Rubrica settimanale su eventi e fatti in Sicilia -a cura RedPA-

 

Presentazione “ManifestA” all’Istituto Gramsci Siciliano, la nuova componente parlamentare tutta al femminile per unire l’opposizione sociale a quella parlamentare contro il governo Draghi e portare il dibattito pubblico sui temi che davvero interessano la stragrande  maggioranza della popolazione   – Palermo, domani 29 ore 17:00 – Cantieri Culturali Zisa (via Paolo Gili, 4) 

“ManifestA” è nata come nuova componente alla Camere per iniziativa delle deputate, onorevoli Doriana Sarli, Simona Suriano, Yana Ehm e Silvia Benedetti. Esse nel presentare la loro iniziativa hanno dichiarato:
“Abbiamo voluto costruire un percorso all’interno di quello che rappresenta essere dei parlamentari di opposizione, in un momento in cui c’è una deriva molto forte del Governo, con il Parlamento poco protagonista. Essere piccoli, in un Parlamento poco protagonista, rende tutto molto più difficile. La speranza è che lavorando insieme, con il sostegno anche dei gruppi che ci hanno dato la possibilità di formare questa componente, si possano portare avanti delle istanze e dare voce a chi non ha voce. Questo è uno dei nostri obiettivi”. ManifestA è la prima componente parlamentare tutta al femminile. Un aggregatore di ampio respiro che vuole dare voce a chi non ha voce, rimettendo al centro i bisogni reali delle persone, riavvicinando la politica ai cittadini e occupandosi concretamente di temi come il lavoro, la redistribuzione della ricchezza e l’ambiente. Si occupa di commentare con dedizione la situazione internazionale, della cooperazione, dei diritti in atto: sta difendendo con coraggio una posizione netta contro la guerra, contro l’invio di armi agli Ucraini e la Nato, per la pace.

 

War games nel Peloponneso: Mediterraneo, esercitazione militare della NATO allargata   

Sotto l’egida del comando Nato e il coordinamento delle forze armate greche dalla grande base di Andravida, dal 27 marzo sino al 7 aprile, diversi paesi membri del sopravvissuto – nel frattempo allargatosi-  “Patto Atlantico” (Austria, Canada, Cipro, Francia, Israele, Italia, Romania e Stati Uniti d’America, ai quali si aggiungono in qualità di osservatori invitati alle grandi manovre i seguenti stati: Albania, Croazia, Macedonia del Nord, Regno Unito, India, Arabia Saudita, Kuwait, Egitto e Marocco) sono stati chiamati ad una vasta esercitazione militare sopra i cieli della Grecia – Iniochos 22, “una delle più grandi tra quelle mai effettuate nel Mediterraneo dopo la fine della Guerra fredda” -: fregate lanciamissili, portaerei a propulsione nucleare, cacciabombardieri ed elicotteri da combattimento saranno utilizzati per le manovre di questo “war games” nel Peloponneso che sembra gettare, come evidenzia come Antonio Mazzeo, “benzina sul fuoco del conflitto in Ucraina”. Insomma, questa composizione de facto costituitasi è la chiara dimostrazione che l’Alleanza Atlantica s’è estesa ben oltre il perimetro originario de iure costituito, “ancora più armata e con solide radici in nord Africa, Medio oriente e Asia”. Così come enfatizza lo Stato maggiore ellenico delle forze aeree: “Iniochos aspira a divenire l’esercitazione più competitiva in Europa e nella regione mediterranea per offrire un’esperienza unica e un alto livello addestrativo”

 

People not profit, corteo a Palermo: sciopero mondiale per il clima del Friday for Future

Venerdì ultimo scorso si è svolto lo sciopero mondiale per il clima, indetto dal movimento internazionale Friday for Future. La parola d’ordine People, not profit (persone non profitto) si è legata indissolubilmente all’arcobaleno   della  Pace,   che   campeggiava   in   tutti  i cortei.   Anche   la   Sicilia   ha   dato   vita   alle   sue manifestazioni: più partecipata quella di Catania, ripresa anche dal TG3 regionale, meno numerosa quella di Palermo (sfilata in corteo dal Teatro Politeama al Palazzo delle Aquile, sede del Municipio). Erano presenti studenti delle diverse scuole superiori della città oltre alle delegazioni dei centri sociali, il Laboratorio Malaspina, l’Assemblea Popolare per l’Ecologia e, naturalmente,  Friday for Future. Lo slogan su cui più si è insistito era: “Fuori l’ENI dal Comune”. In effetti, nei piani del governo nazionale c’è la centralizzazione e/o la privatizzazione di molti servizi, anche locali, né sappiamo come verrà stravolta la transizione ecologica in un’epoca che si vuole bellica, con il via libera senza controllo all’uso dei combustibili fossili.   Certo, a  ricordare  l’ultimo   grande   corteo   per   l’ambiente   prima   della   pandemia   –   immenso serpentone che si snodava fino al Palazzo dei Normanni, sede della Regione, con lo striscione “Cambiamo il sistema, non il clima”- quello di ieri, per quanto sensibile e variopinto, pareva piccola cosa. Ma i ragazzi delle scuole si stanno organizzando per realizzare iniziative a staffetta nei giorni a venire, in modo che la giornata del 25 costituisca solo l’inizio di un percorso contro la guerra e per la giustizia climatica, che non si esaurisca entro una data simbolica rituale, ma acquisti una valenza politica duratura. In ogni caso si impone il ripensamento delle strategie comunicative che l’antagonismo sociale deve reinventare, specie per coinvolgere le nuove generazioni, ma non solo quelle.

