Lo scorso 13 Maggio è stato organizzato un incontro dal titolo “Costruire una forza lavoro inclusiva per il nostro futuro: una conversazione sull’istruzione speciale e la disabilità nel contesto bhutanese” sullo scambio di pratiche educative e sociali di operatori che a diverso titolo sono coinvolti nella relazione di aiuto di persone diversamente abili.

Faccio una piccola premessa. Parlare di disabilità significa avere a che fare con un mondo complesso e il rischio di usare una terminologia scorretta è sempre dietro l’angolo. Personalmente, non mi è mai piaciuta molto la parola ‘disabile’, poiché dis dal greco indica proprio la mancanza di qualche abilità, ho sempre preferito l’espressione ‘diversamente abili’, se serve una convenzione per esprimere un concetto o per far riferimento all’argomento. Eppure so che ad alcuni pesa anche questa dicitura perché indica qualcosa che è la norma accettata e qualcosa che è la differenza, la diversità. Proprio qualche giorno fa mi sono imbattuta nel messaggio di una adolescente indiana che si diceva stanca anche dell’espressione “bisogni educativi speciali” dicendo appunto che i suoi bisogni non sono affatto speciali, ma normali come quelli di tutti e che sarebbe opportuno chiedere alla persona interessata come preferisce essere “chiamata”. Forse l’espressione “persona con disabilità”, potrebbe essere più inclusiva, mette al centro l’essere e può esprimere le difficoltà della persona, che diventano un accessorio. Per essere fedele alle parole dell’incontro a cui ho partecipato di seguito verrà utilizzata la parola ‘disabile’, così comune anche in Italia.

L’incontro a cui ho partecipato è stato organizzato dalla Bhutan Foundation e tenuto da Karma Sonam (Genitore e co-fondatore del Phensem Parents Support Group, Bhutan), Pema Choden (Ministero dell’Istruzione) e Sonam Ura (Coordinatore del progetto ESRC-GRCF) e moderato dalla dott.ssa Namita Jacob, specialista in educazione senior, rappresentatrice dell’area Asia Pacifico, Perkins International School.

Parlare e confrontarsi sul futuro dei giovani con disabilità in Bhutan e migliorare la qualità della vita delle persone è oggi centrale negli interventi del paese – la dott.ssa Namita Jacob ha menzionato quanto gli interventi di aiuto e sensibilizzazione in Bhutan siano stati piuttosto tardivi, rispetto ad altri paesi asiatici. Solo nel 2016 sono iniziati programmi specifici per sostenere i bambini e i ragazzi nei loro bisogni speciali, coinvolgere le famiglie, formare gli operatori e gli insegnanti, ma soprattutto iniziare a creare uno spazio maggiore di ascolto non solo dei bisogni, ma anche dei ‘sogni’ dei bambini.

La Bhutan Foundation parla di circa 900 bambini con bisogni educativi speciali nelle scuole, ma ci dice che ce ne sono molti altri che sono in casa e non sono ancora riconosciuti ed aiutati. È molto importante lavorare sulla sensibilizzazione e far in modo che le famiglie possano davanti ad alcuni sintomi e comportamenti dei bambini confrontarsi con gli esperti, senza cercare di nascondere la realtà, che può essere talvolta difficile da accettare. Gli esperti devono essere preparati per sostenere e accompagnare le famiglie nel percorso che porta al riconoscimento della disabilità del proprio bambino.

La co-fondatrice Karma Sonam, del gruppo dei genitori, ha parlato della sua esperienza personale, come madre di un bambino diversamente abile, ma anche come organizzatrice del gruppo dei genitori focalizzando l’attenzione sulla necessità di effettuare interventi mirati a promuovere l’autonomia e possibilità di cittadinanza attiva. “Una delle paure più grandi che noi genitori abbiamo è: cosa accadrà dopo di noi? Spesso i genitori diventano iper-protettivi nei confronti dei loro figli e non è facile riuscire a vedere che loro possono essere anche indipendenti e autonomi. Credo che questo sia un buon approccio da cui partire”. Sonam Karma ha anche aggiunto che è importante accettare i bambini nelle loro difficoltà, ma fare il possibile per rendere la loro vita significativa – promuovendo l’autonomia e credendo nella capacità dei bambini di imparare e migliorare.

Sonam Ura ha parlato di una ricerca multidisciplinare da lui condotta focalizzata soprattutto sul tema del lavoro, con il coinvolgimento di circa 200 giovani che hanno svolto attività professionali. Ha dichiarato che il 68% dei ragazzi ha lavorato senza ricevere una paga, soprattutto in attività agricole o nella pulizia dei tempi. “La ricerca ha mostrato che tanti giovani sono pronti a lavorare e contribuire alla vita sociale del paese, ma che ci sono ancora molte difficoltà in questo senso”. Ha riportato la storia di un ragazzo che presenta dalla nascita una disabilità fisica e che dall’inizio del progetto ha sempre mostrato un grande interesse a trovare un lavoro. Data la difficoltà a trovare un lavoro che potesse essere accessibile per lui, il team lo ha aiutato a creare una attività di business indipendente ed oggi è un lavoratore autonomo. Ha anche raccontato la storia di un ragazzo di una area rurale e in una situazione di difficoltà familiare che con l’aiuto del progetto è riuscito a trovare un lavoro con grande soddisfazione e che ora sostiene con questo tutta la sua famiglia, essendo l’unico a lavorare.

