un mio precedente articolo

Inoltre, è stato spesso notato che in questo sistema tutto incluso non è semplice monitorare la qualità dei servizi offerti, tal volta ha agevolato in maniera poco chiara alcune persone direttamente collegate nell’erogazione dei servizi senza rispettare gli standard prefissati. Un esempio: i pasti inclusi nel pacchetto turistico (da circa 250 dollari al giorno) si basano su menù a buffet con piatti tipici che variano molto poco e nella maggior parte dei casi non sono modificabili. La scelta limitata dei pasti non è stata in molti casi “all’altezza” della cifra molto alta che il turista è tenuto a pagare e che ha agevolato i ristoratori con cifre riscosse che sono andate ben aldilà della qualità offerta. Il tutto compreso non ha facilitato, inoltre, percorsi alternativi o la scelta dei posti in cui pernottare, ad esempio scegliere di andare in una guest house per essere più a contatto con la gente del posto anziché del resort confezionato, oppure rinunciare all’autista con l’itinerario a tappe prefissate per muoversi lentamente tra la gente del posto.

Al momento non è semplice immaginare come concretamente queste nuove disposizioni si realizzeranno dal prossimo settembre, per ora questa flessibilità annunciata sembra poter dare possibilità più autentiche di viaggio nel paese.

Secondo le previsioni questa flessibilità sarà comunque basata su costi elevati per lo standard che il paese intende mantenere nei riguardi delle strutture di riferimento per i turisti. Qualcuno parla del fatto che alla tassa di 200 dollari al giorno si aggiungeranno sicuramente altri 150/200 dollari al giorno per i costi del viaggio – per un pacchetto completo di circa 400 dollari al giorno. Gli albergatori a tre stelle hanno criticato questa scelta del governo: il Bhutan sarà ancora di più una destinazione ultra-lussuosa, e il miglioramento e la costruzione di nuove strutture lussuose creerà disparità profonde. Cosa ne sarà delle strutture nella ‘media’ e dei ristoranti modesti che non hanno la pretesa ne le possibilità di accontentare standard ‘alti’ e lussuosi – in un paese che poi è ricco per ben altro?

Chiedersi se questo sia turismo sostenibile o di élite, riservato a pochi e ricchi, è lecito e le motivazioni sono chiare. Bisognerebbe andare più a fondo: 1) Le leggi vengono fatte da classi dirigenti con tenori di vita ben superiori rispetto alla popolazione “comune”. Qual è la percezione che essi hanno dei costi di viaggio? C’è la percezione che questo segna inevitabilmente un confine che non è tra la ricchezza e la povertà, ma tra la ricchezza e la normalità? Le cifre di cui parliamo sono completamente sbilanciate se paragonate al costo della vita della maggior parte dei paesi asiatici. Nelle ultime settimane le agenzie turistiche hanno ricominciato, vista la prossima apertura del paese, a proporre tour di viaggio da circa 5000 dollari a persona per 10 giorni nel paese, per gruppi da 8/10 persone (ciò significa una entrata di circa 50.000 dollari a gruppo).

Chi erano e chi saranno i nuovi turisti del regno himalayano? Dispiace dirlo, ma il regno continuerà ad essere un sogno ancora per molti. Inoltre, come è stato annunciato verranno incentivati servizi e strutture per migliorare l’esperienza dei turisti nel paese: non c’è il rischio di continuare a creare servizi non usufruibili dalla maggioranza dei cittadini? C’è davvero bisogno di questo per creare un turismo “sostenibile” e “ad alto valore”? Perché non usare i fondi che vogliono essere destinati alla costruzione di “prototipi” turistici sostenibili per avviare progetti di raccolta differenziata – ad esempio? Cioè realizzare forme di sostenibilità concreta partendo dal basso? Cosa interessa realmente al viaggiatore che viene qui: scoprire la ricchezza del territorio, la biodiversità, la cultura, la realtà anche nelle sue imperfezioni o creare cose che possano essere all’altezza dei costi alti proposti?

2) Altro aspetto da approfondire è quello che riguarda la volontà di controllare i flussi turistici per non influire sulla vita dei locali – questo passaggio è molto importante se si guarda a paesi vicini che sono stati completamente presi di mira dalla massa dei turisti, con bellezze “deturpate” dalla voglia del guadagno e del turismo a tutti i costi. Purtroppo, data la mia età anagrafica non mi è possibile fare comparazioni con il passato con altre realtà asiatiche che senza logiche di “preservazione” e “tutela” hanno in qualche modo intaccato la bellezza di alcuni posti. Sicuramente, il Bhutan ha tanto da insegnarci in questo suo voler salvaguardare la normalità delle persone, tutelare la natura, offrire numeri limitati di voli aerei settimanali, di lasciare che il paese possa continuare le sue tradizioni e celebrazioni senza che diventino solo ‘oggetto’ di interesse per altri e book fotografici.

Questi standard alti forse possono servire a questo: invitare ad una autoselezione di chi è disposto ad entrare nel paese con un profondo rispetto per la cultura, le cerimonie, le persone, tutto ciò che si incontra senza la completa libertà di interferire. Come è stato affrontato più volte in precedenti articoli, il Bhutan è un paese ricco di credenze e storie, leggende anche misteriose che un turista troppo frettoloso non può cogliere e a cui il paese non vuole assolutamente rinunciare per ‘incomprensioni’ o ‘svalutazioni’. Qualcuno potrebbe menzionare ora l’autenticità di tanti popoli e paesi asiatici come l’India e il Nepal vicini, anche senza tutte “queste regole” e disposizioni; ma qui siamo in un Regno – l’ultimo Regno Himalayano, che basa tante delle sue scelte e direzioni per il futuro sull’indicatore del benessere sociale e della felicità dei cittadini. A volte sembra si voglia mantenere una narrazione del regno della felicità a cui nemmeno gli abitanti credono.

Ho avuto la fortuna di incontrare questo paese in un momento storico delicato che mi ha permesso di scoprirlo lentamente, senza tour e percorsi selezionati, senza la presenza minima di turisti, senza autista e menù da buffet. Senza resort e grandi comodità, ma semplicemente muovendomi con naturalezza tra una cultura mite, delicata, orgogliosa e fiera, genuina e con credenze molto speciali e radicate. Senza nessuna linea di confine tra me e gli altri, ho imparato ad osservare il carattere delle persone, che è veramente connesso a tantissimi dei precetti del buddismo tibetano. Pur amando la fotografia, ad esempio, sono davvero poche le foto scattate alle persone o ai templi, in cui è quasi sempre vietato, perché ho avvertito quanto questo è in contrasto con la riservatezza e la timidezza delle persone. Mi verrebbe da dire, per concludere l’articolo, che forse è proprio l’atteggiamento che si ha che permette di fare di un viaggio un tesoro da scoprire, ad “alto valore”, “responsabile”, a fermarsi in una piazza o al centro del villaggio per osservare la vita che si muove senza creare cose artificiose, in modo sostenibile e rispettoso e senza dover spendere migliaia di euro.