Caro Telegram, sappi che l’anno scorso sono stato un bravo bambino. Non mi ricordo di aver condiviso nessuna fake news, e non ho neanche partecipato a nessun gruppo con attività illecite. Per questo, vorrei chiederti di garantirmi che non mi sospenderai l’utilizzo di questo strumento così figo nel 2022.

So che Natale è già passato da settimane, ma non è mai troppo tardi per fare una semplice richiesta. Molto probabilmente, anche la mia letterina verrà ignorata, come lo è stata quella del presidente del Tribunale Superiore Elettorale, il ministro Roberto Barroso. Ma io ci voglio provare lo stesso.

Per quelli che non seguono le vicende di Telegram, uno dei sistemi di messaggistica elettronica più popolari – e controversi – del momento, il telegiornale riporta svariate azioni che il TSE sta intraprendendo per garantire che le prossime elezioni in Brasile non siano influenzate dal “fenomeno” delle fake news. Il Tribunale ha stabilito alcuni protocolli e accordi con varie compagnie tecnologiche, come Meta, responsabile di Facebook, Instagram e Whatsapp – la concorrente principale di Telegram – e Twitter.

Tutte le compagnie si sono mostrate interessate ad ascoltare le preoccupazioni brasiliane e disposte a cercare di trovare dei sistemi più efficienti per frenare la disseminazione di notizie false sulle loro piattaforme durante il periodo elettorale (anche se finora non è successo niente di significativo). Tutte, tranne una…

Telegram, applicazione sviluppata in Russia e attualmente con sede negli Emirati Arabi, ha ignorato tutte le corrispondenze ufficiali del Brasile con richiesta di un incontro per discutere. Non essendoci una rappresentanza ufficiale della compagnia nel nostro territorio, né un ufficio, né una Partita IVA, il Potere Giudiziario si ritrova non solo con gli occhi bendati – come la Dea della Giustizia – ma anche con le mani legate. Dal punto di vista legale, non c’è modo di mandare un’ingiunzione ai rappresentanti della società perché rispondano all’appello del Tribunale Superiore Elettorale.

La soluzione che stanno valutando, per molti un po’ estrema, sarebbe di sollecitare le società di telecomunicazioni brasiliane affinché blocchino l’accesso alla messaggistica su tutto il territorio nazionale durante il periodo delle elezioni. Avremmo un’azione preventiva, nel miglior stile Minority Report, film del 2002 con Tom Cruise in cui le autorità di un futuro fittizio anticipavano i crimini, arrestando gli autori del reato ancora prima che meditassero la realizzazione dell’atto illecito.

Ed è logico che questo dia fastidio sia agli utenti che fanno un buon uso dello strumento, sia a quelli che non lo fanno. Per questo, intere comunità si sono già mosse per segnalare i trucchi per aggirare le limitazioni eventualmente imposte. La dritta migliore è l’uso dei VPN (Virtual Private Network), che sono, in parole povere, degli intermediari della propria connessione, e possono ingannare i server, oltrepassando i blocchi imposti. È come se la propria connessione al servizio non partisse dal Brasile. Ma è davvero questo che vogliamo? Superare un veto giudiziario?

Molto si sta speculando su quale sarebbe il motivo reale per cui Telegram ignora le richieste amichevoli di un incontro, visto che non c’è stata nessuna spiegazione ufficiale da parte della società. Qualcuno ha formulato la tesi che si tratti di un fattore culturale, in quanto la Russia non vedrebbe di buon occhio come prassi la condivisione delle informazioni, una specie di “cattivo sangue” generato durante la Guerra Fredda. Qualcun altro ipotizza che i governanti russi seguano la linea di mantenere attivo uno strumento che può destabilizzare i sistemi democratici di vari paesi. Una terza congettura è che la compagnia, che non fa pagare i suoi utenti finali, guadagni in qualche altro modo occulto. La verità? Forse non lo sapremo mai. Per adesso, sono solo “teorie della cospirazione”.

Quello che sappiamo è che non di sole fake news vive Telegram. Come applicazione, è un’alternativa eccellente a WhatsApp, che ad ogni pie’ sospinto si ritrova in mezzo a qualche scandalo sulla privacy dei suoi utenti. La fonte principale di guadagno di Meta, l’azienda che sostiene questo programma, è vincolata agli annunci pagati da altre società. E questi annunci, perché abbiano successo, devono essere molto ben indirizzati al pubblico di riferimento. Così, molto di quello che fai nell’ambiente di Meta viene riutilizzato per produrre pubblicità.

Dall’altra parte, Telegram è considerato dagli specialisti di tecnologia uno strumento che privilegia la propria privacy. Addirittura, che oltrepassa tutti i limiti che possiamo considerare come “protezione dell’intimità”. Ma altresì, tanta protezione finisce per attrarre tipologie di utenti nocive alla rete.

Ed è così che i divulgatori di false notizie approfittano di questa schermatura.

Telegram permette l’uso di robot (chiamati bots) per inviare, tra le altre possibilità messaggi di massa senza nessuna restrizione. I suoi gruppi possono accogliere fino a 200mila utenti, oltre a rimanere invisibili in qualunque ricerca interna o esterna. Un meccanismo perfetto per disseminare, tra le altre cose, notizie false.

Oltre alle fake news, ci sono contenuti illegali, come la pornografia infantile, la vendita di armi pesanti e di droghe illecite. Tutto senza il minimo intervento di Telegram e con la protezione che stimola i criminali ad abbandonare le profondità della deep web per accedere a uno strumento sulla superficie di internet, visto che è una funzione con un accesso più comodo, senza le difficoltà della rete TOR (The Onion Router, rete anonima che utilizza il protocollo Onion per navigare) e ugualmente “sicuro”. E le autorità di molti paesi, tra cui il Brasile, non riescono ad agire per frenare tali reati.

Per quanto riguarda le fake news, comunque, uno dei provvedimenti che i nostri tribunali possono mettere in pratica sarebbe fare uso della propria tecnologia per aiutare ad arginarne la divulgazione. Il TSE dovrebbe creare, senza necessità di un intervento da parte dei proprietari di Telegram, un robot (bot) che potrebbe essere consultato dagli utenti del sistema di messaggistica per controllare se una notizia è falsa o no. La prima volta che qualcuno sottopone il messaggio al bot, un’equipe umana di controllo verifica il materiale e lo inserisce in un elenco con restrizione, se è il caso. Così, quando un’altra persona consulta il bot per lo stesso messaggio, il robot risponde già automaticamente informando se il contenuto è una fake news.

In questo modo, gli utenti verrebbero orientati a non condividere quel materiale. Invece di impedire, si tratterebbe di educare.

Anche così, Telegram resta un’applicazione utile, ma che si sta rovinando per la negligenza dei suoi sviluppatori con contenuti illegali. Intanto, è necessario che ci sia un equilibrio tra proteggere la privacy dei navigatori e non creare un ambiente proficuo per la criminalità.

Se la mia letterina non portasse risultati, magari chiederò a Babbo Natale che il prossimo Natale ci regalino un sistema di messaggistica meno tossico.

Raphale Pinheiro

Raphale Pinheiro è laureato in Marketing Digitale ed esperto di tecnologia con più di vent’anni di esperienza. Attualmente, è caporedattore del Portale della Accademia Brasiliana di Lettere, una delle maggiori e più importanti istituzioni culturali del paese.

Traduzione dal portoghese di Raffaella Piazza

Revisione di Anna Polo