Al Forum ‘Verso Sud’ il ministro Franco (di fatto vice di Draghi) a proposito del divario Sud-Nord ha detto:« Dopo una fase di grande recupero nel dopoguerra, dagli anni 80 non sono stati fatti sostanziali progressi. Il Pil pro capite è al Sud il 55% di quello del Nord. E’ un divario enorme ».

Ha poi continuato con un discorso generico sulla necessità di « conseguire tassi di crescita più robusti e imprimere una forte cruciale accelerazione all’economia del Mezzogiorno (…) riavviare la convergenza tra le due aree del Paese (…) Il “Pnrr è un’opportunità nuova”, ma da solo non basta. (…) Bisogna utilizzare tutti i fondi a disposizione e “saper spendere” le risorse, con una capacità “adeguata” di realizzare i progetti ».

Tra gli elementi di divario Franco ha citato la qualità dei servizi pubblici, ma anche la formazione dei giovani: « Nel Mezzogiorno la quota di giovani che completa il ciclo di scuola superiore è di 7 punti percentuali più bassa che nel Centro-Nord. Molti giovani emigrano portando altrove il loro capitale umano ».

E infine ha aggiunto:  « Non basta spendere, occorre realizzare un’opera che funzioni  (…) Si deve guardare ad una strategia “complessiva” che vada oltre anche temporalmente ai limiti del Pnrr » [citazioni ansa].

Insomma un discorso generico, paternalista verso i meridionali per non farli sentire dimenticati. Ma quale sarebbe la “strategia complessiva” a cui allude Franco ?

Come non avere l’impressione che si tratti solo di chiacchiere un po’ demagogiche ?

E come non temere che i fondi PNRR andranno a finire nelle tasche dei soliti speculatori o di opere ancora una volta devastanti ?

Ci sono decine e decine di studi e rapporti SVIMEZ (certo alcuni farlocchi e inutili) che comunque mettono a nudo le questioni effettivamente cruciali: non solo le mafie e la corruzione precisamente alimentate dalle autorità istituzionali e politiche da sempre, ma la negazione di un indispensabile programma di risanamento dell’assetto economico, sociale, culturale e politico. 

Se le mafie riproducono la loro forza e il consenso è perché di fatto possono porsi come l’impresa che può offrire prospettive di sopravvivenza se non di reddito soddisfacente.

Tutti i fondi europei e nazionali destinati ai SUD sono stati elargiti persino alle mafie e ad opere o imprese che hanno contribuito alla devastazione del territorio, all’inquinamento, ad attività peraltro senza futuro (si pensi fra altro alla marea di serre o di coltivazioni dannose rispetto all’ecosistema).

I SUD potrebbero essere territori ricchi e floridi se si adottasse un programma (sia di bonifica del disastro sinora alimentato sia di sviluppo effettivamente ecosostenibile) di produzione biologica – senza bisogno di alcun marchio – e di turismo responsabile.

La prima questione che va posta è che i SUD dell’Italia sono stati condannati al degrado, alla devastazione e alla corruzione perché la costruzione europea e lo sviluppo economico dell’Italia sono stati sfacciatamente NORD-CENTRICI.

I Sud  hanno perciò subito lo stesso destino tragico riservato alle società dell’area frontaliere del Mare nostrum: solo se il mondo mediterraneo non sarà più marginalizzato, massacrato e costantemente degradato, anche i Sud dell’Italia potranno costruirsi un futuro sostenibile e senza bisogno di paternalismi e di elemosine.