Dieci anni dopo, a volte mi domando: E se in Siria non avessimo armato i ribelli? Spero un giorno Assad finisca all’Aja, e così Putin. Ma spero anche di non domandarmi mai: E se non avessimo armato gli ucraini?

Quando gli americani gli hanno proposto di trasferirsi all’estero, al sicuro, il presidente Zelensky ha ribattuto: Non ho bisogno di un passaggio, ma di munizioni. E alla giacca, ha sostituito elmetto e antiproiettile. La NATO ha risposto all’appello, e ha iniziato a inviare armi. Ma nella concitazione del momento, a tanti è sfuggito un dettaglio: stiamo inviando armi difensive. Non offensive. Armi per resistere. Non per vincere.

Giusto per essere chiari: armi per continuare questa guerra, non per fermarla.

E non a caso, abbiamo subito depennato la misura più efficace: la no-fly zone. Perché significa abbattere i caccia russi, e esporsi a una rappresaglia. Significa intervenire davvero.

E invece vogliamo intervenire, sì. Ma anche no.

Esattamente come in Siria. E in Siria, non è finita la guerra: è finita la Siria.

In realtà, insieme alle armi puntiamo sulle sanzioni. Sulla guerra finanziaria. E in effetti, il blocco delle riserve della Banca Centrale in valuta straniera ha già causato il crollo del rublo, e impennerà l’inflazione. Ma l’esclusione della Russia dal sistema Swift delle transazioni internazionali non solo non riguarda tutte le banche, e quindi si aggira facilmente, ma non riguarda il gas. Perché il 40% del nostro gas viene dalla Russia. Chiediamo agli ucraini di rischiare la vita: ma non siamo pronti a rischiare neppure la bolletta. Mentre il grano, di cui la Russia è una delle principali esportatrici, quello sì, quello non si può più comprare, ma che importa? Tanto, si va ad affamare lo Yemen. L’Egitto. L’Etiopia.

Finalmente l’Europa agisce secondo i suoi valori, sento dire. E non solo secondo i suoi interessi. Ma la guerra sulla pelle degli altri, è una scelta morale o immorale?

Mentre gli ucraini resistono, e logorano l’esercito, la NATO logora l’economia, e il sostegno a Putin. Fino al colpo di stato. La strategia è questa. Ma le sanzioni sono tra gli strumenti più controversi. Hanno un impatto certo solo sui civili. Non sui regimi. Senza arrivare a Cuba: Saddam non è stato rovesciato dalle sanzioni, ma da una seconda guerra, e mentre Maduro, in Venezuela, è ancora al potere, in Afghanistan invece dei talebani stanno andando via gli afghani. E allora, qual è il piano? Ridurre l’Ucraina in macerie, e molti altri in miseria, nell’attesa che il maggiordomo avveleni Putin?

L’Ucraina richiama alla memoria i partigiani. Ma non illudetevi: la guerra è guerra. Sempre. Circolano le prime foto di questa famosa Legione Internazionale. Ventenni con i parastinchi da calcetto. Il caschetto da skateboard. Ma pensate davvero che sfideranno i russi? Sono in partenza anche i mercenari, o come si dice adesso, i contractor, che sono i veri protagonisti dei conflitti di oggi – in cui si esternalizzano vittime e crimini. Sono pagati mille dollari al giorno. E non appena uno dei tanti oligarchi, perché Russia e Ucraina sono il regno degli oligarchi, sono il primo e il secondo paese più corrotto d’Europa, gli offrirà 2mila dollari, 3mila dollari, cambieranno bandiera.

Perché non combattono per l’Ucraina. Ma per se stessi.

E in più, per ora a nessuno è chiaro perché la Russia abbia invaso l’Ucraina. Sembra tutto così insensato. E quindi, abbiamo deciso che Putin ha problemi psichici. Che con il lockdown è andato fuori di testa. Anche se è stato così lucido da attaccare proprio quando l’Europa, stremata dal Covid, e con il costo dell’energia alle stelle, non può permettersi di reagire. Ma come contrasti un nemico di cui ancora non ti è chiaro l’obiettivo?

C’è nell’aria questa esaltazione della guerra. La patria, l’onore. L’eroismo. In guerra non c’è niente di eroico. Mai. Anche il più estremo atto di generosità, di sacrificio, di libertà, non è eroico: è drammatico. Lascia cicatrici indelebili. Certo che si ha diritto alla resistenza armata. Ma o si combatte tutti, o non si tifa dagli spalti.

Andate al fronte. Noi, intanto, non spegneteci i termosifoni.

Avrete visto forse questo video di un uomo che trasporta via una mina trovata sotto un ponte. Ucraina indomita, hanno commentato tanti. Gloria all’Ucraina. Ora. Premesso che non è una mina antiuomo, ma una mina anticarro, che si attiva con un pressione non inferiore ai 150 chili, proprio perché non venga sprecata al passaggio, tipo, di una volpe: ma ragioniamo un momento. Quest’uomo che tra l’altro, ha anche la sigaretta accesa – ma voi, se trovate una mina, la spostate, o la segnalate con due rami nel terreno? E poi, il video si interrompe, ma così, per curiosità: ma dove la lascia?

Dove sta andando, quest’uomo? Così coraggioso. A vincere, o a morire?