 

Giornata mondiale dell’Acqua, Istat: “oltre un terzo perduto nella rete di distribuzione”

Le pagine dell’Agenzia RedattoreSociale ci ricordano del focus tematico che si  celebra ogni anno il 22 marzo sullo stato dell’arte della risorsa più prezioso e fondamentale del pianeta: la giornata mondiale dell’acqua, istituita nel 1992 dalle Nazioni Unite, nella quale vengono presentate le risultanze delle indagini, elaborazioni e analisi, offrendo  “una lettura integrata delle statistiche sulle acque con riferimento agli aspetti legati al territorio e alla popolazione”. Secondo i dati rilevati dall’Istat (il cui servizio di distribuzione dell’acqua potabile, nella maggior parte dei capoluoghi di provincia italiani, è presso che  gestito da privati, con grande peso dei costi che ricadono sulle spalle della quasi totalità dei residenti) nell’anno considerato – 2020 – “sono andati persi – nei capoluoghi provinciali ivi comprese le città metropolitane – 41 metri cubi al giorno per km di rete il 36,2% dell’acqua immessa in rete”. Questo quadro di inefficienza ha provocato, in particolare nelle aree sopra considerate prese in esame,  drastiche misure di razionamento nel Sud.  Infatti ben 11 capoluoghi del mezzogiorno (in crescita di due unità istituzionali rispetto al 2019) hanno adottato provvedimenti restrittivi della distribuzione dell’acqua, a seguitodella forte obsolescenza dell’infrastruttura idrica, dei problemi di qualità dell’acqua per il consumo umano e dei sempre più frequenti episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento, che rendono scarsa o addirittura insufficiente la disponibilità della risorsa idrica in alcune aree del territorio”. Non c’è quindi nulla da meravigliarsi se il 28,5% delle famiglie meridionali ha espresso una bassa fiducia nel bere acqua di rubinetto; mentre – come ultima annotazione – il livello medio di soddisfazione nel Sud si attesta su l’82,4% – quasi in linea col trend nazionale -, in Sicilia si registra il 30,2% di famiglie che si dichiarano “poco o per niente soddisfatte”.  Visto che nell’isola saranno prossime le elezioni amministrative sarebbe bene che il ceto politico si interrogasse, soprattutto a “sinistra”, anche su questa annosa vicenda.

 

Come si pratica la nonviolenza: le lezioni di Comiso. “La nonviolenza si può imparare e come potremmo praticarla nel conflitto in Ucraina”

Nell’estate del lontano 1983, migliaia di italiani arrivarono in Sicilia per impedire i lavori della costruzione della base missilistica nucleare di Comiso. Impedirli nel senso più stretto della parola: non con dibattiti e manifestazioni, dialoghi coi fautori della base e compromessi negoziali, ma coi loro corpi, riuniti e stesi di fronte ai cancelli dove sarebbero entrati i camion di chi lavorava alla base. Era il 1983, non un periodo di guerra aperta come oggi. Non si dovevano temere i proiettili dei cecchini e una morte improvvisa, solo le manganellate di poliziotti e carabinieri, magari qualche camionista che si avvicinava troppo con il suo mezzo pesante. Questo sì, questo succedeva, e il lazzaretto nel campo dei pacifisti in qualche giornata andata male era davvero troppo piccolo. Ma non era una guerra. Non è neanche minimamente paragonabile. Quello che voglio raccontare di quell’esperienza – scrive Martin Köhler – non ha molto da dirci in questo momento di guerra aperta nell’Ucraina. Forse solo due piccole cose: quelle anime nei corpi riuniti, stesi di fronte ai cancelli sentivano di non aver altra scelta d’azione possibile per evitare il rischio di una guerra nucleare. E non erano andati lì in modo casuale o spontaneo – magari dopo aver visto immagini di morte dopo un attacco atomico -, si erano addestrati con cura nei giorni precedenti alle azioni.  In questi giorni – prosegue Köhler – vediamo le immagini di volontari ucraini che partono per combattere in difesa della loro terra, molti dei quali vengono addestrati ad usare per la prima volta un’arma. Mi si spezza il cuore. Sento dolore per loro e contesto la loro scelta. Facciamo un passo indietro. Voglio capirli, e per essere nelle loro condizioni dovrei avere gli stessi due presupposti: nessun’altra scelta di azione possibile nella mia convinzione, e un addestramento per svolgere la mia azione con qualche probabilità di successo. Con la differenza che io lo farei come pacifista, non come soldato. [leggi articolo integrale]

