Publichiamo la terza parte dell’intervista alla Dottoressa Patrizia Gentilini, oncologa ed ematologa con una carriera trentennale al reparto di Oncologia nell’ospedale di Forlì. Nota esponente dell’ambientalismo italiano, si è distinta per le sue battaglie contro gli inceneritori, l’inquinamento da polveri sottili, i pesticidi, il cibo industriale e gli OGM, per la salute del latte materno, per la prevenzione primaria e la difesa della Costituzione. Già attivista di Medicina Democratica, ex-membro del Comitato Scientifico dell’Associazione dei Medici per l’Ambiente ISDE e della Commissione Medico Scientifica Indipendente (CMSi) che sta mettendo in discussione le strategie anti-pandemiche del Governo Draghi.

Secondo lei vi è stato un approccio sbagliato nell’affrontare il Covid? “Pandemia” o “sindemia”? L’ambiente ha ruolo non indifferente?

Direi che non c’è dubbio alcuno che puntare tutto solo sui vaccini e su pesantissime restrizioni che hanno distrutto non solo il tessuto economico/produttivo ma anche quello sociale e relazionale sia stato un grave errore che ormai è sotto gli occhi di chi, quanto meno, ha ancora occhi per vedere.

Così come il problema del cancro non si può risolvere solo con la chemioterapia, altrettanto non si può pensare di farlo per Covid 19 coi soli vaccini, senza incidere sul complesso di cause e fattori che sono alla base di questa, come di altre malattie.

Covid 19 più che una pandemia è stata definita una “sindemia1”, ovvero il risultato di una interazione nefasta fra evento infettivo e patologie croniche non trasmissibili (obesità, diabete, malattie cardiovascolari etc) che si aggravano reciprocamente e che, come abbiamo visto, contribuiscono in modo determinante ad un decorso più grave ed infausto.

Alla origine  di ogni sindemia vi è quindi un concorso di molteplici di fattori (ambientali, sociali, economici, culturali ecc);  in particolare sappiamo che Covid 19 è aggravata da esposizioni ambientali ad esempio  dalla cattiva qualità dell’aria2 o dal risiedere in aree in cui si pratica l’agricoltura intensiva.

Uno studio condotto in USA stima un aumento3 dell’11% nella mortalità da Covid-19 per ogni incremento di 1mcg/m3 nell’esposizione a lungo termine di Pm2,54, rapportando il dato ai livelli di inquinamento presenti in Europa si può stimare un incremento del 19% ed ovviamente un rischio ancora più elevato in Pianura Padana, area tristemente nota come una fra le più inquinate del pianeta.

È molto interessante anche capire la relazione fra Covid 19 ed aree agricole intensamente coltivate, in cui vi è un grande utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, quindi altamente energivore. Un interessante studio5 condotto sull’intero territorio italiano ha dimostrato che coloro che vivono in territori meno energivori sono meno esposti a Covid-19. In media in queste aree si registrano 49 contagiati per chilometro quadrato e 28 per 10.000 abitanti, rispetto ai 134 per chilometro quadrato e 37 per 10.000 abitanti nelle zone più energivore; risultati confermati da ulteriori e robuste analisi. Come si può giustificare tutto questo? Sappiamo che chi vive in aree agricole intensamente coltivate è maggiormente colpito da malattie cronico degenerative ed una rassegna degli studi epidemiologici a questo riguardo è qui riportata6 . E’ pertanto facile capire come in questi territori le persone siano più “fragili” ed il decorso della Covid 19 più grave. Le persone cronicamente esposto a xenobiotici, quali i pesticidi, sono più “fragili”, presentando di fatto un “logoramento” dei propri sistemi difensivi, non solo antiossidanti, ma anche degli stessi meccanismi di riparo del DNA, come risulta da questo studio7 condotto in residenti in prossimità di meleti in Trentino. In conclusione a me sta molto a cuore far capire il concetto di One Health8, che almeno nella parte comunità scientifica che ha una visione più sistemica ed olistica, si sta affermando ovvero che esiste una sola salute e la salute dell’uomo non può essere disgiunta da quella dell’ambiente in cui vive.

Perchè l’ospedalizzazione e la “tachipirina e vigile attesa” non sono state soluzioni utili?

L’indicazione governativa  “tachipirina e vigile attesa” è uno degli aspetti più paradossali di questa vicenda che da 2 anni stiamo vivendo; tutto questo sarebbe ridicolo se non fosse tragico perché questa indicazione – che posso confermare continua ad essere data visto le tante segnalazioni che mi arrivano – è fuori dubbio responsabile almeno in parte della letalità osservata. Questo rappresenta a mio avviso uno dei punti più bui toccati dalla nostra categoria che purtroppo, a cominciare dagli Ordini dei Medici, non ha arginato questa deriva etica prima ancora che scientifica, allineandosi alle assurde direttive di AIFA, ISS e governo.

