I richiedenti asilo e i migranti che cercano di entrare nell’Unione europea dalla Bielorussia vanno incontro a respingimenti e ad altre violazioni dei diritti umani lungo il confine della Polonia e sono sottoposti a torture, condizioni inumane, estorsioni e ulteriori violenze da parte delle forze di sicurezza bielorusse. Lo afferma Amnesty International a seguito di nuove prove rese pubbliche il 20 dicembre 2021.
L’organizzazione per i diritti umani ha raccolto terribili testimonianze di famiglie con bambini in stato di grave bisogno picchiate con manganelli e calci di pistole, minacciate coi cani dalle forze di sicurezza bielorusse, costrette dalle autorità bielorusse e polacche ad attraversare il confine in condizioni di enorme pericolo, anche attraverso fiumi gelati o in piena.

“Bloccate in una zona di esclusione lungo il confine tra Bielorussia e Unione europea, molte persone sono ridotte alla fame, in condizioni atmosferiche estreme e in balia di forze opposte che giocano con le loro vite: le forze bielorusse che le spingono ripetutamente verso la Polonia, le forze polacche che le respingono sistematicamente in Bielorussia”, ha dichiarato Jennifer Foster, ricercatrice di Amnesty International sui diritti dei rifugiati e dei migranti.

Amnesty International ha raccolto le testimonianze di 75 persone (66 iracheni, sette siriani, un libanese e un sudanese), arrivate tra luglio e novembre 2021 in Bielorussia con la falsa promessa di poter attraversare facilmente il confine con l’Unione europea e poi respinte dagli stati dell’Unione, compresa la Polonia. Considerato che molti degli intervistati viaggiavano con familiari e amici, le testimonianze hanno riguardato complessivamente 192 persone.

Bielorussia, maltrattamenti lungo la frontiera

Le ricerche di Amnesty International accusano le forze di sicurezza bielorusse di pestaggi e altre gravi forme di tortura (diniego del cibo, dell’acqua, di un riparo e dei servizi igienico-sanitari) così come di furti di telefoni e denaro nonché di estorsioni di tangenti.

Queste violazioni dei diritti umani hanno avuto luogo quando le forze di sicurezza bielorusse hanno trasferito i migranti dalla capitale Minsk verso una zona di esclusione circondata da filo spinato lungo i confini con Polonia, Lituania e Lettonia. Le persone venivano scortate presso “centri di raccolta” all’interno della zona di esclusione per poi essere costrette con la violenza a entrare in Polonia, inseguite dai cani e obbligate a passare attraverso corsi d’acqua gelati.
Questa è la testimonianza di un siriano che faceva parte di un gruppo di 80 persone trasportate da un mezzo militare verso la frontiera:
“Ci hanno scaricati. C’erano una decina di soldati con quattro cani. Hanno detto che se non avessimo corso ci avrebbero picchiati e avrebbero sguinzagliato i cani. I soldati picchiavano chiunque non corresse velocemente. Dopo averci inseguiti per 200 metri sono tornati indietro, lasciandoci in mezzo alla foresta. Le famiglie erano state separate. Chi era stato morso dai cani stava sanguinando”. Una volta portate nei “centri di raccolta”, le persone non potevano tornare indietro e restavano bloccate in condizioni inumane per giorni o settimane: lasciate senza cibo o con quantità minime di acqua e pane, senza rifugi né servizi igienici. Molti testimoni hanno raccontato ad Amnesty International di aver potuto lasciare i “centri di raccolta” solo dopo aver pagato tangenti.
Una famiglia curdo-siriana è rimasta nella zona di esclusione per 20 giorni, mangiando una sola volta al giorno e in un’occasione rimanendo per 24 ore consecutive senza nulla da dar da mangiare ai due bambini.
All’interno della zona di esclusione le forze di sicurezza bielorusse, oltre a compiere terribili atti di violenza, rubavano telefoni e denaro.

Amnesty International ha condotto nove lunghe interviste con siriani, libanesi e sudanesi che si erano messi in viaggio, in alcuni casi con le loro famiglie, da Egitto, Libano, Siria e Russia con l’intenzione di chiedere asilo nell’Unione europea. All’epoca delle interviste, queste persone erano in Germania, Libano o ancora in Bielorussia.

Ricercatori di Amnesty International si sono poi recati in Iraq, dove hanno parlato con 66 persone che erano state rimpatriate, volontariamente o con la forza, nel loro stato di origine dopo che non erano riuscite a raggiungere l’Unione europea.

Amnesty International ha chiesto di raggiungere la zona di esclusione e di incontrare le persone lì bloccate. Le autorità bielorusse hanno risposto di “non vedere alcuna utilità nella visita di rappresentanti di Amnesty International per lo scopo dichiarato”.