È finalmente arrivato sul tavolo della Regione lo studio sulla frana del monte Saresano. La relazione, commissionata da Regione Lombardia al Centro per la Protezione Civile dell’Università degli Studi di Firenze, al Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, coordinata dal professor Nicola Casagli, è giunta con qualche settimana di ritardo.

Secondo quanto riportato, sarebbe stata consegnata solo la parte dello studio geologico relativa agli interventi di messa in sicurezza della frana, che consisteranno in linea generale nel suo consolidamento e non in un alleggerimento. Regione Lombardia ha colto ancor auna volta occasione per dubitare della correlazione tra il movimento franoso e le molteplici attività estrattive presenti nel territorio tra Tavernola Bergamasca, Vigolo e Parzanica, chiedendo ulteriori approfondimenti agli studiosi sul tema. Ad inizio e fine agosto le volate avevano l’obiettivo di stabilire, attraverso lo sparo di cariche esplosive nella miniera, la possibile correlazione fra l’attività di escavazione e la destabilizzazione del movimento franoso.

Sembra quindi che la richiesta di maggiori dati potrebbe significare l’impossibilità di individuare una relazione di causa fra le escavazioni e la frana. Eppure, tra febbraio e marzo di quest’anno, fu proprio il Professor Nicola Casagli ad affermare alla stampa locale: “Il versante del Monte Saresano interessato dal crollo è fatto di calcari e di calcari marnosi, cioè le pietre da cemento, che sono disposti in strati inclinati verso il lago, ma scavando alla base si innesca uno scivolamento degli strati stessi. (…) La causa qui è sicuramente l’escavazione fatta al piede della montagna, perché senza gli scavi la frana non avrebbe potuto verificarsi. Avere una cava lì sotto ora equivale ad un mazzo di carte inclinato al quale si toglie la base”.

A fine maggio 2021, era stata approvata all’unanimità in Parlamento una risoluzione proposta dal parlamentare bergamasco Devis Dori, nella quale veniva sottoscritto un impegno governativo nella vicenda, anche se ad oggi non si è visto ancora nulla.

Nel frattempo vi è molta delusione tra chi da trent’anni pone l’attenzione sul fenomeno franoso come Anna Sorosina, voce del comitato contro il Cementificio di Tavernola, per la quale anche il silenzio da parte del Governo è preoccupante: “Rischia di far sedere sugli allori le istituzioni. E far vedere che le istituzioni non se ne sono occupate spinge a sottovalutare il problema. Ma questa frana prima o poi collasserà, lo dicono gli esperti”.

Per chi l’avesse dimenticato, si parla di 2.1 milioni di metri cubi di roccia che incombono sulle teste e sulle vite di oltre 60.000 abitanti del lago d’Iseo. Di una frana che, sebbene abbia rallentato la propria discesa rispetto allo stato drammatico di febbraio, fa registrare movimenti – per la precisione, in media, da 4 a 6 millimetri al mese – comunque di due o tre volte superiori al normale. Di un disastro dalle proporzioni abnormi che potrebbe avvenire in qualunque momento.