Di questa vicenda e delle sue implicazioni giudiziarie ne ho parlato sul Blog del Fatto Quotidiano9, fatto sta che l’indicazione non ha alcun supporto scientifico, anzi!

Il paracetamolo (tachipirina è il nome commerciale che ormai tutti adottano e che costa il quadrupolo del prodotto da banco) ha solo un’azione analgesica e non antinfiammatoria, che è importantissima per “spegnere” fin dall’inizio la malattia. Si stanno inoltre accumulando prove che non solo il paracetamolo sia inutile, ma addirittura dannoso perché esaurisce le riserve di glutatione, molecola importantissima per la sua azione antiossidante. Oltre alla neutralizzazione chimica diretta di radicali liberi (idrossilici e superossido), il glutatione riveste altre importanti funzioni: è un cofattore per diversi enzimi antiossidanti, contribuisce alla rigenerazione delle vitamine C ed E, alla neutralizzazione dei prodotti epatici tossici in seguito ad esposizione a diverse sostanze chimiche, all’eliminazione diretta del mercurio dalle cellule e dal cervello, alla disintossicazione di composti sia xenobiotici che endogeni, alla regolazione della proliferazione cellulare e dell’apoptosi ed è vitale per la funzione mitocondriale e il mantenimento del DNA mitocondriale (mtDNA).

Diversi lavori mettono specificamente in relazione la gravità di Covid 19 con l’utilizzo del paracetamolo: un articolo10 su Frontiers, evidenzia il ruolo del paracetamolo nel ridurre la concentrazione di glutatione nel sangue e diffida dall’utilizzarlo nella cura del COVID-19. Addirittura un recente articolo11 identifica nell’esaurimento del glutatione “il cavallo di Troia” responsabile della mortalità da COVID-19, si tratta di una revisione aveva l’obiettivo di individuare i fattori di rischio che determinano un aumento della mortalità nel corso dell’infezione ed ha individuato come l’esaurimento del glutatione (GSH) possa avere un ruolo centrale nella fisiopatologia da COVID-19 mentre l’aumento del livello di GSH nei tessuti possa ridurre la gravità e i tassi di mortalità di COVID-19. Questo effetto è ancora più marcato negli anziani e c’è davvero da chiedersi con che coraggio ancora si perseveri su questo fronte; credo che quest’assurda e insensata posizione abbia contribuito in modo consistente a fare crollare la già scarsa fiducia dei cittadini italiani negli organi governativi e nella classe medica in particolare.

Sono stati veramente sperimentati a sufficienza?

Comincio a precisare che non bisogna usare il verbo “sperimentare” al passato perché la sperimentazione è ancora in corso visto che i vari bracci degli studi termineranno negli anni a venire, dal 2024 ed oltre. La risposta, alla domanda se i vaccini sono stati sperimentati al fine della autorizzazione per un periodo congruo, ha del paradossale: il vaccino Biontech-Pfizer per i bambini dai 5 agli 11 anni è stato sperimentato in tutto su 2.268 bambini, di cui 1517  hanno ricevuto il vaccino e 751 il placebo e l’intera coorte è stata seguita per poco più di 2 mesi ed al massimo per 2,5 mesi. Per gli adolescenti dai 12 ai 15 anni il prodotto è stato sperimentato in tutto su 2.260 ragazzi di cui 1.131 hanno ricevuto il vaccino e 1.129 il placebo e l’intera coorte seguita al massimo per circa 6 mesi. Con questi presupposti si è passati alla vaccinazione di massa in queste fasce di età e credo che non siano necessari commenti perché chiunque può capire che si tratta di numeri semplicemente ridicoli, tant’è che effetti avversi come le miocarditi sono emersi solo quando è iniziata la vaccinazione di massa perché era troppo piccolo il campione e troppo breve il periodo di osservazione. Per quanto riguarda dai 16 anni in poi la sperimentazione del vaccino Biontech-Pfizer ha riguardato una popolazione più ampia: circa 44.000 soggetti di cui la metà ha ricevuto il vaccino e la metà il placebo, ma dopo circa 6 mesi al gruppo placebo è stato offerto il vaccino e così è venuta meno ogni affidabilità dello studio in corso e nulla si potrà conoscere degli eventi avversi a medio-lungo termine. Anche questo è un altro dei paradossi di questa surreale situazione che stiamo vivendo.