L’Ateneo torinese sceglie la strada della clausola di salvaguardia per “salvare la faccia” e continuare un partenariato con  l’Agenzia più discutibile e discussa d’Europa

E niente, non ce l’ha fatta il Politecnico a mettere al primo posto l’etica, la vita umana.

Ha scelto di portare avanti un contratto con la famigerata Agenzia di frontiera, più ampiamente con “enti” come la guardia costiera libica. C’è molto in ballo: la discriminazione, la violazione dell’art. 13 comma 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quello che sancisce il diritto di libera circolazione delle persone; la violazione dell’art. 18 e 19 della Carta dei Diritti dell’UE, la violazione dell’art. 10 della Costituzione Italiana, che sanciscono il diritto di richiesta d’asilo, l’esatto contrario dei pushback esercitati da Frontex con plurime e tecnologiche strategie.

Eppure i suoi studenti sono esseri umani. Alcuni di loro, venuti da lontano, in questa situazione geopolitica così instabile in futuro potrebbero trovarsi “schiacciati” da un “agente”, che opera per Frontex, che li respinge, che gli taglia l’unica via di salvezza.

Il Politecnico di Torino ha scelto la salvaguardia. La salvaguardia di sé stesso. E quella degli esseri umani?

Retorica? No. Saracco e i direttori di dipartimento si mettano un paio di jeans e delle scarpacce, e vadano! Vadano a vedere con i loro occhi ciò che succede in Bosnia, in Bielorussia, in Grecia, salgano su una nave delle ONG, si misurino con l’orrore. Abbiano il coraggio di annusarne l’odore.

La Governance non l’ha ancora capito, ma questa rappresenta una macchia indelebile su un Ateneo che da oggi in poi verrà visto in modo diverso.