Pema Choden (Ministero dell’educazione) nel suo intervento ha parlato delle abilità dei bambini che possono e devono essere trasformate in vere potenzialità, con nuove possibilità, a cui il governo sta pensando, riguardo il lavoro, la formazione e l’educazione, anche nei college. Un aspetto che si deve implementare è la formazione degli insegnanti e dei piani educativi individuali per i bambini, in cui si deve tener conto della loro soggettività. Negli ultimi anni sono stati effettuati training a volontari e insegnati per migliorare la loro professionalità e le possibilità di intervento.

Sonam Ura ha aggiunto che secondo la ricerca da lui condotta la società bhutanese oggi è più pronta ad accettare la disabilità: “fino a pochi anni fa veniva vissuta come un grande stigma per le famiglie e dai bambini stessi e ora c’è una maggiore solidarietà e interesse nell’aiuto, nel realizzare interventi specifici, nell’accettazione della disabilità in generale”. Gli aspetti centrali sui quali, secondo lui, si deve lavorare molto sono: la comunicazione con e dei ragazzi, il periodo di transizione dalla scuola alla vita adulta, implementando l’accessibilità alle formazioni tecniche e professionali, che al momento sono totalmente inadeguate, e aumentare la collaborazione con il settore privato che potrebbe coinvolgere molti ragazzi in attività lavorative, come avviene in altri paesi.

“Molti pensano che i nostri bambini non possano fare niente. Abbiamo bisogno che vengano viste più le loro abilità che le loro disabilità – guardarli per ciò che sono e possono essere e non solo per simpatia” ha affermato Karma Sonam – della fondazione sul gruppo di supporto dei genitori del Bhutan, che ha oggi l’obiettivo di raggiungere anche le situazioni più isolate nei villaggi rurali e creare dei gruppi di supporto per genitori in ogni Dzong – distretto del paese.

Sono state molte le domande da parte degli ascoltatori presenti a cui non c’è stato tempo di rispondere e che rappresentano sicuramente punti centrali su cui ancora si deve fare molto: la scuola e le sue difficoltà ad integrare i ragazzi nella didattica ma anche nel contesto classe, la mancanza di centri specializzati e riabilitativi, punti di riferimento per le famiglie che possano anche essere luoghi di cura nella faticosa gestione quotidiana dei genitori (che molto spesso devono rinunciare al lavoro per occuparsi dei figli), ma anche sulle scarse, se non nulle, possibilità per le persone disabili adulte.

La dott.ssa Namita Jacob ha concluso l’incontro menzionando la necessità sempre maggiore di una sinergia tra comunità, governo e famiglie – sostenendo che c’è un grande interesse che è nato e cresciuto negli ultimi anni che sicuramente potrà fare la differenza.

Il governo reale del Bhutan ha adottato una politica nazionale per le persone con disabilità a partire dal 2019, è ancora molto recente il contributo politico nell’affrontare direttamente i bisogni delle persone con disabilità. Ad oggi, sono ancora molto poche le scuole inclusive per i bambini disabili e a cui possono effettivamente accedere. Sono attualmente 10 le scuole generali identificate in grado di supportare studenti con disabilità e solo due istituti specializzati che soddisfano le esigenze degli studenti non vedenti e con problemi uditivi. L’obiettivo è quello di abilitare ogni scuola ad essere inclusiva, attraverso lo sviluppo di standard e linee guida efficaci e personale qualificato.

Nei mesi scorsi ho avuto modo di visitare alcune scuole e parlando con il personale ho avuto modo di capire che solo la minoranza dei bambini con disabilità è di fatto inserito nelle classi con gli altri bambini, la maggior parte di essi è destinata a classi e strutture speciali.

Nella conversazione che si è tenuta lo scorso venerdì mancava la voce di un insegnate, che fortunatamente ho trovato in un breve documentario pubblicato qualche anno fa e in cui è possibile vedere il lavoro preziosissimo degli insegnanti con i bambini e in cui viene raccontata qualche esperienza positiva di inclusione lavorativa per i ragazzi più grandi, come la “Big Bakery”, il mio panificio di fiducia qui a Thimphu, che è proprio frutto di un’attività di lavoro protetta per i giovani.

Special: A Bhutanese documentary on people living with disabilities https://youtu.be/InBkdjnl1CY