Ho letto solo ora il progetto di interposizione nonviolenta in Ucraina di un gruppo di attivisti per la pace: manca il tempo per discuterlo con gli altri Statunitensi per la Pace e la Giustizia, quindi mi esprimo qui a titolo personale.

Trovo assolutamente geniale l’idea di una carovana di interposizione. (In verità, l’idea è stata già messa in pratica da alcuni pacifisti italiani per cercare di fermare l’invasione USA dell’Iraq nel 2003 e poi per cercare di fermare il bombardamento selvaggio della Libia, da parte della NATO, nel 2011.)

E trovo assolutamente incredibile il coraggio degli attivisti proponenti.

Tuttavia, una parola di cautela. A mio avviso, l’iniziativa va fatto solo se accompagnato dai Caschi Blu o, perlomeno, come azione che si ferma subito dopo aver attraversato la frontiera ucraina, per sollecitare da lì l’appoggio dell’ONU.

Se viene fatta così, l’iniziativa riveste un doppia utilità: rompe con lo schema “invio delle armi per fermare la guerra” e mette pressione sull’ONU di entrare (finalmente!) in campo, almeno come scorta ad una carovana di pacifisti.

In seguito, l’interposizione dei Caschi Blu potrebbe essere più facilmente estesa ai vari fronti in Ucraina, per fermare i belligeranti e per dare una via di uscita negoziale – senza perdere la faccia – ad entrambi le parti, attualmente arroccate. Infatti, nessuno dei due deve “arrendersi” all’altro, è l’ONU che dichiara “Altolà.”

Putin sarà probabilmente d’accordo per un cessate il fuoco mediato dall’ONU: non chiede altro che una Conferenza internazionale per definire le condizioni di sicurezza in Europa sin dallo scorso dicembre quando ha cominciato a minacciare – qualora la NATO non rinunciasse ad inglobare l’Ucraina – un’invasione di quel paese: atto platealmente criminale, come lo è stata l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003. Siccome gli USA non furono mai sanzionati, forse Putin pensava di poter farla franca anche lui? Ha sbagliato di grosso ed ora rischia il deferimento alla Corte dell’Aia.

In quanto a Zelenski, egli sembra, purtroppo, telecomandato da Washington (riconosco nella fattura dei suoi discorsi la chiara impronta dello State Department). Perciò avrà molta più difficoltà ad accettare un cessate il fuoco imposto eventualmente dai Caschi Blu e l’inizio di negoziati da fare sul serio.

Infatti, i falchi statunitensi, Hillary Clinton in testa, vogliono assolutamente un prolungamento della guerra per fare impantanarsi la Russia (evidentemente non importa quanti ucraini muoiono). Due sono i motivi:

(1.) Ciò potrebbe portare al collasso economico della Russia, già in seria difficoltà per via delle sanzioni, come è successo all’URSS dopo essersi impantanata in Afghanistan per 10 anni.

(2.) Inoltre, dopo mesi e mesi di telegiornali pieni di immagini di giovani ucraini “resistenti” massacrati dagli invasori russi, l’opinione pubblica occidentale, esausta e disgustata, sarà pronta ad accettare un attacco NATO alla Russia per far finire lo scempio, anche col rischio di una guerra mondiale nucleare. E questo è proprio l’obiettivo al quale sembra mirare la NATO da quando ha iniziato, molti anni fa, a provocare la Russia ripetutamente in Georgia, in Crimea, poi nel Donbass: mira, cioè, all’eliminazione della Russia dallo scacchiere mondiale.

Eliminata la Russia, poi, Washington sarà in grado di affrontare più tranquillamente il suo vero avversario, la Cina, diventata un concorrente inavvicinabile, da battere con ogni mezzo. Il compito sarà più facile se la Cina non potrà più contare sul sostegno militare del suo alleato russo, uscito di scena.

Come si vede, il conflitto in Ucraina è frutto di complessi giochi geopolitici. Pertanto, gli attivisti della carovana debbono rendersi conto che stanno giocando col fuoco – e non soltanto il fuoco di artiglieria. Il coraggio senza lucidità è solo temerarietà.

Ecco perché ritengo essenziale che la carovana abbia una scorta ONU e quindi che gli attivisti chiedano subito alle loro conoscenze alto locate, se ce ne hanno, di mettere pressione sull’ONU per l’invio dei Caschi Blu.

Altrimenti, andare da soli, anche limitatamente all’ovest dell’Ucraina, sarebbe, a mio avviso, troppo rischioso. Non possiamo scordare che nella Siria post “Primavera Araba”, sono avvenute diverse stragi “false flag” di civili innocenti per giustificare l’entrata diretta, nel conflitto, delle forze armate statunitensi. E nell’ovest dell’Ucraina pullulano le milizie naziste, che di stragi se ne intendono (vedi Odessa).

Comunque, non è detto che la carovana della pace riesca ad arrivare fin dentro l’Ucraina. Invocando “motivi di sicurezza”, l’Ucraina potrebbe rifiutare l’ingresso, anche con una scorta di Caschi Blu.

Se succede così, dobbiamo concludere che l’iniziativa è stata inutile?

Nient’affatto. L’eventuale respingimento da parte del governo ucraino smaschererà la sua volontà (e quella del suo sponsor a Washington) di prolungare ad oltranza il conflitto. Quindi diventerà chiaro a tutti che l’unica possibilità per fermare il conflitto subito rimane quella di esigere al nostro governo e ai governi di tutti gli Stati appartenenti alla NATO di dire ad alta voce: “Stop all’espansione NATO all’est.” Sei parole che riporterebbero subito la pace.

Infatti, perché dobbiamo insistere sull’allargamento della NATO fino alle frontiere russe? Non eravamo abbastanza sicuri primi, senza gli inviti provocatori fatti alla Georgia, poi all’Ucraina, di entrare nella NATO?

La carovana della pace potrebbe servire, dunque, a farci porre finalmente la domanda di fondo che tendiamo ad eludere sempre: “Ma la NATO, versione post 1991, ci sta realmente difendendo, facendo come fa, o ci sta soltanto mettendo nei guai, continuamente (l’ex-Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria, ora nel Sahel e in Ucraina), per soddisfare interessi oltre-atlantici e basta?”

Patrick Boylan
componente degli
Statunitensi per la Pace e la Giustizia – Roma.