Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto legislativo di recepimento della Direttiva UE 2019/882 sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi, ovvero l’European Accessibility Act -“Legge Europea sull’Accessibilità” (per maggiori informazioni si rinvia al  sito del Dicastero per le Disabilità). Si tratta di una norma non priva di criticità, prontamente evidenziate dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, a partire dai tempi eccessivamente lunghi di recepimento e applicazione della Direttiva da parte degli Stati Membri dell’Unione. Tuttavia, d’ora in avanti i servizi e i prodotti informatici, come cellulari, e-book, le biglietterie elettroniche in stazioni e aeroporti, i bancomat dovranno rispettare determinati requisiti per essere accessibili a tutti. Si tratta di un ulteriore passo avanti in termini di inclusione delle persone con disabilità, che non devono incontrare barriere alla comunicazione ed essere autonome nella vita di tutti i giorni.

Così come un passo importante sulla strada dell’accessibilità per tutti è la proposta di FIABA Onlus e Recert, recepita nella Legge di Bilancio 2022, che ha introdotto il bonus 75% per abbattere le barriere architettoniche nelle nostre abitazioni. Per accedere a queste agevolazioni c’è tempo solo fino al 31 dicembre 2022. Per maggiori chiarimenti si può consultare: l’articolo di FIABA relativo alle risposte dell’Agenzia delle Entrate, oppure contattare direttamente FIABA all’indirizzo info@fiaba.org.

Chi continua ad arrancare sul fronte del superamento delle barriere architettoniche e mentali sono invece le nostre città, moltissime delle quali continuano ad avere barriere e ostacoli che ghettizzano e privano tantissime cittadine e cittadini del sacrosanto diritto di abitare una “città buona da viverci”. L’ONU prevede che delle circa 6,25 miliardi di persone che abiteranno in città, il 15% saranno disabili. Significa che 940 milioni di persone avranno problemi a superare barriere architettoniche. E in Italia, nei nostri circa 8mila Comuni, c’è ancora tanto da fare, a partire per esempio dalle scuole: solo il 43,3% degli edifici scolastici consente l’accessibilità totale dei percorsi interni ed esterni.

Creare città accessibili dovrebbe essere quindi l’impegno primario sia dei nostri “primi cittadini” che del legislatore regionale e nazionale e dovrebbe rappresentare la missione numero uno del Paese, anche utilizzando quelle strombazzate risorse del PNRR, che rischiano di disperdersi in mille rivoli e di andare a foraggiare progetti di dubbia utilità. Il passato non aiuta purtroppo a essere ottimisti. I PEBA (Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) rappresentano in questo senso un esempio emblematico: sono strumenti obbligatori da redigere da parte delle amministrazioni comunali e in caso di inadempienza prevedono il commissariamento degli Enti locali.

Ma stiamo parlando di una norma mai applicata! Quanti sono i Comuni che si sono dotati dei PEBA? E quali iniziative sono state intraprese nel rispetto della legge nei confronti dei Comuni inadempienti? Molte Regioni hanno stanziato risorse per realizzarli, ma sono ancora troppo pochi i Comuni adempienti. E comunque ci si deve occupare dell’eliminazione di tutte le altre barriere, come quelle sensoriali, percettive, intellettive, culturali, sociali, economiche, sanitarie, di genere. Il PEBA va necessariamente riportato all’interno della pianificazione generale, ove il tema dell’accessibilità deve essere assunto come un input e un requisito prestazionale, al pari di altri requisiti già assimilati nelle prassi ordinarie (requisiti tecnici, funzionali, parametri dimensionali ecc.). Occorre, in altri termini, stabilire che quando si pianificano azioni che hanno una ricaduta sulla vita delle persone si deve sempre considerare la questione delle barriere all’accesso e il loro superamento.

Non mancano per fortuna “buone pratiche”, a partire dal progetto che l’Istituto Nazionale di Urbanistica sta portando avanti da oltre un lustro. Ad oggi ha coinvolto attraverso azioni di ascolto e confronto più di 200 esperienze eterogenee, sviluppate in Italia e riferite al superamento delle barriere architettoniche, sensoriali, percettive, intellettive, culturali, sociali, economiche, sanitarie, di genere. È stato messo a punto anche un vero e proprio atlante delle città accessibili nel quale, oltre a definire il progetto, sono presentate svariate buone pratiche attuate o progettate in Italia.

Iniziamo a valutare le azioni di chi governa le nostre città o si candida a farlo considerando ciò che ha fatto o ha programmato di fare in tema di accessibilità per tutti. Potrebbe essere un parametro capace di fare la differenza nelle nostre realtà urbane, ancora troppo discriminanti, poco accoglienti e scarsamente accessibili