 

Italia Nostra denuncia il sistema di non-tutela del patrimonio culturale in Sicilia: processo di azzeramento delle competenze delle distinte discipline dei BB.CC. (antropologica, archeologica, architettonica, archivistica, bibliotecaria, naturalistica, storico artistica)

Nell’Assessorato regionale dei Beni culturali sono stati assunti, quasi vent’anni fa, un buon numero di funzionari direttivi specializzati nelle diverse discipline, ma questi professionisti, dotati di titoli postlaurea, rimangono inutilizzati, privi di incarichi direttivi e di mansioni pari a quelle dei colleghi statali, con grave danno dell’amministrazione, a partire dalla mancata progettazione dei fondi europei. Cui prodest questa ennesima “disorganizzazione” del sistema di tutela in Sicilia? Certo, può far comodo a molti azzerare le competenze scientifiche nelle Soprintendenze e nei luoghi di cultura siciliani: agli esecutivi che si autopromuovono attraverso gli eventi culturali e non gradiscono gli archeologi a capo dei parchi archeologici; a quanti vogliono avere le mani libere per un uso speculativo dei territori senza lintralcio di “tecnici” troppo specializzati e agguerriti nell’applicazione delle norme nazionali di Archeologia preventiva; a quanti hanno un’idea colonialista della Cultura e pensano di fare affari promuovendo mostre preconfezionate, senza alcun rispetto per il contesto storico e per i caratteri peculiari dell’immenso patrimonio culturale della Nazione conservato in Sicilia. Pertanto, in considerazione delle gravi inadempienze da parte della Regione Siciliana nella funzione e realizzazione dei compiti costituzionali di tutela del patrimonio culturale delegati dallo Stato con i decreti del Presidente della Repubblica nn. 635 e 637 del 1975, si richiede urgentemente al Governo nazionale che eserciti, nei confronti della Regione Siciliana, il potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione, al fine di ripristinare l’assetto istituzionale legale degli organi regionali di tutela, perché questi Istituti possano adempiere agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria e nazionale, oggi in gran parte disattesi su tutto il territorio dell’Isola, e possano impiegare efficacemente, pienamente i fondi strutturali messi a disposizione dalla Comunità Europea.  Occorre far rilevare che il mancato esercizio della tutela archeologica in Sicilia rende l’Italia inadempiente rispetto agli impegni assunti con la firma della “Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico – La Valletta, 16 gennaio 1992”, ratificata dal Parlamento italiano il 19 aprile 2015 con la legge n. 57. Occorre ripristinare standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale e restituire la dignità del proprio ruolo pubblico ai professionisti dei beni culturali in servizio presso le Istituzioni siciliane. Il patrimonio culturale della Nazione conservato nei territori siciliani dovrà tornare a godere della cura istituzionale che solo organi tecnico-scientifici di tutela, che siano autonomi dal potere esecutivo e che vengano dotati di personale con elevate competenze professionali specialistiche e di adeguati investimenti pubblici, possono assicurare. [leggi comunicato integrale]

 

“Voci nel silenzio” promuove assemblea pubblica per la Palestina:  “Resistenza, resilienza e diritti umani”   –  La cittadinanza palermitana  è invitata, venerdì 1° aprile, a partecipare all’assemblea pubblica organizzata da “Voci nel silenzio”, presso Auditorium San Mattia ai Crociferi (via Torremuzza, 28) ore 18. L’iniziativa, dal titolo “Resistenza, resilienza e diritti umani”, intende comunicare  quelle che sono le istanze della comunità #palestinese: “dalla storia del nostro popolo, alle cronache più attuali che ci affliggono, ai diritti umani, fino ai double standard ai quali assistiamo, specie in questo periodo di tensioni, nel contesto mediatico e politico”. In prossimità del 25 aprile, giornata della liberazione dal regime nazi-fascista, e delle elezioni comunali, “come palestinesi sentiamo l’urgenza di riaffermare e far sentire la nostra voce a Palermo e in #Sicilia, terra a noi cara e a noi sempre vicina. Con noi, il prossimo 1° aprile, saranno presenti anche decine di studenti universitari provenienti dalle varie città palestinesi, venuti a Palermo per studio. Sarà anche insieme a loro che cercheremo di costruire un dialogo con i cittadini e le cittadine sui progetti, le iniziative, i processi di cambiamento per favorire la solidarietà palermitana con la #Palestina, e in generale, con i diritti umani”. [comunicato]

 

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